I grandi libri per l’infanzia non hanno nessuna lezione da dare ai bambini. Attorno a questa consapevolezza ruota l’esplorazione condotta in queste pagine. Frutto di una ricerca ventennale, il saggio di Giorgia Grilli ribalta stereotipi e luoghi comuni, per portare alla luce la linfa di cui si nutrono quei libri per bambini che possono realmente dirsi letteratura. È un rovesciamento di prospettiva quello che qui si propone, un cambio di postura: è l’infanzia – soglia di accesso a quanto di più profondo esista nell’umano – che ha qualcosa da dire, da far trapelare.
Sul saggio di Giorgia Grilli proponiamo la versione integrale dell'articolo che Chiara Sgarro (Zazie Vostok) ha pubblicato nella sezione Schede strumenti di LiBeR 134.
E’ da poco stato pubblicato da Donzelli “Di cosa parlano i libri per bambini. Letteratura per l’infanzia come critica radicale”, di Giorgia Grilli e credo che si possa accoglierlo come un’opera straordinaria nel panorama attuale della saggistica sui libri per bambini e ragazzi. Giorgia Grilli insegna letteratura per l’infanzia presso l’Università di Bologna ed è cofondatrice del Centro di ricerche in letteratura per l’infanzia del Dipartimento di scienze dell’educazione «Giovanni Maria Bertin». È membro di numerosi comitati scientifici e gruppi di ricerca internazionali e ha tradotto testi di saggistica e di narrativa di autori quali Jack Zipes, Alison Lurie, David Almond, Neil Gaiman e Aidan Chambers. Innumerevoli i saggi e i volumi pubblicati. “Di cosa parlano i libri per bambini” è il risultato di una ricerca ventennale, imprescindibile per chi voglia davvero comprendere cosa sia nel suo nucleo essenziale la letteratura per l’infanzia, “di cosa parla davvero in modo implicito, attraverso metafore o immagini poetiche, elusivamente e al di là della trama di superficie”. Grilli ci porta per mano in un libreria immaginaria. Ci descrive gli scaffali ed i libri che vi trovano spazio. Evidenzia il primo discrimine che anima questo saggio, ovvero la contrapposizione della letteratura per l'infanzia con l’“editoria per l’infanzia” (non l’editoria tout court ovviamente), ma quel genere di libri che intendono impartire ai bambini qualsivoglia lezione o che a loro modo desiderano intrattenerli in maniera superficiale e, spesso, del tutto faceta. Questo tipo di editoria ha la presunzione di sapere cosa sia nel profondo il mondo bambino, quali siano i suoi bisogni, sentimenti, umori o, peggio, spesso lo considera come semplice “target” commerciale. E tantomeno tiene in considerazione la complessità dell’universo infantile. Per certo lo sminuisce. Questo saggio diviene dunque un modo di orientare rispetto alla grande produzione editoriale, e aiutare a identificare i criteri, gli indizi, i motivi per cui certi libri per bambini (e non tutti) entrano in una sorta di biblioteca ideale. La biblioteca dell’ “autentica” letteratura per l’infanzia. Ma per comprendere l’infanzia occorre fare una premessa, e dunque Giorgia Grilli solleva all’inizio del libro un interrogativo fondamentale e spiazzante: “Cosa sappiamo dell’infanzia? Cosa sappiamo di ciò che eravamo e non siamo più?”
Grilli ci invita a spogliarci di ogni supponenza.
L’unico modo di essere davvero rispettosi nei confronti dell’infanzia è riconoscere il suo mistero, la sua insondabilità, la sua totale alterità. I bambini per struttura ontologico-esistenziale abitano un luogo lontano. Il bambino è l’enigma. “E’ il mistero che si vuole provare a sfiorare”.
Eppure c’è stato un periodo, nella storia della letteratura, quello vittoriano, che si è intrecciato strettamente a questo mondo liminale e al suo sentire.
La vita di questi narratori di storie si è intimamente allacciata a figure bambine che ne hanno ispirato le opere più belle.
Queste ultime, si protendono verso un mondo evanescente eppur vivido e cercano di coglierlo tentando con ogni espediente artistico, ma anche per vocazione umana e personale, di uscire da se stessi per abitare una visione delle cose che può essere disturbante, scomoda e addirittura inconcepibile.
