Fin dall'antichità la costruzione di nuovi ponti ha rappresentato per gli uomini una doppia possibilità: quella di fare nuove scoperte e conoscenze ma anche di incorrere in conflitti e divisioni: Vinicio Ongini, nel suo articolo Piccoli costruttori crescono, pubbblicato su LiBeR 123, riflette sulle prime tecniche di progettazione e costruzione dei ponti nel passato, che rimandano alle strategie attivate dai bambini nella quotidianità per realizzare piccole e grandi opere ingegneristiche nel vero senso della parola. Dunque con quali storie si possono costruire ponti? con quali combinazioni? Secondo Ongini esistono veri e propri personaggi ponte, condivisi, portatori di materiali interculturali e di molteplici appartenenze, che diventano elementi di unione. Personaggi come questi sono Giufà, Cenerentola, i Folletti, il Lupo. Anche il crossover narrativo, ovvero quel processo di attraversamento che nel marketing editoriale diventa fenomeno multigenerazionale, può essere definito letteratura-ponte? Ne parlano Stefano Calabrese e Valentina Conti, che riflettono su uno dei tratti più evidenti del mercato editoriale globale, ossia la difficoltà di distinguere oggi modelli estetici e in particolare letterari per adulti o per l'infanzia. Il loro contributo si intitola Crossover e letteratura-ponte e si concentra sulle nuove forme narrative ibride legate all'adolescenza - età che viene vista dall'origine come l'unione degli opposti, il "ponte" in cui tutto interagisce con tutto - caratterizzate dall'accavallamento dei codici di genere, come accade per esempio nei film della Pixar, dove il linguaggio della pop art si creolizza con l'immaginario disneyano. Illustrazioni di Roberto Abbiati.
Convegno organizzato dal Centro regionale di servizi per le biblioteche per ragazzi toscane, Comune di Campi Bisenzio, Regione Toscana, Biblioteca Tiziano Terzani, LiBeR
Campi Bisenzio, Teatrodante Carlo Monni, 18 novembre 2021
Nei video seguenti, la registrazione del convegno
Incontri con personaggi notevoli di tutti i tempi
Un progetto – curato da Vinicio Ongini e realizzato da Idest – in collaborazione tra Comune di Campi Bisenzio con la Biblioteca Tiziano Terzani, Sezione Soci Coop di Campi Bisenzio e LiBeR, con il sostegno di Unicoop Firenze.
Parola d’ordine: asciugare! Dal formato alle figure, dai colori ai testi, tutto in Hippu fa della sobrietà compositiva il suo felice ed efficace mantra. Nasce così un libro a misura di piccoli lettori, scovato e ora portato in Italia da LupoGuido a oltre cinquant’anni dalla prima edizione finlandese. Protagonista è il topo Hippu, la cui sagoma essenziale – corpo a uovo, orecchie tonde, baffi, occhi e lunga coda – spicca netta in copertina. Hippu ha inequivocabili fattezze da topo ma riconoscibili abitudini umane: vive in un palazzo, va al mercato, si lava in una vasca e guarda persino la tv. Lo seguiamo mentre fa tutte queste cose dopo aver incontrato il cane Heppu (a sua volta protagonista di un altro volume da poco importato e intitolato Heppu e la casa). Heppu una dimora non ce l’ha e così Hippu, senza tanti complimenti, lo invita a stare da lui. Ne nasce un sodalizio sorridente in cui i due condividono una quotidianità spicciola e un rapporto che ricorda da vicino quello di un bambino con il suo animale domestico. Un topo e un cane, coppia non scontata. Ma non è un caso, Hippu è fatto proprio così: rassicura il lettore con fare ordinario e poi gli strizza l’occhio con piccoli guizzi e trovate. Così i brevi testi si infilano talvolta dentro a quadri e palloncini che fanno parte dell’illustrazione, mentre sagome irregolari realizzate in carta strappata si innestano a collage su forme più precise e colori uniformi. E poi quei nomi buffi – Hippu ed Heppu – che letti vicini ad alta voce creano praticamente uno scioglilingua. Con rigore e leggerezza, Hippu inserisce oggetti e azioni familiari per il lettore in una cornice narrativa minima ma compiuta, mostrando bene come si possa dare corpo a una storia lineare ma tutt’altro che piatta. La sua forza sta in una palette di tre soli colori (bianco, rosso e nero) pieni e contrastati, in parole contate e scelte con schiettezza e in illustrazioni eloquenti e insieme capaci di ridurre gli oggetti ai loro tratti salienti. Il tutto, racchiuso in un libro dal formato quadrato, maneggevole e sottile, ideale perché piccole mani possano appropriarsene e magari portarlo a zonzo, come un agile e affezionato compagno.
