Sommario
Libri & Ragazzi
Misreading children, leggere e fraintendere, Jack Zipes (p. 17-25)
Bambini e libri in ospedale
Le storie non sono medicine, Manuela Trinci (p. 26-29)
Meyer: un progetto coraggioso, intervista a Carlo Barburini, Paolo Cocchi ed Emiliano Fossi a cura di Maria Serena Quercioli (p. 30-31)
La fuga del morbillo, Anna Sarfatti (p. 32-35)
Leggere in corsia, Sara Fedeli (p. 34-35)
Lo scaffale volante, Nicolò Muciaccia, Paola Di Gioacchino (p. 36-38)
Dal tempo vuoto al tempo del racconto, Rita Borghi (p. 39-41)
Focus: il coraggio
Coraggiosamente domandarsi…, conversazione con Lia Levi, Alberto Melis e Uri Orlev a cura di Teresa Porcella (p. 42-45)
Cultura scientifica
L’orto da… sfogliare, Francesca Brunetti (p. 46-49)
Pollicini verdi, bibliografia (p. 47)
Un vivaio di esperienze, intervista a Gianfranco Zavalloni di Francesca Brunetti (p. 48-49)
Picturebook
Il picturebook è una “galleria d’arte”?, Angela Dal Gobbo (p. 50-53)
Un picturebook di 550 pagine!, Angela Dal Gobbo (p. 53)
Narrativa e videogame
Contaminazioni mediatiche, Anna Antoniazzi (p. 54-55)
Cartoonia
Il mito cartoon, Marco Pellitteri (p. 56-58)
Fiabe
Cappuccetto Rosso: l’interpretazione polimorfa, Franco Cambi (p. 59-60)
Dossier Segnali di lettura
Educare gli studenti alla biblioteca, Francesca Navarria (p. 62-63)
Materia grigia (p. 64-65)
I “fili invisibili”, Laura Anfuso (p. 66)
Rubriche
Ruba bandiera
Ontologia ed estetica del rugby, Roberto Farnè (p. 67-68)
La cattedra di Peter
Fili: ricordi, memoria, legami, Emy Beseghi (p. 69-70)
La cassetta degli attrezzi
Bibliotecari… riflessivi, Ivo Mondini (p. 71-72)
LiBeRWEB
I sondaggi di LiBeR (p. 75)
Fuorilegge
L’estate riminese di FL, Paola Bertolino (p. 76-77)
Inserto redazionale
In collaborazione tra Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e LiBeR, il fascicolo de La bibliografia nazionale dei libri per ragazzi, con le segnalazioni di 563 novità di aprile-giugno 2008.
L’illustrazione di copertina è di Alberto Rebori
Misreading children, o, Della lettura sbagliata
La lettura negli attuali scenari del mercato editoriale per bambini e ragazzi
Jack Zipes (Misreading children, leggere e fraintendere: Nella nostra società la velocità di pensiero, l’efficienza e la massima produttività ad ogni costo rendono difficoltoso lo sviluppo delle metodologie di lettura, protratte e riflessive: si parla allora di mis-reading, ossia lettura non corretta dal punto di vista del significato. Protagonisti, bambini e ragazzi che diventano lettori funzionali, sempre più coinvolti nel vortice del consumismo. “Non è certo un segreto: dagli ultimi cinquant’anni circa a oggi abbiamo riconfigurato un’infanzia in cui i ragazzi agiscono e si comportano come oggetti d’uso e agenti del mondo dei consumi, e continuiamo a inventare modi per incorporarli interamente in sistemi economici che compromettono la loro integrità e li rendono complici di un comportamento criminale, come il mutuo sfruttamento economico e il mantenimento politico della divisione in classi sociali. Insegnando ai bambini come non leggere, creando inibizioni alla loro capacità di lettura oppure favorendola con libri vacui o schermi con parole o immagini che fanno pubblicità a prodotti apparentemente magici, siamo riusciti a trasformare i giovani lettori in lettori funzionali, in non-lettori, in tutto fuori che lettori, in esseri sprovvisti di ogni responsabilità civica e predisposti a diventare consumatori in una società impazzita.Dovremmo forse chiamare questo processo un’azione di “ammutolimento” dei ragazzi, cioè una politica che tende ad ammutolirli per renderli più docili, più flessibili e operativi come adulti rimasti attaccati a prese di corrente”).