Questi libri nati all’ombra di queste tenere amicizie, sono divenuti esempi di una letteratura che potesse parlare all’infanzia perché filtrata dalle parole dell’infanzia, senza giudizio, ma anche senza retorica. I cui autori si sono confrontati con una dimensione esistenziale diversa dalla propria, attraverso un processo creativo, non esplicito, non esplicativo, non didascalico, bensì simbolico e immaginifico che è stato anche decentramento dal proprio sé adulto. E’ proprio grazie ad alcuni bambini presi sul serio che sono nati degli indimenticabili capolavori letterari. Grilli propone nomi e analizza opere. Da “Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie” di Lewis Carroll al ciclo di “Mary Poppins” di P. L. Travers, da “Peter Pan”, di J. M. Barrie - e il mito del Puer Aeternus - a “Le avventure di Pinocchio” di Carlo Collodi”. Da “Winnie the Puh” di A. A. Milne a “L’isola del tesoro” di Robert Louis Stevenson, passando per “Le avventure di Peter Coniglio” di Beatrix Potter. E tanto altro ancora. Sono tutte opere che, “dettate” dall’infanzia, permettono attraverso il filtro di un processo creativo, di avvicinarci alla sua condizione più incontaminata, la quale, ancor prima che un dato anagrafico è un modo di essere umani “differente e incredibilmente interessante nel suo essere ancora non convenzionale, non omologato, del tutto imprevedibile". Sulle pagine di questo libro compaiono addirittura le foto di questi piccoli amici, i loro sguardi, spesso nostalgici, pensierosi - i bambini pensano sempre - e persi in un mondo altro. Lo sono le bambine ritratte da Carroll, che solo il linguaggio artistico era ed è in grado di avvicinare e di cogliere. E allora comprendiamo come lo spirito che guida lo scrittore inglese sia il profondo e nostalgico tentativo di cristallizzare l’infanzia e renderla eterna. Grilli attinge agli ambiti più svariati del sapere: la filosofia, l’antropologia, le teorie evolutive e quelle educative, l’arte e l’illustrazione. Percorre secoli, spazi geografici e generi editoriali arrivando persino al cinema per dare a questa pubblicazione una solidità insindacabile. Se vogliamo davvero affacciarci sul mondo dell’infanzia e provare a comprenderla, possiamo farlo attraverso la letteratura per e dell’infanzia. Ma affacciarsi sul mondo dell’infanzia è anche affacciarsi su un passato lontanissimo e primordiale che induce alla vertigine. Grilli ci pone di fronte alla consequenzialità tra la diffusione delle teorie evoluzionistiche di Darwin nel XIX Sec. e lo sviluppo di un certo tipo di visione del mondo che supera l’antropocentrismo per proiettarsi verso l’esterno, verso le cose - che palpitano insieme e all’unisono respirano - e dunque più in sintonia con quello che è il sentire dell’infanzia. Per questo, proprio in quel tempo, ci spiega Grilli, è cominciata a fiorire un tipo di letteratura in grado di risuonare con un esistente infantile con il quale fino ad allora si era posta in una posizione professorale, pedagogica, ma molto più spesso pedante. I bambini sono ancor prima che figli biologici dei propri genitori, figli del mondo e appartenenti al tutto, in contatto con ogni elemento del reale e con esso in armonia vitale. Ci sono pagine bellissime nelle quali è descritto il profondo richiamo che ha la natura per l’infanzia e il mito della “selvatichezza”, dimensione agli antipodi rispetto al contesto sociale, civile e dunque adulto. Quello che vivono questi bambini e che ritroviamo nelle storie dei grandi autori citati, assume contorni e caratteristiche, quali figure, personaggi, topos ed elementi, che vi ritornano ciclicamente nel corso di due secoli. Persino lo sciamanesimo e i riti di iniziazione sono chiamati in causa per dare un senso all’origine stessa della narrazione, alle prove che i protagonisti delle storie sono invitati a superare, ai luoghi sotterranei in cui spesso transitano, accompagnati da guide o in solitudine. Grilli procede oltre e manifesta come si delinei in maniera spietata e tendenzialmente distaccata, ottusa, misera, il mondo adulto attraverso i loro occhi (e quanto sia scomoda per noi questa presa di coscienza) e quanto ci sia di erosivo e massimamente critico e sovversivo nella letteratura per l’infanzia rispetto alla conformità sociale. Perché sovversiva è l’infanzia, nella sua intima natura. Alla fine di questo viaggio, fatto di parole ma anche di suggestioni, visioni ed immagini, oltre ad aver colto una prospettiva diversa dell’infanzia siamo dunque molto più consapevoli di quanto essa abbia da dirci insieme alla sua letteratura su noi stessi: su ciò che siamo diventati e quello che “essenzialmente”, nel nostro nucleo più autentico, siamo.
Di cosa parlano i libri per bambini
La letteratura per l’infanzia come critica radicale
Saggi. Arti e lettere
2021, 336 pp.
ISBN: 9788855222396
€ 32,00