Elena Corniglia (da LiBeR 134)
Hippu
Oili Tanninen;
trad. di I. Sorrentino
LupoGuido, 2022, 24 p.
€ 10,00 ; Età: da 1 anno
Capita raramente di ritrovarsi tra le mani un libro come La guerra delle farfalle di Hilary McKay, autrice anglosassone che già conoscevamo per la coinvolgente saga delle sorelle Conroy, edita da Feltrinelli. Un libro che profuma di classico e che affronta, in modo magistrale, la complessa sfaccettatura dell’animo umano. E lo fa in modo reale, con personaggi veri che palpitano e prendono vita tra le pagine, e che tracciano, con le loro scelte, percorsi di vita travagliati e non sempre lineari. La trama è perfettamente costruita, non scontata nella sua apparente semplicità: l’assenza di affetti familiari, la solitudine della crescita, la difficoltà di scegliere liberamente (soprattutto se sei una ragazza o una donna), l’irrompere della Prima Guerra Mondiale con i suoi effetti devastanti sul futuro delle nuove generazioni.
Ma, al di là dell’intreccio narrativo, la potenza della storia risiede nell’abilità dell’autrice a dar vita a personaggi indimenticabili: Peter, col suo animo ombroso e complementare alla solarità ed energia vitale del cugino Rupert; Vanessa e Simon, emblema di un’amicizia che affonda le radici nella condivisione delle esperienze e nelle affinità d’animo; l’esuberante Violet, capace di cogliere l’occasione che si nasconde nella quotidianità; la saggia signora Morgan, espressione di una istintiva rivendicazione dei diritti femminili. E, soprattutto, la giovane Clarry, protagonista assoluta della storia, determinata a combattere per costruirsi un futuro di indipendenza e che trova l’anelata libertà nei libri e nella scuola, unici rifugi contro la freddezza e brutalità che la circonda. E che, grazie a una profonda sensibilità, semina positività attorno a sé, riuscendo a lenire il dolore del fratello Peter, ferito nell’animo dall’indifferenza del padre, e del carismatico cugino Rupert, insostituibile compagno di avventura nelle ventose e soleggiate estati passate dai nonni in Cornovaglia, e che rischia ora di perdersi sui campi di battaglia.
In chiusura, un finale perfetto: il ritorno delle farfalle, con i loro colori e il loro volo leggero, metafora del recupero di una sofferta speranza. Un libro imperdibile, in attesa del seguito, già edito in Gran Bretagna e che speriamo arrivi presto in Italia.
Gabriela Zucchini (da LiBeR 134)
La guerra delle farfalle
Hilary McKay;
trad. di R. Serrai
Giunti, 2021, 300 p.
(Le strenne)
€ 16,00 ; Età: da 12 anni
Ci sono dei libri che andrebbero lasciati ai bambini senza aggiungere commenti, parafrasi, spiegazioni. Andrebbero posati lì dove loro possano prenderli, per poi sfogliarli e goderli senza l’intervento di chi, aggiungendo parole, sottrae il tempo alla meraviglia e alla scoperta. Sono pochissimi i libri che possono avere questo privilegio, che riescono a dirsi senza essere detti. Sono libri che conservano intatto il diritto all’incanto della scoperta silenziosa e personale. Sono libri in cui si avverte da subito che quella che viene raccontata non è soltanto una storia. L’egregio, coraggioso e raffinato lavoro delle editrici di Camelozampa ha portato in Italia un classico della letteratura per l’infanzia statunitense scritto da Ruth Krauss e illustrato da Marc Simont, che valse a quest’ultimo la Caldecott Honor.
