Ci sono romanzi, validi per trama, intreccio, stile, che però presentano errori di ambientazione storica. Cosa farne? Utilizziamoli guidando i ragazzi in un giochetto educativo di caccia all’errore. Così è successo per il romanzo di Livy Former, Marlina dei misteri. Come dire, non tutto il male viene per nuocere.
Può capitare che un romanzo o un fumetto – soprattutto se ambientati in un più o meno lontano passato – presentino qualche grave errore nella ricostruzione storico-ambientale, pur rimanendo validi per altri aspetti (narrazione, trama, stile, ecc.). In tal caso devono essere cestinati o possono essere sfruttati in qualche modo? Ritengo che possano essere utilizzati per praticare un esercizio di quella che mi piace chiamare “pedagogia dell'errore”. Si fanno leggere ai giovani lettori sollecitandoli a individuare l'errore di ambientazione storica, caso mai aiutandoli con adeguati indizi in questa ricerca del “colpevole” che può assumere il sapore del giallo.
Questo esercizio, che ho avuto modo di praticare in passato, mi è ora suggerito dal romanzo di Livy Former Marlina dei misteri (Edizioni Paoline, 2008) per lettrici dagli 11 anni in su.
All'epoca della prima crociata (1099) in Orvieto la quattordicenne Marlina vive una vita semplice in seno alla famiglia benestante e divide con l'amica Velia confidenze, curiosità e speranze. Promessa al ricco Lanerio, ama segretamente Ruffino. Questa quotidianità è scossa dalla scomparsa di un'altra coetanea e dal misterioso assalto alla città di una banda di briganti. Sarà grazie a Marlina che si chiariranno questi enigmi e l'intreccio delle varie vicende troverà una felice conclusione.
La narrazione è condotta in modo vivace, le descrizioni sono puntuali, certi giudizi storici sono “revisionisti” in quanto aggiornano quelli tradizionali. Per esempio, sulla natura della crociata: "la verità è che la Santa Crociata è partita alla conquista dei tesori dell'Oriente; la liberazione del Santo Sepolcro è una scusa per rendere santa una guerra d'interesse". (p. 58). Inoltre le testatine e le illustrazioni a piena pagina di Sandra Bersanetti sono gradevoli. Cos'è allora che non funziona?
Lo svarione all'inizio del capitolo 3°: "Pelare le patate era un lavoro inutile. Perché non le mangiamo con la buccia?" (p. 40).
Se le giovani lettrici non sono state in grado d'individuare questo anacronismo, s'interverrà ricordando loro che la patata – ma anche il fagiolo, il pomodoro e il mais – è giunta in Europa dal Nuovo Mondo nel corso del Cinquecento e che, solo dopo un utilizzo a scopo medicamentoso o decorativo, è diventata un alimento di massa verso la fine del Settecento. Così un errore del romanziere si trasformerà in un'occasione di proficuo apprendimento per schiere di lettori.
Giulio C. Cuccolini
(da LiBeR 81)