Simone Galvanini è un fotolitista: il professionista che, partendo da illustrazioni originali, crea e gestisce i file che vengono usati per la stampa, offset o digitale, e determina così la qualità della stampa e del libro nel suo complesso.
Negli ultimi vent’anni questa professione ha subito una rivoluzione: dalle tecnologie analogiche, basate sulla pellicola fotografica, si è passati a un processo interamente digitalizzato. La sua esperienza in entrambi i campi può aiutarci a capire meglio cosa fanno le macchine, perché lo fanno e come sfruttare le loro potenzialità. Ripercorrendo le fasi di lavorazione di una delle illustrazioni di Irene Penazzi per Poesie della casetta (Topipittori, 2023), abbiamo definito sei punti, utili per chi ha a che fare con le immagini, ma non ha piena consapevolezza dei passaggi che portano alla realizzazione di un libro.
- Valutazione dell’originale
Quando si progetta un libro illustrato, la prima cosa da osservare sono le caratteristiche degli originali.
Si valuta il formato delle illustrazioni in rapporto al formato che avrà il libro, per assegnare la giusta risoluzione all’immagine. Se è lo stesso, la risoluzione ottimale sarà 304,8 dpi, che corrisponde a 120 linee/cm. Se invece si parte da un originale di piccole dimensioni per ingrandirlo, dovremo aumentare la risoluzione. Non sempre a maggiore risoluzione corrisponde migliore qualità. Se l’originale ha delle imperfezioni, sbavature o difetti che vorremmo eliminare, a 300 dpi potrebbero sparire, ma a 1200 dpi le vedremmo benissimo. Oltre al formato, vanno esaminati tecnica e colori. L’illustrazione di Irene è stata fatta su una carta piuttosto spessa, non perfettamente bianca, con matite colorate e pastelli a cera; non tutti i colori dell’illustrazione si possono ottenere in quadricromia. Uno dei verdi, infatti, è molto luminoso e in stampa non renderebbe. Abbiamo quindi deciso di introdurre un colore fuori scala, cioè un Pantone. Vedremo in seguito come gestirlo.
- Acquisizione dell’immagine
Prima di acquisire l’immagine, è necessario che il monitor sia stato tarato, cioè calibrato con lo spettrofotometro, uno strumento che misura e quantifica i colori, valuta i dati cromatici e, soprattutto, è in grado di mantenerne l’uniformità in ogni fase, permettendo di simulare la stampa in modo esatto. Va considerato un dato, in apparenza banale: il monitor ha una luminosità che, per natura, manca al foglio di stampa. Tutto quello che a monitor ci appare chiaro e luminoso, una volta stampato sarà più spento e piatto.
Nel nostro caso, il formato del libro sarebbe stato poco più piccolo dell’originale, quindi la scansione è stata acquisita al 100% del formato a una risoluzione di 304 dpi in RGB. Lo spazio colore RGB sta per Rosso, Giallo, Blu, ovvero i colori primari della sintesi additiva. Un file RGB contiene la sovrapposizione dei tre strati di colore, ognuno codificato su 256 livelli (da 0 a 255: per ottenere il bianco i valori saranno tutti 255, per il nero tutti 0). Si acquisisce l’immagine in RGB perché più versatile, dal momento che i valori verranno compensati a ogni modifica (se, per esempio, aggiungiamo un po’ di blu, toglierà piccole percentuali anche al verde e al magenta). Tenendo i valori standard dello scanner, siamo certi che i minimi non verranno ‘bruciati’ e i massimi non risulteranno ‘chiusi’. Otterremo, in sostanza, una scansione che si potrà lavorare facilmente.