Nello stesso numero: Bambini e libri in ospedale
Manuela Trinci (Le storie non sono medicine: “Dall’intero sistema mediatico al web, si cavalca la tigre di questo nuovo, emergente fenomeno che, confondendo i generi, si ciba parimente di storie, outing, blog, talk show, confessioni, coming e fiabe. Le riviste di psicologia divulgativa omaggiano spesso le “storie che curano”, pubblicizzano seminari e corsi di formazione per “narratori”, mentre titoli, volumi e volumetti, spesso illusori e superficiali, si addensano sugli scaffali in libreria: Le fiabe in terapia: un approccio naturopatico, Fiabe in terapia familiare, Fiabe che curano, Ho bisogno di una storia, Il personaggio in terapia, La fiaba come strumento terapeutico, Guarire con una fiaba, Prova con una storia, Raccontare storie aiuta i bambini, sono solo alcuni titoli esemplificativi di un uso della “fiaba” che si appresta a diventare suo malgrado un farmaco pret-a-porter”).
Carlo Barburini, direttore della Fondazione Meyer, Paolo Cocchi, assessore alla cultura della Regione Toscana e Emiliano Fossi, assessore alle politiche culturali del Comune di Campi Bisenzio intervistati da Maria Serena Quercioli (Meyer: un progetto coraggioso: “Grazie alla sinergia di diverse realtà: Regione Toscana, Fondazione Meyer e Biblioteca di Villa Montalvo di Campi Bisenzio, Associazione Helios, nasce all’interno dell’ospedale una biblioteca pensata appositamente per i piccoli degenti”).
Anna Sarfatti (La fuga del morbillo: “Anche per coinvolgere più direttamente tutti i bambini, ho proposto loro una traccia per un testo scritto: “Scrivi una storia per un bambino o una bambina che sta male, per aiutarlo a sentirsi meglio”. A conclusione del testo ho chiesto di esplicitarne in sintesi il messaggio. Leggendo gli scritti dei 18 bambini presenti (di quarta elementare) ho avvertito il bisogno di interpretarli attraverso categorie, che ho definito come segue: la guarigione come mito, la lotta tra il bene e il male (2 testi); la guarigione miracolosa, l’intervento della magia (4 testi); la guarigione reale, medici e medicine (7 testi); la guarigione fantastica, il lato comico della malattia (4 testi); la guarigione per “distrazione”, ovvero parlare d’altro per sentirsi meglio (1 testo)”).
Sara Fedeli (Leggere in corsia: “A oggi in Italia la situazione delle biblioteche ospedaliere rivolte ai più piccoli non è delle più felici, quelle che possono veramente definirsi “biblioteche” – oltre a quella in corso di realizzazione all’Ospedale pediatrico Meyer di Firenze – non sono poi molte e risiedono nei maggiori ospedali pediatrici come il Gaslini di Genova, il Bambin Gesù di Roma, l’Ospedale Infantile Burlo Garofalo di Trieste e ovviamente la famosissima Biblioteca della Strega Teodora del Policlinico di Modena. In queste realtà il patrimonio librario è posizionato su scaffali adeguati alle esigenze della fascia d’età a cui si rivolge (solitamente 0-15), i volumi sono correttamente catalogati, i prestiti registrati su schede e l’apertura è garantita da personale addetto, bibliotecari o volontari con turni ben stabiliti”).
