Philip Pullman è uno dei più noti e originali scrittori britannici per ragazzi, ma si conferma anche nel nostro Paese come uno dei più amati e seguiti scrittori per ragazzi. Del resto le sue trame intelligenti, le sue storie coinvolgenti, i suoi personaggi suggestivi affascinano i lettori e i critici da tempo: anche il cinema si sta interessando ai libri di Pullman tanto che è stato girato un film tratto dal primo romanzo della sua trilogia fantasy Queste oscure materie.
La venuta di Pullman in Italia nella primavera del 2007 ha rappresentato l’occasione per chiedergli la disponibilità a rispondere ad alcune domande sulle sue opere e sulle sue scelte di scrittore. Pullman ha accettato cortesemente di rispondere alle nostre domande e, come si può leggere nell’intervista seguente, lo scrittore britannico ci offre alcune significative riflessioni sulla letteratura, sull’infanzia, sul senso dei suoi racconti.
Lei è uno dei più conosciuti scrittori britannici. I suoi libri sono tradotti in molte lingue e il suo romanzo La bussola d’oro è ora un film. Che cosa la induce a scrivere? Perché lei scrive? Perché lei inventa storie avvincenti e trame interessanti?
Io scrivo perché (come molti scrittori hanno detto) se io non lo facessi, diventerei pazzo o vivrei una vita da criminale o mi rovinerei la salute a forza di bere. Scrivo anche perché è la sola cosa che so fare. Io sono sinceramente e intensamente interessato al problema di come le storie funzionano e perché siano importanti; e una via per scoprire di più su questo argomento immensamente affascinante è proprio raccontare storie.
Quali generi di libri sono stati importanti nella sua vita?
Molti tipi differenti di libri. Dato il mio interesse per le storie, io sono naturalmente attratto da quei libri in cui è l’intreccio uno degli ingredienti importanti – la fiction di genere come quella che parla di crimine, o i libri che sono letti dai bambini – i bambini sono i più severi e ben informati critici di narrativa.
Ma amo anche la poesia, e divoro libri di divulgazione scientifica, di storia, biografie, letteratura e studi culturali, filosofia, religione…
Gli scrittori a volte affermano di scrivere per uno specifico modello di lettore. Quando lei crea i suoi molti personaggi e le sue storie, pensa a un particolare pubblico di lettori?
No. Voglio essere abbastanza chiaro su questo punto. Gli scrittori non hanno il dovere di specificare quale specie di pubblico vogliono. Tu semplicemente non puoi dire “Questo libro è per bambini di 10-12 anni”, o “Questo libro è scritto specialmente per le donne sentimentali di mezz’età”. Per me è arroganza dire ai lettori quale specie di pubblico tu supponi che loro siano. Noi non sappiamo a chi piacerà la nostra storia e in ogni caso è estremamente folle limitare il pubblico a un certo settore o a un altro, rispetto a un uditorio molto più ampio. Il modello che ho nella mente quando scrivo un racconto è quello del vecchio cantastorie nella piazza del mercato, che sta seduto sul suo piccolo pezzo di tappeto e che sta iniziando a raccontare una storia all’aria aperta, in competizione con l’ortolano, con il giocoliere posto laggiù, con il violinista presso la fontana, con i passanti, provando ad attrarre più gente possibile affinché tutti vengano e ascoltino. Chi vorrebbe escludere qualcuno? Io no di certo. Io voglio che tutti si fermino e sentano la mia storia, vecchi, giovani, donne, uomini, colti ed incolti, cavalli cani, piccioni – quanti più uditori possibili. Tengo in grande considerazione la presenza di bambini perché loro si accertano che io non tenti di impressionare il pubblico con la mia sola abilità letteraria tanto da dimenticare di raccontare la storia; e gradisco la presenza di adulti perché so che a loro dispiacerà se io ricado nei cliché o nello scrivere pigro o negli errori di grammatica (a dire il vero, di questi tempi non ci si aspetta più un’osservazione del genere; anche per questo ho un lettore immaginario che è un professore di grammatica e desidero che lui continui a leggere). E lo scopo di questo mio desiderio di includere tutti è semplice: fare in modo che quando arrivo alla conclusione della storia e faccio passare il berretto per le offerte, ci siano molte persone che si sono divertite abbastanza da stare sino alla fine e donarmi del denaro.
Una volta mi è stato chiesto “Che cosa vorresti che i lettori provassero, quando finiscono uno dei tuoi libri?” e la sola risposta che io ho saputo dare è stata “Quello che io voglio che i lettori sentano con più intensità, finendo uno dei miei libri, è il desiderio di uscire subito, per comprarne un altro”.
Queste oscure materie è una trilogia amata. La sua saga ha ispirato un film molto atteso. I lettori sono incantati dalle avventure di Lyra (la protagonista della trilogia). Forse la letteratura fantasy sa parlarci meglio di ogni altra fiction sui sogni e sui timori moderni?
