In un’epoca che va di fretta è importante che il talento sia in grado di esprimersi: Marie-Aude Murail, autrice di Miss Charity, romanzo premiato da LiBeR come miglior libro del 2013, ce ne parla nell’intervista raccolta da Antonella Lamberti per LiBeR 102.
Ha detto una volta che il nome e cognome delle sue eroine hanno molto senso per lei. Qual è quello di Miss Charity Tiddler?
È un omaggio a Dickens. In Martin Chuzzlewit, uno dei personaggi, peraltro molto negativo, si chiama Charity, e sua sorella si chiama Mercy, proprio come una delle sorelline defunte della mia eroina. Inoltre, anche l'allitterazione “ty- ti” è proprio in stile dickensiano, basti pensare per esempio a Nicolas Nickleby. Infine, un certo numero di romanzi del mio autore prediletto sono intitolati al nome dell'eroe: David Copperfield, Oliver Twist, ecc. Questi solidi riferimenti – che di solito non vengono colti dal mio lettore - sono un punto di partenza per il mio immaginario.
Come ha scoperto Beatrix Potter? Ha conosciuto prima la scrittrice oppure i suoi libri? In altri termini, a incontrare Marie-Aude è stata prima Beatrix oppure Peter Coniglio?
Direi che ho incontrato dapprima l'autrice. Certo, nei primi anni '80 avevo comprato Peter Coniglio e Nutkin Scoiattolo a mio figlio bambino ma all'epoca preferivo Babar! Soltanto molto più tardi mi sono ricordata di un altro libro, che la mia migliore amica mi aveva regalato per i miei 30 anni: Le petit monde animal de Beatrix Potter, di Margaret Lane, una biografia dell'illustre autrice e illustratrice per ragazzi nata nel 1886. Ho riletto la storia della sua vita e per la seconda volta sono stata sedotta da tale personalità.
La ricostruzione storica è estremamente accurata in Miss Charity. Fino a che punto è importante dare informazioni storiche esatte?
Uno dei piaceri del romanzo storico, per lo scrittore, sta nella ricerca documentaria. È l'occasione per cambiare aria e visualizzare lo scenario nel quale vivrà per mesi. La caccia agli anacronismi, specialmente nei dialoghi, mi sembra l'accortezza minima da avere nei confronti del lettore, dal momento che ne ho anche di molto competenti, come il mio ex professore della Sorbona. E' capace di ricordarmi che nel 1834 la tale strada di Parigi non aveva ancora il nome che io le attribuisco! L'arte dello scrittore di romanzi storici sta nel far passare l'informazione via via, evitando di tenere una lezione di storia. E questo è ancor più necessario se il romanzo è scritto in prima persona. Miss Charity per esempio non ha motivo di mettersi a spiegarvi le caratteristiche dell'epoca in cui vive...
Il romanzo è apparso in Italia in un momento storico e culturale di triste e profondo regresso per la condizione femminile: uomini politici di rilievo che invitano pubblicamente le ragazze a cercarsi un marito ricco piuttosto che un lavoro; donne che, tra crisi economica e modelli culturali deleteri, tornano a fare le casalinghe o accettano lavori part-time che non le rendono autonome, e il tasso di occupazione femminile più basso in Europa. Le scelte di vita di una ragazza dell'Ottocento come Charity appaiono ben moderne, viste da quaggiù! Aveva pensato a questo aspetto, purtroppo non solo italiano, nello scegliere di raccontare questa storia?
Attraverso Charity ho voluto rendere omaggio alle coraggiose artiste che mi hanno aperto la strada e permesso che io stessa potessi diventare tale. Quando ho scritto Miss Charity pensavo a tutte le donne del mondo e al varco per l'emancipazione che devono aprirsi da sole. La “regola delle 3 S” (Sterline, Scellini, Soldi), che la sfrontata Charity oppone a quella delle 3 B (Bello, Buono, Bene) del suo editore benpensante, ricorda quanto l'indipendenza economica sia liberatrice di tutte le energie femminili.
Lei ci ha raccontato che deve sentire “un'urgenza” per essere spinta a scrivere. Quale tipo di urgenza le ha fatto scrivere Miss Charity?