Nicolò Muciaccia, Paola Di Gioacchino (Lo scaffale volante: “Lo Scaffale Volante nasce da una doppia esigenza: quella di diventare punto di riferimento e sviluppo delle varie attività rivolte alla promozione della lettura presenti all’interno dell’ospedale, molteplici ma scollegate e discontinue, e quella di rappresentare la base di partenza per la realizzazione di una vera e propria biblioteca in ospedale, cosa che si sta concretizzando proprio in questi giorni grazie a un finanziamento della Regione Toscana e alla collaborazione con la Biblioteca Comunale di Campi Bisenzio e l’Associazione di volontariato Helios. Entrando nello specifico del percorso effettuato, la prima azione fatta, avvalendoci dell’aiuto della Biblioteca dei Ragazzi di Santa Croce di Firenze, è stata quella di scegliere dei temi che potessero interessare le diverse fasce d’età dei bambini in cura e individuare una serie di libri o da acquistare o da reperire attraverso il prestito interbibliotecario. Sono così nati e cresciuti gli scaffali su: i giocattoli; l’amico immaginario; paure, mostri e affini; streghe, maghi e fate; arriva Babbo Natale; principi e principesse; l’esperienza di malattia”).
Rita Borghi (Dal tempo vuoto al tempo del racconto: “Quando un bambino è in ospedale il suo rapporto con il tempo cambia. Le giornate – prima fitte di giochi con gli amici, di impegni scolastici e sportivi – si svuotano all’improvviso. In questo tempo sospeso, in uno spazio limitato e poco familiare subentrano la noia e forse anche l’angoscia. Paradossalmente, questo tempo vuoto può trasformarsi. Può favorire la fantasticheria, il disegno e la lettura che, di suo, ha bisogno di tempo e perfino di lunghi momenti di noia. A tutte le età, quando la malattia e l’ospedale rendono più acuta la percezione della nostra fragilità, leggere o ascoltare una storia aiuta a resistere alla desolazione e ci distrae, sia pure momentaneamente, dalla sofferenza. Molti lettori, invitati a raccontarsi, testimoniano della svolta imprevista che la scoperta di una biblioteca e l’incontro con un libro hanno dato alla loro vita”).
E ancora:
Teresa Porcella (Coraggiosamente domandarsi: “Quanto hanno a che fare il concetto di tramonto e quello di coraggio? È qualcosa che, al Festival internazionale di letteratura di Gavoi, dal 4 al 6 luglio 2008, “soli” grandi e piccoli hanno cercato di capire, leggendo, giocando, incontrando editori, studiosi, autori, attori e illustratori provenienti da tutto il mondo. Tra questi, tre autori tra loro diversissimi, eppure apparentati da uno stesso impeto etico e narrativo, hanno tracciato dei sentieri nel viaggio del coraggio che, insieme, ci va di ripercorrere. Tre autori celebri, i cui nomi, da soli, dicono di audacie e paure importanti, sempre bilicate tra progettualità e memoria, in un nodo che solo lo stare dentro il proprio esistere può determinare: Uri Orlev, Lia Levi, Alberto Melis”).
Francesca Brunetti (L’orto da… sfogliare: “La affermazione pronunciata da Libereso Guglielmi, il giardiniere della famiglia Calvino, in un’interessante libro-intervista di Ippolito Pizzetti, bene si attaglia alle recenti pubblicazioni del settore rivolte all’infanzia. Preziose alleate dei ragazzi nella cura quotidiana di orti e di giardini, esse si situano a metà strada tra il manuale e il libro di divulgazione scientifica e sono tutte accomunabili dal fatto di invitare bambini e ragazzi a “mettere le mani in pasta”, a sporcarsi con semi e terriccio, a passare dalla teoria alla pratica, dal leggere al fare”).
Gianfranco Zavalloni intervistato da Francesca Brunetti (Un vivaio di esperienze: “Se nel nostro paese “con il progresso, tutto è stato ritenuto superato, da buttare ”, oggi, grazie all’impegno determinante degli insegnanti, al sostegno delle pubbliche amministrazioni, alla promozione operata dalle associazioni – pensiamo agli “Orti in condotta di Slow Food” – si assiste al ritorno delle fattorie e degli orti didattici che offrono a bambini e adulti l’opportunità di riappropriarsi del rapporto con la Terra, quasi perso nella nostra civiltà. Per questo rappresentano un patrimonio prezioso di esperienze educative.”).