Pubblicato nel 1949, Il giorno felice non ha mai smesso di essere ristampato e di piacere ai bambini.
Ma che cosa accade tra le pagine? Gli animali del bosco si svegliano e annusano l’aria attorno a loro, poi corrono, si fermano, ridono e danzano perché è accaduto qualcosa di meraviglioso. Nulla di straordinario, ma il ripetersi dei prodigi della natura: lo spuntare dei fiori.
È la scoperta dell’inaspettato a rendere possibile l’esercizio della meraviglia, che può compiersi solo se si osserva e nel caso degli amici animali, che qui sono protagonisti, se si annusa. La bellezza della natura ha sempre una sorpresa per chi è capace di guardare. Il cromatismo scelto per illustrare questa semplice ed efficace storia aiuta il lettore a sentire davvero con i sensi, oltre che con lo sguardo. Ci vuole molto coraggio, oltre che una straordinaria fiducia nella capacità immaginativa dei bambini, per pensare e realizzare libri che restano per sempre. Brava Sara Saorin che ha tradotto senza riscrivere.
Agata Diakoviez (da LiBeR 134)
Il giorno felice
Ruth Krauss,
ill. di Marc Simont;
trad. di S. Saorin
Camelozampa, 2022, 36 p.
€ 15,20 : Età: da 3 anni
La graphic novel sta conoscendo un momento d’oro e anche scrittrici di solito impegnate nel “romanzo tradizionale” si misurano, con successo, con il “romanzo illustrato”. È il caso di Daniela Palumbo che, in coppia con l’illustratrice Francesca Carabelli, dà voce alle avventure di Adele e Alfio, una famiglia abitudinaria che ogni agosto, da dieci anni, fa sempre le stesse cose. Partenza il 30 luglio, ritorno il 30 agosto, destinazione la montagna a bordo di un treno. Nulla cambia in questa coppia che ha trasformato la ripetitività e l’immobilismo progettuale in un perno della propria vita. Ma la vita stessa, uno scarto o un accidente si incaricano di mettere a soqquadro l’esistente: sarà la scomparsa di una scarpa di Adele a far franare la sequenza di giorni ripetitivi. Senza quella scarpa Adele non vuole partire. La ricerca si mostra più complicata del previsto. Il treno è perso mentre i due sono disperatamente alla caccia di quella calzatura vecchiotta e un po’ sformata. Un po’ come la loro vita. Perdita e ricerca innescano un susseguirsi di situazioni divertenti e surreali. Ma gli imprevisti e le sorprese, si sa, non arrivano mai dai soli. Alfio e Adele scoprono che ogni anno, quando se ne vanno in vacanza, a casa loro arriva il figlio della donna delle pulizie. Il ragazzo non intende cambiare i propri piani e ai due non resta che accettare, un po’ perplessi, la sua presenza. Ma quella che sembrava una scocciatura si rivelerà un toccasana. Aristide sconvolgerà positivamente la vita dei due, coinvolgendoli in una sarabanda di feste, persone, musica. La coppia abitudinaria scopre così il valore e il gusto di avere amici, di mescolarsi alla gente, di lasciare spazio al caso. Al punto che in agosto, in montagna, non ci vogliono più andare. Anche la scarpa, alla fine, verrà ritrovata, anzi a casa torneranno ben due scarpe, e pazienza che una sia spaiata. Morale della storia: il cambiamento è benefico. A volte anche un imprevisto si può tramutare in opportunità. Il tutto è raccontato con grazia e divertimento, merito anche delle bellissime illustrazioni che puntano su un bianco e nero spruzzato di giallo, su personaggi un po’ surreali, dove non solo i protagonisti ma la stessa città con i suoi oggetti e luoghi dell’abitare sembra vivere di vita propria.
