Fanny Britt e Isabelle Arsenault parlano, nell’intervista raccolta da Rosella Picech, del lavoro corale che ha creato Jane, la volpe & io, il libro che è risultato vincitore del sondaggio di LiBeR sui migliori libri del 2014.
Queste domande sono rivolte a entrambe le autrici di Jane, la volpe & io, Isabelle Arsenault e Fanny Britt. Non c’è distinzione fra chi scrive e chi disegna in un libro così compiuto. Agli occhi del lettore, la storia raccontata da quel libro risulta una storia fatta di parole che non possono prescindere dalle immagini che le accompagnano e immagini che non vivrebbero senza quelle parole.
Così è la storia di Jane, la volpe & io, in cui convergono più storie, richiamate da altri libri a portare soccorso alla solitudine di una prima adolescenza angustiata, che diventa storia in cui i libri amici si trasformano in un ponte gettato verso la realtà.
Un romanzo grafico. Scritto e disegnato come se testo e illustrazione fossero una cosa sola. Un progetto su quel percorso insidioso che dall’infanzia porta all’adolescenza. È così che avete inteso il vostro lavoro?
Fanny. Si, assolutamente. Sia io che Isabelle non abbiamo scritto e illustrato il libro negli stessi tempi (prima io ho scritto la storia, e Isabelle poi l’ha illustrata); è stato chiaro per me che la mia storia è diventata un’opera solamente quando sono arrivate le illustrazioni. Sono abituata ad avvertire che il mio lavoro è “incompleto” al momento della scrittura perché provengo dal teatro, dove i testi sono trasformati per prendere vita sulla scena. Ma non avevo mai avvertito una così forte comunione fra le mie intenzioni di scrittura e la forma finale dell’opera. Isabelle è stata estremamente sensibile a ciò che si nascondeva nelle parole, non solamente a ciò che era scritto, e le sarò sempre riconoscente per questo. Penso che tutto abbia funzionato con molta armonia anche perché noi partecipiamo di una medesima sensibilità, un lato nostalgico e melanconico, una voglia di poesia senza cadere nel melodrammatico. Questi punti in comune aggiungono coerenza all’opera.
Isabelle. Per parte mia, questo testo di Fanny è stato un vero regalo per me. Io sono abituata a lavorare partendo dal testo di un autore adattando in qualche modo il mio stile a un universo preciso. Questa volta, il testo era già molto vicino al mio universo e la possibilità di costruire una bande dessinée mi entusiasmava, proprio perché era un genere che desideravo esplorare da molto. Mi sono dunque immersa interamente. Ciò che ha fatto la differenza ai miei occhi è stata la grande libertà che mi hanno concesso Fanny e il nostro editore. Questa fiducia mi ha dato la tranquillità di lasciarmi andare dentro la storia e di apportarvi la mia visione personale, la mia propria interpretazione, che s’è trovata a essere sensibilmente complementare.
Un bullismo sottile, fatto di ammiccamenti, scherno, disponibilità al dispetto va a colpire l’identità ancora incerta della protagonista adolescente e la condiziona nel suo agire… Perché la vostra scelta è caduta su un personaggio come Hélène?
Fanny. Il personaggio di Hélène mi è venuto del tutto naturalmente. E’ basato in buona parte sulla mia propria personalità di quand’ero bambina, ma è soprattutto un archetipo di bambina timida, sensibile, che si sente facilmente scombussolare dalla vita. Trovavo interessante attribuirle questa personalità perché penso che i bambini ipersensibili sono spesso dei bambini che osservano tantissimo, e che sanno riconoscere dei grandi simboli nei piccoli dettagli della vita, cosa che risulta produttiva quando si lavora a un libro che utilizza le illustrazioni.
Isabelle. Giusto. Io potrei dire che mi sono riconosciuta in questo personaggio ipersensibile – malgrado non abbia subito personalmente delle intimidazioni quand’ero giovane. Sono anche molto osservatrice, ed è nei miei ricordi che ho attinto l’ispirazione per parecchie scene del libro.
C’è un’ora sola di tregua per Hélène nella tristezza della sua giornata. Succede quando Hélène apre un libro, Jane Eyre. Con Jane Eyre, Helene diventa un po’ Jane Eyre. Anche Jane Eyre come Hélène non è "“brillante, magra, sveglia”. Questione di modelli. Finalmente una che le somiglia … ma guarda caso è il personaggio di un libro…
Fanny. Penso che i personaggi della letteratura possono essere dei modelli formidabili, anche se sono immaginari. Quando si ha accesso ai pensieri di questi personaggi creati da grandi autori (come i personaggi delle sorelle Brontë), può succedere di scoprire molte grandi verità sull’essere umano, e soprattutto può aiutare a elevarci verso qualcosa di più grande di noi. Ciò che mi interessava con Jane Eyre in particolare (a parte il fatto che è stato realmente il mio libro preferito quando ero adolescente!) è che è un modello non conformista per una ragazza: Jane Eyre non fa leva sulla sua bellezza o sul suo charme per costruire la sua identità e esercitare il suo potere. Fa leva sulle sue conoscenze, il suo amore per le arti, la sua viva intelligenza, la sua indipendenza. Per me, Jane Eyre è un meraviglioso modello femminista!
Isabelle. Oserei anche augurarmi, molto umilmente, che il nostro libro o anche il nostro personaggio di Hélène, possa diventare un’ ispirazione per dei giovani lettori e lettrici. Perché no!
Questione di incontri. Perché fuori della scuola, fuori della casa, su un’altra strada, Hélène avvista una volpe rossa. Non avrà il tempo di addomesticarla né di sentirsi dire grazie come succede al Piccolo Principe. Ma è rossa, proprio lì su quella pagina che fino a quel momento era stata grigia, e le si accosta fiduciosa, come la bambina alla quale presterebbe volentieri il libro di Jane Eyre. È il conforto e lo scambio degli incontri con i libri che spingono alla stessa ricerca di conforto e di scambio nella realtà? È questo che pensate dei libri? Che abbiano una forza salvifica?
Fanny. Assolutamente. Per me, il più importante messaggio di speranza nella nostra storia è che poco importano le circostanze, anche se si è rifiutati e isolati a scuola o se si attraversa un periodo difficile, i libri (l’arte in generale, ma per quanto mi riguarda soprattutto la letteratura) possono letteralmente salvarci la vita, ci permettono di evadere in un mondo fantastico, ci danno dei modelli diversi e affascinanti ai quali ispirarci, ci forniscono una visione del mondo più ampia più ricca e … Molto semplicemente passare il tempo fino a che ci sia qualcosa di meglio. O fino a che si incontri un o una vera amic (a) che ci assomiglierà e ci comprenderà (come Géraldine nel libro), e con la quale noi potremo essere noi stessi, interamente.
Isabelle. Del tutto d’accordo. Come lettore, i libri possono aiutare a proiettarci nell’avvenire. Ma è reciproco. Come autore, i progetti di libri a venire, delle idee, intuizioni, ispirazioni, delle collaborazioni come questa, o quelle future sono una grande fonte di speranza e di conforto che dà un senso alla vita dell’artista.
(da LiBeR 106)