Possiamo immaginare un ragazzo al passaggio tra infanzia e adolescenza, tra scuola primaria e secondaria come una gru con il passo sospeso su una linea immaginaria, insicuro e indeciso a varcarla. A questa età avviene anche il passaggio dalla fiaba, come modello narrativo e immaginativo che conserva sempre l’eco del “c’era una volta” originario, all’avventura, ad ventura secondo l’etimologia latina, cioè le cose che verranno. Non più, però, l’avventura pura, salgariana, ma quella moderna, che presenta sempre forti implicazioni psicologiche e sociali: attraverso la narrazione e la lettura cresce, si forma e si trasforma il lettore che si identifica con il protagonista, perlopiù suo pari d’età, e contemporaneamente il racconto offre squarci di realtà sociale.
La narrativa di frontiera è come un bosco attraversato da due sentieri principali, quello dei generi fantastici (horror, giallo, fantasy, “rosa” come avventura femminile), e quello dei temi realistici (la memoria, l’altro, la scuola, lo sport, la guerra, l’ambiente, la disabilità, la malattia, la morte, ecc.). All’incrocio ci sono i “libri da ridere”, comici, umoristici, sempre cercati e poco trovati dai ragazzi.
Perché leggere? Per vivere di più: più emozioni, fantasie, passioni, ragioni, esperienze. Perché far leggere i ragazzi? Non per farli diventare più buoni e bravi (per questo non servono i libri, bensì modelli adulti positivi), ma per formarli come lettori, con il gusto della lettura. Poi, se sono bei libri con belle storie scritte bene, allora qualcosa rimane dentro.