Vichi De Marchi (da LiBeR 134)
Fuga in punta di piedi
Daniela Palumbo,
ill. di Francesca Carabelli
Sinnos, 2021, 64 p.
(Prima graphic)
€ 11,00 ; Età: da 7 anni
Insieme a quello di Miss Ellian con le sue 12 tigri del Bengala, quello di Fram, l’orso polare, è il numero più atteso del Circo Strutzki. Il più sorprendente e divertente. Perché Fram non ha bisogno di domatore, frusta, segnali; entra nell’arena su due zampe, saluta, va in bicicletta, fa il doppio salto mortale, sa essere comico e serio come un consumato attore. Adorato dai bambini per la sua giocosità, è il beniamino anche degli adulti, che ne apprezzano la straordinaria intelligenza, agilità ed empatia. Una sera, però, qualcosa si spezza dentro di lui e, di punto in bianco, le acrobazie, i complicati esercizi e gli equilibrismi che avevano fatto innamorare grandi e piccoli, sembrano dimenticati. Fram sprofonda in uno stato di tristezza e apatia causato da un moto di nostalgia verso la sua vita precedente, di cui conserva solo un vago e lontanissimo ricordo. Era infatti appena un cucciolo quando sua madre venne uccisa da cacciatori eschimesi, e lui fu catturato, comprato da un marinaio e infine venduto al circo. Qui ben presto si era dimostrato un esemplare unico e speciale, amichevole con gli uomini, capace di comprenderne i sentimenti e provare persino pietà. Ora però, dopo tanti anni, Fram non vuole più esibirsi, sogna le distese delle regioni artiche e ripensa con malinconia al calore della pelliccia materna. La sua natura selvaggia e libera si è risvegliata e lo chiama con forza a sé. Cullati da una lingua poetica e ricca, seguiamo così il viaggio di ritorno di Fram verso il Polo Nord, alla ricerca dei suoi simili e del suo posto nel mondo. Niente però è come si aspetta: la vita in quei luoghi remoti è spesso crudele e gli altri orsi sono ostili e diversi da lui. Fram si sente ancora una volta sbagliato e il suo animo sensibile è tormentato… Chi è veramente? Cos’è per lui la felicità? E dove può trovarla?
Il romanzo dello scrittore rumeno Cezar Petrescu è un classico della letteratura per ragazzi che ha accompagnato in patria generazioni di lettori e che in Italia è arrivato per la prima volta negli anni '60. La casa editrice pugliese Besa Muci lo ripubblica affidandolo alla traduzione elegante ed evocativa di Giuseppe Stabile, che ci regala descrizioni meravigliose dei paesaggi artici e un’assoluta e piena vicinanza emotiva con il protagonista.
Francesca Tamberlani (da LiBeR 134)
Fram l’orso polare
Cesar Petrescu;
trad. di G. Stabile
(Rendez-vous)
Besa Muci, 2021, 283 p.
€ 16,00 ; Età: da 10 anni
La storia delle donne è come una gigantesca miniera di gemme sottratte alla memoria comune, in gran parte sepolte, ma ancora infinitamente pulsanti.
E vale ancor più se si indaga il tracciato delle lavoratrici e il sorgere nella seconda metà del secolo scorso di una rinnovata coscienza collettiva, se – dopo decenni di erosione dei diritti – si riporta al centro della narrazione il lavoro come elemento indissolubile dal percorso di liberazione delle donne e della dignità umana in toto.
A donarci, con Il filo della speranza, questa storia novecentesca – anche per la grana stilistica piana e paziente – è Guia Risari, che ha pedinato le memorie di Vita, voce narrante di una donna anziana sempre vissuta in un piccolo paese dell’entroterra siciliano, lì dove gli asini si abbarbicavano ai padroni costretti a emigrare e dove lei ha realizzato il sogno di essere una ricamatrice, prendendo coscienza dei suoi diritti e lottando con le altre lavoratrici per infrangere un sistema di secolare sfruttamento.