Questo è un punto interessante.
Ma io porrei la questione in modo un poco differente e direi che la letteratura fantasy (in cui includerei anche la Bibbia, Omero, Dante, Milton) ci parla di paure e di sogni permanenti e antichissimi – ovvero ci parla di quelle cose che ci hanno reso umani molte migliaia di anni fa e che ancora ci rendono umani.
Quando ci evolveremo oltre l’umano (se non avremo distrutto il pianeta prima) potremo non aver più bisogno di letteratura; ma per il momento, il bisogno di racconti è ancora grande tanto quanto lo era 3000 anni fa, quando le prime storie che noi conosciamo sono state create.
Il 25 aprile scorso lei ha presentato la traduzione italiana del suo libro Il ponte spezzato durante la Fiera del libro per ragazzi di Bologna. Questo romanzo descrive una crescita difficile. La storia è ambientata in un luminoso e sorprendente Galles. Come in Queste oscure materie così in Il ponte spezzato il personaggio principale è una ragazza. Perché è spesso la giovinezza femminile il cuore dei suoi libri?
Poiché non sono mai stato una ragazza, sono libero di immaginare come può essere questa condizione. Molto di rado scrivo in prima persona, così il punto di vista del narratore non è esattamente quello del personaggio principale, sebbene il narratore sia privilegiato dal fatto di conoscere i suoi pensieri; c’è comunque sempre una leggera distanza. A me piace molto questo cosiddetto narratore “onnisciente”, questa anonima terza persona che non è né maschio né femmina ma entrambi, né vecchio né giovane ma entrambi, né saggio né folle ma entrambi, né ingenuo né smaliziato ma entrambi.
Il mondo di Lyra è assai simile all’età Vittoriana e a quella Edoardiana. Un altro dei suoi personaggi è Sally Lockhart: anche le avventure di questa giovane donna sono ambientate nell’età Vittoriana. Perché questo periodo ispira molti dei suoi libri?
Per tre importanti ragioni.
In primo luogo, la fotografia. Ci sono milioni di fotografie che ci mostrano esattamente come erano le persone, le vie, i palazzi, le vetture, le stanze in quel periodo. Immagina se noi avessimo le foto dell’Impero Romano! Ma la seconda metà del diciannovesimo secolo è il primo periodo a essere così riccamente documentato con tale cura visiva.
In secondo luogo, il linguaggio. Più noi andiamo indietro nella storia, più il linguaggio che la gente usava nella propria vita quotidiana differisce dalla parlata moderna. Se noi ritorniamo all’Inghilterra Shakespeariana, per esempio, noi non possiamo riprodurre correttamente in un romanzo la lingua di allora perché non conosciamo esattamente com’era, ma sappiamo che quella lingua era molto differente dalla parlata moderna: in effetti uno dovrebbe scriverne una traduzione moderna, e io ho trovato questa soluzione insoddisfacente.
Posso ritornare fino al tardo diciannovesimo secolo ed essere abbastanza sicuro che le parole dei miei personaggi nel dialogo sono parole ed espressioni che la gente di quel tempo poteva aver ragionevolmente usato.
In terzo luogo, mi piace proprio quel periodo. Ne apprezzo l’atmosfera e l’ambientazione.
Lyra, Sally, Ginny sono impegnate a svolgere un’investigazione: cercano la verità o almeno qualche frammento di verità. Può la detection essere una metafora della vita? La detection allude ai giovani impegnati a scoprire i segreti degli adulti?
Sì, e questo è davvero un punto importante, perché spiega il motivo per cui i bambini – dei bambini davvero piccoli – hanno seguito le avventure di Lyra attraverso tutte le complessità della disputa teologica e oltre. Gli adulti sono sorpresi dal vedere ciò, ma non dovrebbero esserlo; perché ogni bimbo, crescendo, è nella posizione di Lyra, la quale prova a tirar fuori la verità dalle cose che sono importanti per lei, proprio come fa ogni bambino. Del resto ogni genitore nasconde delle cose ai suoi figli e parte dell’esperienza di crescere consiste nel penetrare all’interno dei segreti degli adulti. I bambini seguono Lyra spontaneamente perché lei non capisce la verità sul suo mondo proprio come essi non capiscono tutte la verità sulla loro realtà. Ma i bambini sanno che lei riuscirà a scoprirla.
(da LiBeR 76)
Interview to Philip Pullman
by William Grandi
You are one of the most well-known British writers. Your books are translated into a lot of languages and your novel "Northern Lights" is now a film. What induces you to write? Why do you write? Why do you invent gripping stories and interesting plots?
I write because (as many writers have said) if I didn't, I would go mad, or live a life of crime, or drink myself to death. I also write because it's the only thing I know how to do. I am genuinely and passionately interested in the question of how stories work and why they're important, and one way of finding out more about this endlessly fascinating subject is to tell
them.
What kind of books has been important in your life?
