I quarantanove racconti (1938)
di Ernest Hemingway, 1899-1961
Per ottenere davvero tutto ciò che questo libro può dare nell'ambito di una pedagogia della lettura, occorre prima di tutto riferirsi a come l'autore considera, adopera, ridefinisce quella speciale forma letteraria che è il racconto. Si vedrà, allora, che queste quarantanove occasioni si prestano tutte a fare amare la lettura agli adolescenti, perché suggeriscono essenzialmente un amore per la vita che sceglie tanti pretesti per esplodere, per gioire, per incantare.
L'affrontare una quantità di temi così vasta e molteplice non sottrae all'opera quel fascino unitario che si deve far risaltare. Qui c'è proprio quel "fiume dai due cuori" che sembra il simbolo più coerente dell'arte hemingwayana, ma è anche il pretesto pedagogico più valido per offrire il libro agli adolescenti. Loro possiedono tutti un fiume dai due cuori e vorrebbero vedere accolte le due diramazioni entro cui fluisce il loro immaginario, proprio dalla indispensabile linfa immaginativa di cui hanno urgente bisogno.
Lo si usa, il libro, con almeno due rimandi: a Per chi suona la campana e a Verdi colline d'Africa, perché non si può e non si deve perdere l'occasione di ricondurre lo scrittore alla storia e alla politica, al viaggio, all'amore, al rischio, alla scoperta, proprio mentre diventa lo scopritore dei meandri nascosti nelle vene d'America. Con il suo suicidio, Hemingway prende congedo da un mondo che lo ha esaltato, pur comprendendolo solo in parte. L'anima adolescenziale dei racconti può richiamare i giovanissimi lettori al senso di uno dei misteri più chiusi del Novecento, un secolo da spiare nelle ansie di tutti i fiumi che lo hanno attraversato, un secolo pieno di infiniti racconti da riscoprire.
Il pittore di riferimento è Pablo Picasso (1881-1973)