Neil Gaiman
trad. di G. Iacobaci, E. Molho
Mondadori, 2007, 219 p.
(I Grandi)
€ 15,00; Età: da 14 anni
Il numero 44 di LiBeR dedicato al “raccontare in breve”, ha illustrato molto bene come il racconto breve, appunto, spesso riesca a incuriosire e attrarre il lettore, laddove il romanzo può stancarlo e allontanarlo. Se poi non piace, si può passare a un altro.
“I racconti brevi – spiega Gaiman – sono minuscole finestre che si affacciano su altri mondi, su altre intelligenze, su altri sogni”. O anche incubi, ma senza effetti speciali sanguinolenti e grandguignoleschi: la paura qui – secondo la cifra “nera” propria dello scrittore – è fatta di atmosfere, linguaggio, progressivi e impercettibili slittamenti dall’ordinario nello straordinario, fino a trovarsi in una dimensione altra, dove però le cose più strane finiscono per essere accettate dal lettore, con una sospensione dell’incredulità.
Gaiman, autore di stranianti albi illustrati con McKean (I lupi nei muri, Mondadori, 2003) e di incantevoli romanzi horror e fantasy (Coraline e Stardust, Mondadori, 2003 e 2004), qui raccoglie storie che vanno dal giallo al fantastico, dal sovrannaturale al surreale e all’umoristico.
I personaggi si muovono fra ordine e disordine, normalità e follia, come in un film di Tim Burton (La sposa cadavere e Nightmare Before Christmas). Jack è un bambino di otto anni allevato e istruito dai morti, nel racconto che dà il titolo al libro e ha un andamento dolente e corale, alla Spoon River, con improvvise accelerazioni nell’avventuroso intrecciato all’ultranaturale.
L’atmosfera sospesa genera la paura dell’altro, dello sconosciuto perturbante: un troll aspetta sotto un ponte di mangiarsi la vita che Jack gli ha promesso quando aveva sette anni; un ragazzo maltrattato dai fratelli scappa di casa, incontra un ragazzo morto, gioca con lui, decide di restare; un gatto ogni notte combatte a morte contro il Diavolo; due adolescenti capitano in una festa senza essere invitati, ma quelle bellissime ragazze sono strane: aliene? morte non-morte?; la vendita del Ponte di Ponti è una truffa leggera e frizzante come quella della fontana di Trevi; un cavaliere che sembra uscito da Indiana Jones e l’ultima crociata trova finalmente il Santo Graal in casa di una vecchietta che l’ha comprato a una fiera di beneficenza, ma non vuole darglielo.
Fernando Rotondo
(da LiBeR 77)