L’ho scelto perché…
Stardust
Stardust di Hannah Arnesen è un’opera che voglio definire come un richiamo all’attenzione sulle urgenti e necessarie connessioni tra Natura e Uomo. Per farlo, l’autrice ha scelto le forme della comunicazione più autentiche a risvegliare la coscienza e l’anima dell’essere umano, mantenendo quel tratto lieve e toccante che si riconosce come poesia nei versi, le illustrazioni ad acquerello e gli stessi grafici come specchio sulla realtà. L’ha fatto costruendo dialoghi sul Prima e Dopo, sul passare del Tempo e sul triste Futuro, rivolgendosi a tre destinatari: alla Terra e al suo vissuto, al lettore verso il quale sposta lo sguardo, verso prospettive ora lontane ora intime, e ad un possibile nascituro che dovrà portare la fiaccola della speranza, ma anche il peso della cecità dei suoi predecessori. La lettura si fa strada sull'essenza di questo legame primitivo e indissolubile dell’essere umano del quale la Arnesen fa sentire la voce in modo del tutto nuovo.
Adolfina De Marco
Correva il 1980 quando l’astronomo Carl Sagan scrisse Siamo polvere di stelle ma solo più recentemente, nella sensibilità comune, si è compreso quanto sia vera questa frase. Stardust immortala un salto epistemologico, etico ed estetico sotto forma di tre lettere − rispettivamente alla terra, a chi legge e a una ipotetica discendenza − che fotografano come mutano i paradigmi. Hannah Arnesen mostra chiaramente, infatti, che non è più sufficiente indagare la vita e la morte limitandosi a far dialogare le acquisizioni maturate in diversi ambiti di studio, ma occorre, piuttosto, un approccio transdisciplinare, e con esso un costante allenamento a familiarizzare con le prospettive proprie delle varie aree del sapere e dell’essere. Il risultato è una pietra angolare nella letteratura contemporanea, che assorbe l’attenzione di chi legge (anche di chi lo fa raramente) con figure magnetiche e parole che danno voce all’inquietudine, al desiderio di sapere e al bisogno di speranza.
Francesca Romana Grasso
Il lupo
Il punto di partenza di questo libro è un topos della letteratura per ragazzi piuttosto frequente. Per definizione porterà con sé una, o forse più, difficoltà da superare che ovviamente saranno il sale del racconto. Insomma, la partenza controvoglia di un ragazzino per il campo estivo, è di norma un ottimo innesco. E anche questa volta funziona alla perfezione.
Lo sguardo disincantato, ironico, del protagonista che non perde occasione di essere tagliente, spesso caustico, nei confronti degli adulti, qui rappresentati dal team degli educatori, è una piacevole costante. Con la sola eccezione del cuoco, il resto della truppa è di fatto una galleria di stereotipi umani, molto divertente e illuminante. Ma il vero grande motore della storia è un ragazzino, Jörg, che nei fatti dimostra a tutti che nella vita, passetto dopo passetto, occorre trovarsi da soli una propria strada verso il posto che si desidera occupare nel mondo: ognuno lo deve sapere, ognuno lo deve avere. Come dargli torto? Libro indimenticabile, quanto sapiente.
Carla Ghisalberti
“Il lupo” è un libro praticamente perfetto. È una storia estiva, di un campeggio nella natura in cui il ragazzino protagonista va contro voglia. Un romanzo che poteva essere come tanti ma dove l’incipit impeccabile nell’agganciare il lettore e i dialoghi fulminanti promettono di divertirci, poi Saša Stanišić ci porta dove vuole, ci fa ridere, indignare, inquietare. Il lupo che si presenta ogni notte davanti alla stanza dei protagonisti ci invita a sulla soglia tra reale e fantastico, tra sogno e metafora. Il rapporto con la natura e con le proprie paure, l’anticonformismo e le dinamiche dell’esclusione prendono corpo tra le pagine senza mai sovrastare lo scorrere dell’azione e dell’avventura. A completare una lezione di stile c’è anche la bellezza fisica del libro, illustrato da Regina Kehn in bianco, nero e giallo con un risultato pulito e potente.
Alice Bigli
Canti dell’inizio. Canti della fine
Se è bello confrontarsi sulle pagine con la voce di un poeta, ancora meglio è confrontarsi con le voci di due poeti in dialogo. Soprattutto se i due hanno deciso di indagare un’esperienza, sostanziale nelle nostre vite, a cui poco spazio viene dato in narrazioni, celebrazioni, riflessioni. Sono voci diverse quelle di Tognolini e Vecchini in ritmi, lessico, uso della rima, posizione assunta nei confronti del lettore. La distanza fra le due voci permette a chi legge di accucciarsi in uno spazio che si fa un po’ frattura, interrogativo, che nel disorientare riesce a farsi moltiplicatore di senso. Viene da pensare, leggendo, che forse il terreno di confronto di due voci distinte, fortemente caratterizzate, possa dare l’occasione e la libertà di indagare il mutare del mondo, dei giorni, delle vite in un succedersi di inizi, fini, fini e inizi. Queste pagine sono un posto perfetto per il lettore piccolo, per stare, chiedersi e indagare. Le illustrazioni di Orecchia porgono un altro salto generativo, creando fra testi e immagini un ulteriore scarto, un vuoto, per chi legge, da riempire di pensiero e di senso.
Nicoletta Gramantieri
Questo è uno dei libri più belli dell’anno scorso: perché prima di essere un libro è una festa. Ci sono due scrittori, due poeti, che giocano a un gioco molto serio: scrivono l'inizio e la fine di qualcosa, e si scambiano i ruoli in continuazione. Le cose iniziano e finiscono, ma in queste nascite e commiati c'è molta poesia, e molti generi poetici. Ci sono filastrocche, metafore, riflessioni: perché iniziano litigi e gelati, scuola e teatro, i libri stessi.
Bruno Tognolini e Silvia Vecchini creano con inizi e fini un’antologia di saluti: perché le cose si salutano quando arrivano e quando spariscono. E questo, appunto, è una festa: è riconoscere l'incontro, la diversità, il cambiamento e il coinvolgimento. E riescono in un miracolo che parla molto della crescita: il cambiamento non avviene per imperfezione o per mancanza, ma perché è nella vita, e questo si legge molto bene anche nelle immagini di Giulia Orecchia che accompagnano le poesie. Le cose si trasformano, è questa la magia.
Beniamino Sidoti