Un’intervista immaginaria (e molto esclusiva) di Vichi De Marchi a Ulf Stark, vincitore del Premio LiBeR 2020
Grazie, signor Ulf Stark, di aver accettato l’intervista. I piccoli lettori non smettono di leggere e apprezzare i suoi libri. Anche ora che non c’è più .
Ma figuriamoci, nessun disturbo! E poi mica ho smesso di inventare storie.
Ah, davvero?
Ovvio! Non si smette mai di essere scrittori, solo che le mie storie non sono per il mercato terrestre.
Però qualche anticipazione ce la può dare!?
Suvvia, sa che non è possibile, che i due mercati, quello di laggiù dove è lei e quello dove sono io non seguono le stesse regole. Pensi che qui non esistono il marketing, le rese, la censura e tutte quelle cose che disturbano la libera creazione e circolazione delle storie, qui si inventa a pieno ritmo e lo possono fare tutti. Anche le storie che si creano sono diverse… molto più divertenti!
Peccato che non ci possa raccontare le sue nuove creazioni, magari potevano essere utile a qualche scrittore in erba. Sembra che, qui da noi, tutti vogliano scrivere.
Benissimo, lasciate che lo facciano, che si sfoghino. Non fa certo male scrivere. Sa cosa, invece, fa davvero male? Qui siamo molto preoccupati per la Terra, è in condizioni pietose. Temo il suicidio. E che pena per i ghiacciai della mia Svezia! E per la biodiversità. Le creature che con Linda Bondestam abbiamo descritto in Animali che nessuno ha visto tranne noi rischiano di scomparire. Sicuramente lo conosce quell’albo, lo ha pubblicato in Italia Iperborea, come molti altri miei libri. Insomma, se penso alla catastrofe climatica, la mia fantasia si prosciuga.
Certo che lo conosco: quell’albo ha vinto un sacco di premi, quello del Consiglio Nordico per il miglior libro per ragazzi e il premio Snöbollen per il miglior albo svedese illustrato. Del resto di premi lei ne ha vinti davvero tanti, anche in Italia, il premio Andersen. Ma, tornando ai suoi animali - lo Gnoccantropo, il Letargale, il Bumbumbù, l’Aspettaespera, lo Sssch - sono inventati, anzi se proprio devo dirla tutta assomigliano più a noi. Quindi, almeno loro, non rischieranno l’estinzione?
Sulle somiglianze psicologiche dei miei animali con l’uomo, forse ha ragione, sono spesso scontenti e a disagio, proprio come capita a noi. Ma quello che ci tengo a dire è che senza la ricchezza e la varietà della natura, è difficile inventare storie belle, allegre e che facciano pensare. È una questione di sensibilità. Comunque non divaghiamo. Di solito non concedo interviste, qui non sono ben viste, troppo protagonismo. però ci tengo troppo agli amici di LiBeR, perciò questa sarà un’intervista in esclusiva mondiale, solo per voi!
Grazie, ne siamo davvero felici. Anche io le voglio dare una bella notizia. Il gruppo di esperti della rivista LiBeR, di cui faccio parte, e che ogni anno decide quale è stato il miglior libro dell’anno, ha votato il suo La grande fuga come miglior libro per ragazzi del 2020 in Italia.
È un’ottima notizia! Quel libro l’ho terminato di scrivere nel giugno del 2017. Avevo 73 anni ma sapevo che mi restava poco da vivere. La mia non è stata una fuga ma, come l’anziano protagonista Gottfrid, forse avevo bisogno di compiere alcuni gesti, di lasciare dette delle cose prima di salutare tutti.
In effetti dicono che quel libro sia un po’ il suo testamento.
Dicono così? Mah, non lo so se è un testamento. Però avevo voglia di raccontare un rito di passaggio, ciò che serve al mio protagonista, il burbero e vecchio Gottfrid, per lasciare questo mondo. Lui ha bisogno di tornare nei luoghi in cui ha vissuto pienamente. Attraverso gesti e oggetti semplici ̶ un barattolo di marmellata, un paesaggio familiare, una vecchia casa che ha amato – cerca la vicinanza con le persone care come la moglie da tempo scomparsa, che lo possano accompagnare, con gentilezza e amore, nel suo ultimo viaggio.
Ne La grande fuga nonno Gottfried ha con sé anche un libro “pieno di parole”. Gli serve per non dire più le parolacce, ma forse, signor Stark il suo era un omaggio al linguaggio fantastico con cui ho colorato l’infanzia di intere generazioni? In fondo, lei ha dedicato la sua intera vita alla scrittura, non solo racconti e romanzi ma fumetti, testi per la tv… Ha pubblicato una trentina tra libri e albi, per età diverse, tradotti in 24 lingue ed è stato davvero un autore internazionale.
Può essere! Si, le parole sono state fondamentali nella mia vita. Ho cominciato a scrivere prestissimo. Però ne La grande fuga ho voluto soprattutto raccontare il rapporto che nonno Gottfrid ha con il nipote, quella comunicazione profonda che si è instaurata tra di loro, quella complicità che nasce da una grandissima comprensione dei bisogni dell’altro.