E se la materia filata da Risari, con l’originale immagine di copertina di Elisa Talentino, è una storia di lotta realmente combattuta nel 1973 – cui seguì un processo e una legge a tutela del lavoro dipendente a domicilio – l’angolatura di racconto è quella del passato, a cui Vita si rivolge nel tempo infausto attuale della reclusione causa pandemia, un passato che l’attende “come un asino affezionato” ma che propelle nel futuro, rinfrancandoci.
Perché “ricamare […] è scrivere sulla tela una storia lunga e complicata. […]. Nel ricamo tutto torna vivo e si fa sentire”.
E in quest’analogia tra ricamo e scrittura, che vede la speranza come un filo che richiede tenacia, cura pulviscolare e pazienza, nonché un’indispensabile azione corale (elementi cruciali per qualunque lotta, come recita uno dei tanti intarsi di proverbi siciliani Na nuci intra u saccu unni fa scrusciu), Risari intreccia anche una ghirlanda di personaggi rincuoranti. Dall’illuminato marito, alla figlia, alla nipote – cui è rivolta la trasmissione della memoria – fino ai ritratti delle combattenti della Cooperativa La Rosa Rossa, o a quelli delle aparadoras, le cucitrici che oggi in Spagna hanno seguito quello stesso tracciato immane e radiante di lotta femminile collettiva.
Maria Grosso (da LiBeR 134)
Il filo della speranza
Guia Risari
Settenove, 2021, 120 p.
€ 14,00 ; Età: da 13 anni
La Ester più Ester del mondo è un titolo che cattura fino alla fine del libro, che del resto si legge in poche ore. Con un ritmo appassionante, il racconto si svolge in prima persona: è Signe, una delle due protagoniste, a raccontare l’arrivo della nuova compagna Ester, che ha qualcosa di misterioso e molto di intrigante. Ester possiede un cellulare, ha le chiavi di casa, va a scuola da sola e in autonomia cucina e fa la spesa. Sua mamma è un’attrice, o almeno così dice Ester, anche se poi vien fuori che la donna ritratta nel poster affisso vicino al suo cuscino è Greta Garbo. Il papà sembra non esserci quasi mai. Signe invece vive con i genitori e un fratellino. Il sentimento amichevole verso Ester la attraversa con potenza: “Mentre camminiamo verso casa di Ester mi sento le gambe leggere. Faccio un balzo su un sasso e poi salto giù”. Una penna sapiente rende scorrevole questo delizioso racconto di formazione che, se fosse un film, sarebbe degno del suo eccezionale cast: copertina e disegni sono di Emma AdBåge, illustratrice arrivata recentemente, ma con gran successo, in Italia grazie a Camelozampa con il pluripremiato La Buca (2020) e con La natura (2021), mentre in casa Beisler è giunta con Il regalo (2020) e Facciamo che io ero un supereroe! (2021). Dietro al nome maschile di Anton Bergman si cela la scrittrice svedese Maria Skymme che è anche editrice della Hippo Bokförlag, una piccola casa indipendente, che pubblica questo libro in Svezia nel 2016. Samantha K. Milton Knowles, che lo ha traghettato in italiano, è una delle penne più apprezzate nelle traduzioni dallo svedese, dal danese e dall’inglese (sua è anche la versione integrale e definitiva italiana di Pippi Calzelunghe) ed è attivamente impegnata nell’associazione nazionale di traduttori editoriali StradeLab per far conoscere – e riconoscere – il ruolo culturale e commerciale della traduzione.
In Svezia, è già stato pubblicato il sequel Verkligen sant Ester?. Spero che arrivi presto anche qui, perché Ester e Signe sono due bambine eccezionali e questo libro è perfetto per letture ad alta voce, per letture autonome e come manuale di pedagogia per quegli adulti, tantissimi, che erodono le palestre di autonomia, a cui tutte le bambine e i bambini hanno diritto, oggi come ieri.