Il talento di Charity, come quello di Beatrix Potter, impiega del tempo a sbocciare, per ragioni in parte legate al suo temperamento e in parte alla condizione delle donne nell'Inghilterra vittoriana. Nel nostro 21esimo secolo, in cui bisogna rivelarsi molto presto, schiacciare velocemente gli altri, epoca in cui viene chiesto cosa si vuol fare della propria vita quando ancora non si è vissuto per niente, mi sembrava urgente dire ai giovani: siate capaci di prendervi il vostro tempo, sappiate perdere tempo. Per avere poi, un giorno, la possibilità di trovare voi stessi. Anch'io sono un tipo dalla lenta maturazione ed ero una bambina molto interiore, parecchio inibita, diligente anche. E mi sono pienamente riconosciuta in Beatrix Potter, che è diventata poi per me miss Charity.
Pensa che ragazze e ragazzi d'oggi possano identificarsi con Charity? Cosa hanno in comune con lei e cosa, invece, li differenzia?
L'umorismo un po' acido di Charity, la sua autoironia, la difficoltà a esprimere i propri sentimenti, l'aspirazione all'indipendenza l'avvicinano sicuramente a certi adolescenti d'oggi, così come il suo blocco di fronte ad apprendimenti imposti. «A cosa mi servirà?» è una delle domande tipiche degli studenti. «Non trovavo interesse nel dire in francese o in cinese che io mi chiamavo come mi chiamavo e che avevo l'età che avevo» protesta la giovane Charity quando la sua istitutrice vuole insegnarle le lingue straniere. Per contro, come molti adolescenti di mia conoscenza, Charity è un'autodidatta. Adora imparare a memoria le tragedie di Shakespeare, osservare al microscopio gli sviluppi delle muffe o ricominciare dieci volte lo stesso ritratto ad acquerello di un corvo nella neve. Ciò che invece la distingue dai ragazzi d'oggi è l'estrema solitudine: le bambine vittoriane erano relegate nella nursery e le ragazzine venivano educate a casa propria da istitutori. Ma forse i miei giovani lettori le invidieranno la vicinanza con la natura e gli animali.
Una curiosità: quando il libro è stato pubblicato in Francia, il film Miss Potter (2006, regia Chris Noonan, interprete Renée Zellwerger) era già uscito nelle sale. L'aveva visto e, nel caso, ne era stata in qualche modo influenzata?
Ho appreso che il film stava per uscire mentre scrivevo il mio romanzo, cosa che mi ha innervosita perché avevo scelto di rifugiarmi nel 19esimo secolo proprio per essere sicura di non essere raggiunta dall'attualità. In effetti, il film ha avuto su di me un effetto doppio. Dal momento che il titolo del libro sarebbe stato poi lo stesso del film: Miss Potter, ho cambiato il nome della mia eroina! E inoltre mi sono ancor più nettamente allontanata dalla biografia di Beatrix Potter, per evitare ogni rischio di ridondanza con la sceneggiatura del film. Alla fine ci ho guadagnato una maggiore libertà.
Non ho voluto vedere il film che dopo aver terminato il libro. La storia sullo schermo è incentrata sull'amore tra miss Potter e il suo editore, il timido e affascinante Norman Warne. Io conoscevo, grazie a Margaret Lane, il triste finale della storia: i genitori di Beatrix che rifiutano l'idea di un matrimonio, Beatrix che, a 30 anni, si fidanza di nascosto... Ma nel corso dell'estate che segue tale fidanzamento, mentre lei è in vacanza con i propri genitori, una malattia fulminante colpisce Norman. E miss Potter non sposerà il suo editore. Neanche nel mio romanzo! Ma io risparmio una fine così triste all'editore di miss Charity, Marshall King. Se Charity alla fine non lo sposa è perché si rende conto che lo avrebbe fatto soltanto per sfuggire alla tirannia dei propri genitori: ragione certo non sufficiente per rendere infelice un uomo nel matrimonio!
Un fil rouge sembra attraversare le sue opere: i protagonisti, pur nelle loro diversità, si battono tutti per seguire i propri desideri e convinzioni. «Siamo tutti nel fango ma alcuni di noi guardano le stelle» è la frase di Oscar Wilde che Charity pronuncia nel romanzo. Può essere un invito per lettrici e lettori a non tradire mai le proprie aspirazioni anche quando sembrano di impossibile realizzazione? Ha un'altra citazione preferita?
Io penso di preferire ancora citare ai giovani il titolo di Susanna Tamaro Va' dove ti porta il cuore. È certamente un invito più dinamico!
(da LiBeR 102; traduzione di Antonella Lamberti)
Interview de Antonella Lamberti
à Marie-Aude Murail
Le prénom et le nom de vos héroïnes ont beaucoup de sens pour vous, dites-vous. Quel est celui de Miss Charity Tiddler?