Many different kinds. Given my interest in stories, I am of course attracted to the sort of books where story is one of the important ingredients - genre fiction such as crime, or books that are read by children - children being the most severe and knowledgeable critics of narrative. But I also love poetry, and I devour books of popular science, history, biography, literary and cultural criticism, philosophy, religion...
Writers sometimes affirm they write for a specific model of reader. When you create your innumerable characters and your stories, do you think about a peculiar reading pubblic?
No. I am quite clear about this. Writers have no business to specify the sort of audience they want. You simply cannot say "This book is for 10-12 year old boys", or "This book is written especially for sentimental middle-aged women", because those people might not like it at all. Telling the public what sort of audience you expect them to be is arrogance, to my mind. We have no idea who will like our story, and in any case it's foolish in the extreme to limit the audience to one sector or another of a much larger public. The model I bear in mind when I write a story is that of the old storyteller in the market place, sitting on his little piece of carpet and starting to tell a story in the open air, competing with the fruit and vegetable sellers, the juggler over there, the violin player by the fountain, the passers-by - and trying to attract as many people as possible to come and listen. Who would want to exclude anyone? Certainly not me. I want everyone stop and listen to my story, old people, young people, women,
men, educated people and those who are not educated, horses, dogs, pigeons - as many listeners as possible. I value the presence of children because they make sure I don't become so impressed with my own literary cleverness that I forget to tell the story, and I welcome the presence of adults because I know they will dislike it if I relapse into cliché or lazy writing or become careless with my grammar (actually, these days one can't expect that anymore; so I have an imaginary reader who is a professor of grammar, and I want to keep him reading). And the aim of this inclusiveness is simple: so that when I come to the end of the story and pass the hat round for contributions, there are as many people as possible who have enjoyed it enough to stay to the end and give me some money.
I was once asked "What do you want readers to feel when they finish one of yours books?" and the only answer I could think of was to say "What I want readers to feel most fervently, on finishing one of my books, is the desire to go out at once and buy the next one."
"His dark materials" is a beloved trilogy. Your saga inspired an eagerly awaited film. Readers are enchanted with Lyra adventures. Perhaps can Fantasy Literature tell us better than any other kind of fiction about modern dreams and fears?
That's an interesting point. But I'd put it slightly differently and say that fantasy literature (in which I would include the Bible, Homer, Dante, Milton) tells us about permanent, age-old dreams and fears - the things that made us human many thousands of years ago, and make us human still. When we evolve beyond the human (if we don't destroy the planet first) we might no longer need literature; but for the moment, the need is just as great as it was three thousand years ago, when the first stories we know about were written down.
On last 25th april you presented the Italian translation of your book "The broken bridge" during the Children's Book Fair of Bologna. This novel describes an awkward growth. The story is set in bright and surprising Wales. As in "His dark materials", so in "The broken bridge" the main character is a girl. Why is often girlhood the heart of your books?
Because I have never been a girl, and I'm free to imagine what it is like. I very seldom write in the first person, so the point of view of the narrator is not quite that of the main character, though the narrator is privileged to know her thoughts; there is always a slight distance. I very much like this so-called 'omniscient' narrator, this anonymous third person who is neither male nor female but both, neither old nor young but both, neither wise nor foolish but both, neither innocent nor experienced but both...
The world of Lyra is very similar to Victorian and Edwardian ages. An other your character is Sally Lockhart: her adventures are set in Victorian age. Why does Victorian period inspire a lot of your books?
There are three main reasons. Firstly, photography. There are millions of photographs that show us exactly what people, streets, buildings, carriages, rooms looked like at that period. Imagine if we had photographs of the Roman Empire! But the second half of the nineteenth century is the first period to be so richly documented in such visual detail.
Secondly, language. The further back we go in history, the more the language that people spoke in their daily lives differs from modern speech. If we go back to Shakespearian England, for example, we couldn't reproduce speech exactly in a novel because (a) we don't know exactly what it was like, but (b) we do know that it would be very different from modern speech, so in effect one would have to write a modern translation; and I'd find that unsatisfactory. The late nineteenth century is about as far back as I can go and be fairly sure that the words I give my characters in dialogue are words and expressions that people of that time could conceivably have used.
And thirdly, I just like it there. I like the atmosphere and the scenery.
Lyra, Sally, Ginny are busy doing with detection: they want the truth or at least some fragments of truth. Can detection be a metaphor about life? Does detection allude at young people busy showing grown-up people secrets?
Yes, and that's a very good point, because it explains why children - some very young children - have followed Lyra's adventures through all the complexities of theological argument and so forth. Adults are surprised to see this, but they shouldn't be; because every child, growing up, is in the position of Lyra, who is trying to find out the truth about things that are important to her, just as every child does. And every parent conceals things from their children, and part of the experience of growing up is the sense of penetration into adult secrets. Children go with Lyra willingly because SHE doesn't understand the truth of her world any more than they understand all the truth about theirs. But they know she's going to find out.
Philip Pullman