Francesca Romana Grasso (da LiBeR 134)
La Ester più Ester del mondo
Anton Bergman,
ill. di Emma Adbåge;
trad. di S. K. Milton Knowles
Beisler, 2021, 124 p.
(Il serpente a sonagli)
€ 14,90 ; Età: da 8 anni
Per celebrare l’Equinozio d’Autunno, l’intera città partecipa ogni anno al rituale lancio nel fiume delle lanterne di carta. Su ognuna è disegnata la sagoma di un pesce e tradizione vuole che le acque sospingano la lunga scia di lumi ben oltre i limiti terrestri, allineandola forse a quella stellare della Via Lattea. E ogni anno, per verificare la fondatezza del mito, una banda di ostinati ragazzini sfida in bicicletta la velocità delle correnti costeggiando il fiume fino al ponte, limite oltre il quale è proibito spingersi. Questa volta però i ragazzi, fra i quali Ben, hanno stretto un patto ferreo: finché non scopriranno dove finiscono le lanterne nessuno tornerà indietro! Nonostante il patto, tutti tranne Ben e Nathaniel (il nerd reietto dal gruppo) si ritirano dalla missione, chi per fame chi per paura di una punizione dai genitori. I due, che impareranno solo lentamente a conoscersi e ad accettarsi per quello che sono, si ritrovano così protagonisti di una ricerca la cui meta è un mistero che supera, di gran lunga, la loro capacità di comprensione. Un viaggio disseminato di mappe da decifrare e creature abissali, leggende, pozioni, previsioni astrofisiche e congiunzioni cosmiche. C’è leggerezza e incanto, pensiero razionale e tanta magia nell’avventura di crescere di questi due giovani umani, che del mondo decidono di affrontare tutto senza riserve né ripensamenti, perfino le dimensioni più ignote, perfino se stessi. E c’è anche una magia tutta letteraria in questa originalissima graphic novel, un felice punto di incontro narrativo fra oriente e occidente. Lo ritroviamo nella precisa misura dei dialoghi, che virano a sorpresa dallo humor allo psicologico, e da qui al filosofico; nella coloritura avvolgente e nella dinamica delle inquadrature, che da analitiche e serrate improvvisamente si aprono, riconducendo ogni volta il lettore alla dimensione del mistero. Davvero non ci si può voltare indietro, niente e nessuno sarà mai com’era alla partenza. Il tutto sotto la tutela quasi paterna di un orso schietto e protettivo: un padre saggio che sa qual è il momento giusto per lasciare andare i figli lungo la loro strada.
Fausto Boccati (da LiBeR 134)
Era il nostro patto
Ryan Andrews;
trad. di L. Tenorini
Il Castoro, 2021, 329 p.
€ 16,00 ; Età: da 11 anni
Mette in scena, questo romanzo delizioso, un re stanco e una principessa bambina e lo fa provocando in chi legge un andare immediato al fiabesco. Le fiabe irrompono non solo nell’articolarsi delle vicende – un Re solo, una reggia enorme, una Baronessa che vuole diventare regina – ma anche nella lingua e nei modi del narrare. C’è l’uso di un lessico che rimanda al meraviglioso e all’inusuale, con i termini babbucce, lacchè, lustrare e locuzioni come salute cagionevole che definiscono un ambito non quotidiano, accanto a descrizioni dettagliate di gesti, riti, cibi e desideri. Conosciamo le fiabe che il re racconta alla figlia, riconosciamo i giochi che questa condivide coi lacchè. E camminiamo sul filo teso di un’interpretazione di vicende, sentimenti, moti dell’animo filtrata dalle figure classiche del fiabesco; la pelliccia della Baronessa evoca, in questo balletto di rimandi, nella competenza fiabesca della Principessina, quella del lupo che i Cappuccetti Rossi incontrano nel bosco e detta la necessità di trattenere le lacrime di fronte ai soprusi perché “non si deve mai fare vedere a una strega che si piange”.
