Grégoire Solotareff; trad. di Federica Rocca
Babalibri, 2006, p. 33
€ 13,50 ; Età: 6-8
Della fiaba, racconto per eccellenza indirizzato ai bambini, questo scritto di Solotareff, edito da Babalibri, possiede l’incipit, il ritmo, la struttura: “C’era una volta un piccolo elefante. E poi c’era il re degli animali. Non era un re particolarmente piccolo, ma nemmeno troppo grande.” Ecco in un sol colpo l’inizio più classico possibile congiunto alla presentazione dei protagonisti e al nodo narrativo portante: la definizione dei ruoli. L’elefantino è rimasto solo al mondo e come tutti i piccoli è inerme e vulnerabile; il leone finisce per occuparsene, quasi fosse inevitabile, senza particolare entusiasmo. Ma con il passare del tempo la taglia decisamente grande raggiunta dall’elefante mette a disagio il re, che non si sente né il più grande né il più potente. La relazione si evolve nel rifiuto e nell’allontanamento del “piccolo” divenuto ingombrante – possibilità tanto drammaticamente percepita quanto spesso censurata nei racconti per bambini, quando a deciderlo è l’adulto che convenzionalmente dovrebbe apparire una figura certa e ferma. Qui invece è il piccolo elefante, poi cresciuto, a mantenere intatto il rapporto di affetto e a mostrarsi fedele e presente; nel finale infatti sarà proprio lui a prendersi cura del leone, invecchiato e abbandonato da tutti.
Di storie rassicuranti da contrapporre alle meschinità dell’uomo (che così spesso sperimentiamo nella realtà) abbiamo bisogno, e sono quelle che sa raccontare il medico Solotareff, passato dalla cura del corpo a quella dello spirito. Riconosciamo in lui la grande e rara capacità di dar voce all’io profondo del bambino, di indagare i territori nascosti, talora indicibili, della psiche infantile e, in generale, umana. Attraverso i suoi racconti egli riesce a trasfigurare e a riproporre in forma accettabile alla coscienza, se non addirittura catartica, le pulsioni più profonde dell’animo umano (con straordinario successo di vendite, occorre aggiungere).
Le illustrazioni restituiscono il tono emotivo attraverso l’uso di pochi colori, i primari giallo, rosso e blu, ai quali aggiunge il grigio e che delimita con un netto contorno nero. Così appaiono particolarmente calde e intime alcune immagini, più desolate altre, in un alternarsi di sensazioni che ben si adattano al testo.
A. Dal Gobbo
(da LiBeR 73)