Angela Dal Gobbo (Il picturebook è una galleria d’arte?: “Di fronte alla domanda se scopo principale del picturebook sia l’educazione all’arte – affermazione che comporta una considerazione prioritaria del codice visivo – un numero cospicuo di esperti, essenzialmente di area anglosassone, risponderebbe senza esitazione in senso negativo. Scrive William Moebius: “Le immagini di un picturebook non possono sostenersi da sole; i testi del picturebook non funzionano quando sono estratti e inseriti in raccolte per l’infanzia. Immagini e testo operano vicendevolmente secondo una precisa sequenza, sono inseparabili durante la lettura”. È ormai riconosciuto che la caratteristica principale del picturebook risiede nel combinare parole e figure in modo da ottenere un prodotto di tipo superiore, unitario, dove il codice iconico non può reggere senza quello verbale. Questo avviene grazie alla natura sequenziale delle immagini dei picturebooks infatti Maria Nikolajeva ribadisce: “Diversamente dall’arte, i picturebooks sono sequenziali, acquistano significato esclusivamente tramite una sequenza di immagini. È perciò inutile studiare separatamente le immagini, esse devono sempre essere considerate come un tutto nell’interazione con le parole”).
Anna Antoniazzi (Contaminazioni mediatiche: “Se una lunga e perdurante impostazione critica ci ha spinto a pensare ogni singolo medium come strumento a sé stante e autonomo, oggi più che mai occorre guardare all’universo delle comunicazioni come a una rete complessa e interconnessa sulla quale scorre e si dispiega il continuo flusso delle informazioni e, come vedremo, delle narrazioni. Videogame, libri, film, animazioni, programmi televisivi, spettacoli teatrali, illustrazioni, musiche ecc. non sono fenomeni mediatici isolati, né tanto meno isolabili, perché contribuiscono – ognuno a suo modo – ad arricchire l’immaginario e a stimolare i processi cognitivi. Contaminazione, mescolanza, ibridazione rappresentano, infatti, in maniera sempre più rilevante le parole chiave dell’immaginario contemporaneo: la multimedialità limitata alla coesistenza di suoni, immagini e filmati si è evoluta in una forma di polimedialità che porta ad un utilizzo ibrido e non scomponibile di più tecnologie. Sono, in particolare, bambini e ragazzi a essere i veri depositari delle chiavi d’accesso del nuovo universo mediatico. Un universo nel quale le storie, le narrazioni, divengono sempre più importanti e partecipate”).
Marco Pellitteri (Il mito cartoon: “E oggi la mitologia nell’animazione orientale, sia essa canonica, inventata, o un misto delle due strategie, continua a procedere con successo, visti anche i recenti exploit al cinema di capolavori giapponesi come Princess Mononoke (134’, 1997) e La città incantata (124’, 2001) di Hayao Miyazaki, gioielli di fascinazione mitica, il primo radicato nella tradizione nipponica e vademecum in un certo tipo di tradizione, l’altro un sontuoso mescolamento di carte fra citazioni di Alice nel Paese delle Meraviglie e il folklore scintoista. Un segno che il mito, consistente non in un canone ipostatizzato ma nella continua riscrittura da parte degli uomini, è perennemente fonte di meraviglioso per le nuove platee di giovani e giovanissimi spettatori, parte attiva e integrante di questo processo di costante, cangiante rivisitazione”).
Franco Cambi (Cappuccetto Rosso: interpretazione polimorfa: “Dobbiamo all’impegno di uno dei più attenti studiosi del genere fiaba, a Stefano Calabrese, un’ostensione delle interpretazioni di un testo fiabico esemplare e “basico”, culturalmente trasversale e ricorrente, così da mostrare anche la ricchezza e la complessità di ogni testo fiabico. E proprio perché radicato nelle origini della cultura e ritessuto dei suoi paradigmi simbolici. Tale testo è Cappuccetto Rosso, che qui viene attraversato da uno sguardo archeologico (“Per capire quale sia stata la lontana genesi di Cappuccetto Rosso”, in S. Calabrese, D. Feltracco. Cappuccetto Rosso: una fiaba vera, Roma, Meltemi, 2008”).