La famiglia Sappington
Lois Lowry; trad. di P. Floridi
Il Castoro, 2009, p. 160
(Bambini)
€ 12,50 ; Età: da 10 anni
La famiglia Sappington non è certamente esemplare. Per fortuna però siamo coinvolti da una favolosa atmosfera di distaccata ironia. La madre preferisce fare il maglioncino al gatto piuttosto che a uno di suoi due gemelli, il padre è immerso nei problemi del suo lavoro nella finanza, Tim, il figlio maggiore di 12 anni, comanda a bacchetta i fratelli minori: i gemelli di 10 anni Bernabò A e Bernabò B (chiamati semplicemente A e B). E poi c’è Jane, timida e graziosa bambina di sei anni e mezzo. L’ostilità fra i due gruppi è tale che gli adulti pensano di eliminare i figli, i figli organizzano un piano per eliminare padre e madre. In una geografia anacronistica del rapporto fra genitori e figli e in una forma narrativa spesso indifferente alla logica normale, Loris Lowry fa vivere i suoi personaggi in un susseguirsi di suspense con vivaci spunti linguistici.
Altri personaggi, altre situazioni si affiancano alle vicende che costituiscono la base del romanzo. C’è una bimba di pochi mesi che viene abbandonata in una cesta nel giardino della famiglia Sappington e subito trasferita davanti alla casa del signor Melanoff, un miliardario che non ha superato il grande dolore della scomparsa di moglie e figlio sepolti da una valanga durante un viaggio in Svizzera. L’arrivo della trovatella cambia la vita di Melanoff, che riacquista fiducia nel futuro.
Madre e padre Sappington, sollecitati dai figli, partono per un viaggio che li porta consapevolmente ad avventure estreme, dalle quali, ogni volta (meno che nel finale) superano ogni spaventoso pericolo, deludendo i quattro ragazzi che ogni volta sperano in una soluzione che li tolga di mezzo. Mentre i genitori sono in viaggio i ragazzi sono affidati a una Tata che ridà loro fiducia nella vita. La Tata viene molto ammirata dal signor Melanoff che la ospiterà nella sua grande casa assieme ai ragazzi, che altrimenti sarebbero stati costretti a vivere in mezzo a una strada perché mamma e papà, prima di partire per il lungo viaggio, avevano deciso di vendere la casa, così da disfarsi dei propri figli. La moglie e il figlio di Melanoff sono miracolosamente sopravissuti cinque anni in un vagone delle ferrovie svizzere, ma anche qui madre e figlio non sono certo un esempio di felice rapporto familiare. È ovvio che il finale non deve essere raccontato, ma è la sintesi felice di una storia dalla precisa e ironica nettezza di contorni.
Roberto Denti
(da LiBeR 84)