Roma, Meltemi, 2008, 239 p.
€ 19.50
Una sintesi
La fiaba di Cappuccetto Rosso è presentata in questo volume alla luce dei più importanti contributi dell’antropologia, della psicoanalisi e della storia della lettura. I saggi tradotti rinviano agli elementi che maggiormente hanno stimolato analisi di volta in volta concentrate sul cappuccio rosso, il lupo, il cacciatore, la ritualità iniziatica, i codici morali che sono riconoscibili nel racconto. In particolare, nella introduzione al volume Calabrese si sofferma sul colore rosso e, attraverso una rassegna di studi antropologici e linguistici, giunge a definire il ruolo dei colori nell’epoca arcaica in cui le fiabe di magia cominciarono a prendere forma.
Lo studio di Saintyves suggerisce di interpretare la fiaba in termini di riti primaverili, per cui nella fantasia popolare il cappuccio rosso si assimila alla corona di fiori di una reginetta di maggio, ovvero la giovane protagonista di antiche cerimonie che a partire dal Medioevo si diffondono in alcune zone della Francia e dell’Inghilterra. Inoltre, il lupo è associato alle tenebre mentre il momento in cui Cappuccetto Rosso viene ingoiata corrisponderebbe alla fase del rito di maggio in cui la reginetta viene temporaneamente rinchiusa e nascosta in attesa dell’esito della battaglia tra le forze della primavera e quelle dell’inverno.
L’articolo di Dundes conduce un’ampia rassegna delle principali letture della fiaba in chiave psicoanalitica facendo riferimento agli studi freudiani sulla sessualità dei bambini, mentre la ricognizione storica di Zipes ripercorre le esperienze di Cappuccetto Rosso tra letture difformi a seconda del destino che le varie riscritture, contaminazioni di genere e adattamenti le hanno di volta in volta assegnato, non senza avere preventivamente riservato alla tradizione orale l’attenzione necessaria, riportando il folktale ricostruito da Paul Delarue sulla base di un racconto raccolto a Nièvres nel 1885 – riportato in Appendice accanto alle più note versioni di Perrault e dei fratelli Grimm.
Ebbene, proprio grazie alla rivisitazione della tradizione orale emergono inattesi dettagli cruenti e osceni che sembrano insinuare ragionevoli dubbi sulla vera identità di Cappuccetto Rosso.
Ma quali lati oscuri nasconderebbe il racconto della bambina indifesa ingoiata dal lupo? Rileggendo proprio la versione orale, La storia della nonna, si nota che Cappuccetto Rosso viene persuasa a ingerire la carne e il sangue della nonna che il lupo ha conservato nella dispensa dopo avere divorato la vecchietta. Un dettaglio cannibalico davvero inquietante che, aggiunto alla scena successiva, lascerebbe perplesso qualsiasi lettore convinto dell’innocenza della ragazzina: prima di raccogliere l’invito del lupo camuffato da nonna a coricarsi nel letto insieme a lei/lui, la fanciulla si toglie con cura ogni indumento in una scena facilmente assimilabile a uno spogliarello che solletica i desideri lascivi della bestia.
Altre perplessità sull’indole della bambina nascerebbero dall’astuto stratagemma con cui alla fine Cappuccetto Rosso riesce a sfuggire alla bramosia del lupo evitando di essere ingoiata e scappando dal letto con la scusa di dovere evacuare – un pretesto che peraltro si contrappone all’inghiottimento da parte dell’animale.
Ma è soprattutto a partire da un fatto di cronaca nera ambientato nella Francia del Settecento che forse si può ricostruire la vera storia di Cappuccetto Rosso. Infatti, nella sua analisi della fiaba Catherine Velay-Vallantin ricorre a documenti di archivio in cui si narrano numerosi episodi violenti accaduti nella regione francese del Gévaudan – nell’attuale dipartimento della Lozère – tra il 1764 e il 1767 a causa di una sorta di enorme lupo che divora soprattutto bambini e fanciulle mentre conducono gli animali al pascolo. Grazie ai suoi studi ci imbattiamo in una Cappuccetto Rosso di cui conosciamo anche i dati anagrafici: si tratta di Gabrielle Pélissier, diciassette anni, una giovane mandriana assassinata nell’aprile del 1765 nel giorno della sua prima comunione (allora le vesti della comunione erano rosse, non bianche). Stando al referto sarebbe l’ennesima vittima del lupo di Gévaudan, in realtà tale versione dei fatti non convince e lascia spazio a ragionevoli dubbi sulla possibilità che si tratti invece di un truce episodio di violenza domestica. Ecco la testimonianza giornalistica dell’epoca:
Dopo aver fatto la prima comunione, andò a pascolare le mucche a Champ-de-la-Dame. La accompagnava il padre, che rimase con lei tutta la sera. Ma poco prima del tramonto, le disse: “Non credo che la Bestia sia qui vicino. Di’ le preghiere da sola, nel frattempo inizierò il cammino e tu rientrerai con le mucche tra poco”. Il padre aggiunse qualche parola di incoraggiamento e se ne andò. Ma non appena si fu allontanato, la Bestia si avvicinò furtiva alla ragazza e la uccise. Probabilmente le sue mucche intervennero per difenderla, poiché il giorno seguente quasi tutte erano ricoperte dagli schizzi di sangue che la Bestia aveva lanciato.
Ora, è molto strano che il padre di Gabrielle fornisca una versione dei fatti in cui gli schizzi di sangue sugli armenti testimonierebbero il pasto furente di un lupo che strazia il corpo della povera ragazza. Un contadino di un piccolo villaggio avrebbe immediatamente capito che, nel momento di un eventuale assalto da parte della Bestia, le mucche sarebbero subito fuggite. Invece hanno continuato a pascolare, sono state così raggiunte dagli schizzi di sangue e non si sono sentite affatto minacciate da quella che per forza doveva essere per loro una presenza familiare: quella del padre della ragazza, prima stuprata e poi assassinata. Ed è stato sempre il padre il primo a guidare le ricerche verso la radura dove il corpo della giovane mandriana è stato ritrovato ricomposto in posizione rannicchiata, come se la giovane stesse dormendo; sicuramente l’unico a tranquillizzare la figlia prima di allontanarsi, asserendo con certezza “Non credo che la Bestia sia qui vicino”… Insomma. Una storia vera che viene riletta dai contemporanei come una fiaba, segnatamente la fiaba raccontata da Perrault mezzo secolo prima.
Indice
United colors: la fiaba come relitto narrativo Stefano Calabrese
Nota al testo e alla traduzione Daniela Feltracco
Cappuccetto Rosso, reginetta di maggio Paul Saintyves
Lettura psicoanalitica di Cappuccetto Rosso Alan Dundes
Esperienze e tribolazioni di Cappuccetto Rosso Jack Zipes
Cappuccetto Rosso tra fiaba, cronaca nera e letteratura per l’infanzia Catherine Velay-Vallantin
Appendice. Tre versioni di Cappuccetto Rosso
Bibliografia