Così chi legge, anche il lettore piccolo che è il destinatario evidente della storia, si trova all’interno di una narrazione leggera, chiara, ma ricca di livelli, giocata su uno stile umoristico e su una forma parodica sottile. La soluzione, come avviene spesso nelle fiabe, giunge da lontano, da un paese esotico e misterioso. Al centro della vicenda c’è un desiderio esplicito: l’articolarsi della trama non solo slegherà problemi e conflitti, ma soddisferà il desiderio eccedendolo e deviando sul campo della meraviglia e dell’inaspettato.
Il libro arriva dall’Olanda ed è tradotto, come sempre mirabilmente in una lingua sonora e piena – in alcune frasi risuonano rime e non è raro trovare una scansione ritmica che avvicina alla lingua poetica – da Anna Becchi. Le illustrazioni dell’autrice, leggere, argute come il testo, punteggiano le pagine e amplificano l’umore fiabesco della lettura.
È un libro prezioso anche perché è indirizzato alla fascia d’età di coloro che leggono da poco in modo autonomo e rende loro possibile l’accesso a una lingua ricca, alla vastità del fiabesco e a una trama ben costruita attorno ai topic universali.
Nicoletta Gramantieri (da LiBeR 134)
Un elefante all’ora del tè
Linda Groeneveld;
trad. di A. Patrucco Becchi
La Nuova Frontiera Junior, 2021, 155 p.
€ 14,90 ; Età: da 8 anni
“Fotografa di animali”, la targa sulla porta dello studio. Animali domestici, in posa come persone: si era mai visto? Oppure, allo zoo, forse meno condizionati dall’obiettivo che li inseguiva. Ma a Ylla sarebbe piaciuto andare in Africa, incontrarli là dove vivono, lontano dagli uomini. Coltivava anche un sogno fiabesco: diventare, almeno per un mese, una di loro, “tigre, pesce uccello, insetto…”, per vedere il mondo con i loro occhi, sentire con il loro cuore, sorprendersi della loro intelligenza. E poi tornare umana, per includerli in una più “vera comprensione della vita”.
Si chiamava Camilla Koffler, in arte Ylla, vissuta nella prima metà del secolo scorso, nota al mondo come grande fotografa. Le sue fotografie vanno a comporre meravigliosi volumi, mai speciali come questo, l’unico anche scritto da lei. Immagini accuratamente scelte, messe in sequenza, a comporre “una fiaba”, offerta dalla natura. I “due piccoli orsi” sono fratello e sorella. Eccoli affacciarsi dalla tana nel tepore della loro prima primavera. Sono nati in inverno, con il freddo e la neve. Se hanno il coraggio di uscire dalla loro tana, e ce l’hanno, possono vedere il prato, l’erba, i fiori. La mamma andrà in cerca di miele selvatico: che i piccoli non s’allontanino – li avverte – correrebbero il rischio di perdersi. Obbediranno? Come ogni cucciolo che si rispetti, sono curiosi, giocherelloni. E, senza accorgersene, vanno. Le loro scorribande, nel mondo così nuovo, spalancano pagine di immagini tenere, divertenti, soprattutto vere. Sono fotografie che li ritraggono, non illustrazioni che li corteggiano. Ruzzolano, si rincorrono, s’azzuffano, s’abbracciano, si scontrano. Sono selvatici. Ylla sa arrivare alla loro essenza. Nel bosco, si perdono ancora un po’. Interpellano una mucca mite, un cavallo dispettoso, due pettirossi in attesa della loro mamma, un tasso “dai modi così rudi”, un’antipatica cornacchia sentenziosa. No, nessuno sa dove sia la loro casa. Affranti, stanchi, crollano e s’addormentano. È lì che li troverà la loro mamma, avvinti e disperati. Commoventi. Che Ylla ce l’abbia fatta, magari una volta sola, questa volta, a diventare “una di loro”?
Rosella Picech (da LiBeR 134)
Due piccoli orsi
Ylla
Orecchio acerbo, 2021, 40 p.
€ 15.00 ; Età: da 3 anni