Le vicissitudini e le fortune del testo sono delineate con cura dal testo introduttivo di Walter Fochesato. Ad oggi ne sono disponibili sul mercato due edizioni: una edita nel 2001 dal Museo Etnografico Tiranese, illustrata da Marilena Garavanti e una dell’editore Viglongo, sempre del 2001, illustrata da Livio Apolloni.
Alla mostra hanno partecipato 35 fra i più importanti illustratori italiani dando così vita a una rassegna in cui si possono rintracciare livelli qualitativi e tendenze dell’illustrazione nazionale.
Claudio Anasarchi
Informazioni: Biblioteca civica Paolo e Paola Maria Arcari
Piazza Pievani, 1 - 23037 – Tirano (SO)
Tel. 0342/702572
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La recensione di Carla Poesio
Il catalogo della mostra svoltasi a Tirano nel centocinquantesimo anniversario della nascita del Prode Anselmo nella stessa città e nel centesimo anniversario della morte di Giovanni Visconti Venosta, autore della ballata, presenta una doppia offerta di fruizione.
Da un lato il vivace inserirsi del componimento poetico in un panorama italiano di versi e prose “di carattere beffardo, irriverente, antieroico”, come nota il curatore Walter Fochesato e le varie tappe della sua grande diffusione; dall’altra una serie di tavole che quei versi hanno ispirato a illustratori contemporanei. Per quanto riguarda il primo versante, Walter Fochesato, non nuovo al tema (si veda di lui "Le partenze di un crociato ovvero le fortune di un prode" in G. Visconti Venosta. Il prode Anselmo. La partenza del crociato per la Palestina, Torino, Viglongo, 1994) qui si è occupato con acuto senso e gusto della ricerca del contesto in cui nasce la ballata e ha affidato a Bruno Ciappi Landi il compito di documentare “la nascita e il divenire di un testo fortunato” con il supporto di un puntuale raffronto tra testo finale del manoscritto, versi cancellati e testo definitivo dell’edizione del 1904.
È sempre Fochesato che traccia un panorama sintetico ed essenziale dei nomi e degli esiti in versi e in immagini che derivano dalla famosa ballata. È un filone che, secondo Fochesato, afferma “all’insegna del sorriso, l’antiretorica e l’antieroe”, vi include, almeno in parte, Vamba, Fucini, Rubino, Renato Simoni, soffermandosi sul Guerin Meschino di Sergio Tofano col famoso refrain “Ma se è storia nota a tutti / raccontarvela perché?”e, nel secondo dopoguerra, Alfonso Gatto, Gianni Rodari, Adolfo Cagnacci, Mario Lodi, Roberto Piumini, Gek Tessaro. Pienamente valida la notazione di Fochesato che, pur se dedicata agli adulti, La partenza del crociato ha avuto gran successo anche tra bambini e ragazzi. La sua fortuna “si snoda – come nota l’autore di questa presentazione – tra libri e riviste, periodici per l’infanzia e fumetti, vignette umoristiche e cartoline, riscritture e citazioni”. Tra queste ultime ecco “Passa un giorno / passa l’altro / arriviamo a / Sant’Anselmo” del giovane Umberto Eco. Non mancano le riprese pubblicitarie e, tra queste, le cartoline per un prodotto antinausea da viaggio, come: “la sua bella che abbracciollo / Torna presto / disse e san / Poi gli mise / ad armacollo / un astuccio / Valontan”.
Il centocinquantenario ha ispirato a Fochesato l’idea di far scegliere a 35 illustratori d’oggi due versi del Visconti Venosta da illustrare con una tavola. In questo modo il succedersi delle immagini eseguite offre una continuità di lettura con intenzioni, spunti, coloriture diverse. Sono anche occasioni – sostiene giustamente l’ideatore della mostra – per creare confronti-sfida con le immagini del prode Anselmo create in passato da Mazza, Magrini, Sarzi, Apolloni e altri.
Sfogliando il catalogo si noterà che la vena umoristica ha, ovviamente, la maggioranza dei contributi. C’è l’umorismo che punta sul quotidiano opposto all’eroico come nell’elmo-caffettiera ideato da Simone Frasca, o l’umorismo tenero di Nicoletta Costa con la gualdrappa ricamata del cavallo e i due graziosi uccellini in bilico sulla lancia pronta al colpo, o l’umorismo caricaturale nell’Anselmo dalla longilineità esasperata di Antongionata Ferrari. Estrema e pungente è la modernizzazione di certi apparati, come l’armatura di Giulia Orecchia o l’uomo-locomotiva di Luigi Raffaelli. In Federico Maggioni c’è una pregnante composizione data dallo slancio minaccioso di braccia e mani verso l’alto davanti all’arma dell’esecuzione, tagliati orizzontalmente da una lunga gamba di Anselmo fuggiasco. Un senso di lunga, deprimente attesa del Crociato permea l’illustrazione di copertina di Ro Marcenaro. Il non ritorno di lui immaginato da Scarabottolo si avvale invece di un indefinito sommesso accenno a un arido deserto con pochi rinvenibili resti di chi è morto di sete. Di Andrea Rauch i due versi più materici, quelli del desinare rimesso, sono espressi con originali stesure di colori che s’intersecano in movimento convulso, giustificando così la cascata vivace e multicolore del cibo. Del talento di Gualtiero Schiaffino, di cui rimpiangiamo ancora la recente scomparsa, ci resta, tipica del suo stile, una tavola che è umorismo potenziato da una acuta invenzione grafica. L’armatura completa del Crociato da cui escono solo una mano che regge la lancia e due piedacci ignudi, altro non è se non un tetro elmo a campana, con due oblique fessure per gli occhi, un enorme paranaso e il forellino assassino ben visibile da una parte.
La varietà di modi con cui gli artisti hanno saputo rappresentare lo sfortunato Crociato forse accentuerà il dubbioso (malizioso?) interrogativo di molti, e cioè come una serie di versi buttati giù di getto, con l’intento di fare una burla, e limitati da un vivace spirito goliardico e da una saporita estemporaneità, abbiano avuto tanta durata nel tempo, tanta facilità di memorizzazione, anche in quelli più incapaci di mandare versi a memoria e tanta varietà di buone traduzioni visive come quelle che hanno caratterizzato la mostra di Tirano.
Carla Poesio
(da LiBeR 78)