Già, i suoi libri sono pieni di nonni e di nipoti. Anche in Sai fischiare, Johanna ci sono un nonno e un nipote, in realtà il loro non è un rapporto di sangue, piuttosto è un riconoscersi, un cercarsi e trovarsi perché ciascuno ha bisogno dell’altro. Chi non fa un gran figura nei suoi libri sono spesso le generazioni di mezzo, i padri per esempio….
(Ride….) Ha ragione. La generazione di mezzo è troppo occupata dalla carriera, da se stessa, non ha voglia di mettersi davvero in ascolto dei vecchi o dei piccoli, cioè dei non produttivi. Preferisce nel tempo libero immergersi nelle parole crociate. Nonni e nipoti, invece, se la intendono a meraviglia, hanno un linguaggio e una sensibilità comuni. Quando si è molto anziani si diventa un po’ bambini, c’è bisogno di tornare alla propria infanzia, a quella fase della vita dove ogni gesto è prezioso, gratuito, pieno di meraviglia. Per fare questo serve la mediazione dei nipoti, gli unici che li comprendono davvero e che li possono riportare al punto di partenza, che possono esaudire i loro desideri. Ma anche i nonni hanno questo dono, di saper esaudire i desideri dei bambini. Se lo ricorda Berra, il piccolo protagonista di Sai fischiare, Johanna?. Lui vorrebbe tanto avere un nonno e il vecchio Nils, rinchiuso nella tristezza di una casa di riposo e nelle nebbie di una leggera demenza senile, lo accetterà subito come suo nipote. È un mondo dove non servono carte di identità o esami del DNA. Ci si sceglie liberamente per mescolare gioia e tristezza, nostalgia e speranza.
Già, i nipoti, nei suoi libri, sono sempre molto saggi anche quando fanno cose azzardate e le fanno fare ai nonni. Molti dicono che nessuno meglio di lei ha saputo prendere sul serio i bambini, i loro giochi, le loro ansie, i loro desideri: in realtà è stato anche molto bravo ad affrontare con leggerezza questioni difficili, talvolta a scherzare su temi seri come la morte.
Questo è verissimo, non ho mai trattato l’infanzia con condiscendenza o sufficienza, i più piccoli li ho sempre presi sul serio. Loro pongono grandi domande attraverso piccole cose. Non ho avuto difficoltà a farlo perché, in fondo, anche io sono rimasto un po’ bambino. Altrimenti come avrei potuto scrivere così tante storie? In molti miei libri ho messo in scena il mio alter ego bambino, anzi, in alcuni casi, l’ho proprio chiamato come me, Ulf.
Dicono che in Svezia dopo Astrid Lindgren, l’autrice di Pippi Calzelunghe, c’è lei! Le ha mai dato fastidio essere secondo?
Non scherziamo! La Lindgren è una gigantessa. È stata una delle mie eroine. Da piccolo mi incantavo ad ascoltare mia madre, seduta in poltrona, a leggere, a me e a mio fratello, la storia di Pippi Calzelunghe.
Altre storie che ricorda da piccolo?
Ho amato molto l’elefantino Babar o Winnie the Pooh, che bellissimi ricordi!!!!
A proposito di ricordi, c’è qualcosa di cui ha nostalgia?
Beh, sì, dell’amore. Ma non mi chieda cosa ne penso. Ho scritto tutto quello che dovevo dire in Piccolo libro sull’amore. Quello che le posso dire è che nell’amore è insita la nostalgia. È come essere contenti e tristi allo stesso tempo. Se c’è amore basta poco per intrecciare un dialogo anche nell’assenza. Al piccolo protagonista Fred bastono un vestito, un paio di scarpe da ballo, un cappello e una presa d’aria per comunicare con il padre partito per la guerra.
Sa cosa mi piace dei suoi libri signor Stark? Che l’amore circola tra tanti - tra madre e figlio, tra allievo e insegnante, tra marito e moglie, tra amici. Anche personaggi apparentemente paurosi sono in realtà capaci di amore, come il vicino di casa del protagonista Ulf in Tuono. Circola anche tanta speranza, nelle sue storie.
Come il dolore deve essere raccontato perché la gioia appaia in modo più limpido, così la vita senza i sogni che ci aiutano a sperare sarebbe ben più triste. Per questo nei miei libri ci sono tanti se: se torna il papà dalla guerra, se riesco a confessare a Gerda il mio amore. Sono dei se che aiutano a sperare. Ma ora la devo proprio lasciare: mi saluti tanto gli amici di LiBeR e grazie per la nomination!!! Non sono mai stato vanitoso ma le confesso che sono contento di ricevere ancora dei riconoscimenti.
Grazie a lei Signor Stark. Continueremo a leggere le sue storie. Un’ultima domanda. Porta ancora i capelli un po’ lunghi, a caschetto?
Certo, ora sono anche più folti.