David Almond; trad. di Maria Bastanzetti
Mondadori, 2006, p. 206
(Junior bestseller)
€ 12,00 ; Età: da 13 anni
L’uomo che mangiava il fuoco è un romanzo arduo da valutare: a tratti delicato e potente, misterioso e affascinante, a tratti quasi cedevole e non del tutto convincente. Non c’è alcun dubbio che Almond sia uno dei massimi autori viventi per ragazzi, e uno dei pochissimi capace di darsi in maniera seria agli adolescenti. In tutti i suoi libri per adolescenti il centro della riflessione è il tempo. L’uomo che mangiava il fuoco si muove in verticale, è un continuo pendolo tra le radici remote (personali, della famiglia, del proprio popolo) e l’avvenire. Per i suoi giovani protagonisti, l’età di mezzo comporta sempre una scoperta che è iniziatica: la propria vita è un filo partito da qualche parte e che da qualche parte deve andare, e bene o male stupisce con improbabili collegamenti remoti e segreti. Così Bobby riceve la prima ferita iniziatica guardando negli occhi un balordo fenomeno da baraccone, un inquietante uomo-mostro che rappresenta, vivendo per strada, le forze ctonie ancestrali, il contatto e il ritorno alla materia originaria. L’incontro con il mangiafuoco McNulty, poi protagonista dei pensieri di Bobby, fa emergere un passato sconosciuto che dà l’avvio alla risalita, alla ricerca di sé. Questa esperienza di partenza permette ad Almond di intrecciare tra loro i tre terreni minati intorno a cui ruota il romanzo: l’adolescenza di Bobby, la Guerra Fredda, la malattia del padre. Il grande merito del libro è di avere esplicitato, utilizzando come metafora il vivere nei mesi peggiori della Guerra Fredda, il senso di chiusura del futuro che è proprio anche di questi nostri anni, e delle generazioni giovani che abbiamo di fronte. Il futuro si prospetta cupo, anche se la famiglia Burns ce l’ha messa tutta: il padre, reduce, ha l’ottimismo di chi ha contribuito con la propria vita a dare al mondo una nuova possibilità; Bobby è un ragazzo brillante di cui è facile prevedere un avvenire importante; ma qualcosa non va, e il proprio impegno sembra non bastare, come se fosse qualcun altro ad avere in mano le redini delle nostre vite. Oggi viviamo una situazione in qualche modo molto simile, e Almond ha voluto e saputo parlarcene. La possibilità di avere un ruolo nella costruzione del domani però c’è.
Nicola Galli Laforest
(da LiBeR 73)