C’est un hommage à Dickens. Dans Martin Chuzzlewit, l’un des personnages, d’ailleurs très négatif, se prénomme Charity et sa sœur, comme l’une des sœurs défuntes de mon héroïne, s’appelle Mercy. Par ailleurs, l’allitération ty-Ti est aussi tout à fait dans le style dickensien, comme dans Nicolas Nickleby. Enfin, nombre des romans de mon auteur de prédilection portent comme titre le nom du héros, David Copperfield, Oliver Twist, etc. Ces solides références – qui restent généralement inaperçues de mon lecteur – sont un point d’appui pour mon imaginaire.
Comment avez-vous découvert Beatrix Potter? Avez-vous d'abord connu l'écrivaine ou bien ses livres? En d'autres termes, est-ce d’abord Beatrix ou bien Peter Rabbit qui a rencontré Marie-Aude?
C’est plutôt l’auteure que j’ai rencontrée. Certes, j’avais au début des années 80 acheté Pierre Lapin et Noisy-Noisette à mon petit garçon, mais à l’époque, je préférais Babar! C’est bien plus tard que je me suis souvenue ’un autre que ma meilleure amie m’avait offert pour mes 30 ans: Le petit monde animal de Beatrix Potter, de Margaret Lane, biographie de cette illustre auteur-illustratrice pour la jeunesse née en 1886. J’ai relu l’histoire de sa vie et j’ai été pour la seconde fois éblouie par cette personnalité.
La reconstitution historique dans Miss Charity est très soignée. Jusqu’où importe-t-il de donner des renseignements historiques exacts?
Le plaisir du roman historique est – entre autres – pour l’écrivain dans la recherche documentaire. C’est l’occasion de se dépayser soi-même et de visualiser les décors dans lesquels on va vivre pendant plusieurs mois. La traque aux anachronismes, notamment dans les dialogues, est la moindre des choses vis-à-vis du lecteur, d’autant que j’en ai parfois de très savants, comme mon ancien professeur de faculté en Sorbonne. Il est capable de me rappeler qu’en 1834 telle rue de Paris ne portait pas encore le nom que je lui donne! Tout l’art de l’écrivain de romans historiques est de glisser l’information chemin faisant, en évitant de faire un cours d’histoire. C’est d’autant plus nécessaire si le récit est écrit à la première personne, Miss Charity n’ayant aucune raison de vous expliquer elle-même les particularités de son époque…
Le récit de la vie de Charity est paru en Italie dans un moment historique et culturel de triste et profonde régression pour la condition des femmes: des importants hommes politiques qui invitent publiquement les filles à se trouver un mari riche au lieu de chercher un travail; femmes qui, entre des modèles culturels mortifères et la grave crise économique, redeviennent des ménagères ou se contentent d'un travail à mi-temps et d'un salaire qui ne donne leur pas une réelle autonomie; le plus bas taux d'emploi féminin en Europe... Les choix de vie d'une fille du 19ème siècle comme Charity paraissent modernes, vus de chez nous! Aviez-vous pensé à cet aspect, malheuresement non seulement italien, quand vous avez choisi de raconter cette histoire?
J’ai voulu à travers Charity rendre hommage aux créatrices courageuses qui m’ont ouvert la voie et permis que je devienne créatrice à mon tour. Au moment où j’ai écrit Miss Charity, je pensais à toutes les femmes de par le monde et aux voies d’émancipation qu’elles doivent se frayer. La "règle du LSP" (L, S, P) que la frondeuse Charity oppose à la règle des 3 B (le Beau, le Bien, le Bon) de son éditeur bien-pensant rappelle combien l’indépendance économique est libératrice de toutes les énergies féminines
Vous nous avez expliqué un jour qu’il vous fallait ressentir une "urgence" pour être poussée à écrire. Quel est le type d’urgence qui vous a fait écrire Miss Charity?
Le talent de Charity, comme celui de Beatrix Potter, met du temps à éclore, pour des raisons liées en partie à son tempérament et en partie à la condition des filles dans l’Angleterre victorienne. Dans notre 21ème siècle où il faut se révéler très tôt, écraser les autres très vite, où on vous demande ce que allez faire de votre vie alors que vous n’avez encore rien vécu, il me paraissait urgent de dire aux jeunes: il faut savoir prendre son temps, il faut savoir perdre du temps. Pour avoir une chance de se trouver un jour. Je suis moi-même d’une maturation lente, j’étais une enfant très intérieure, assez inhibée, travailleuse aussi, je me suis pleinement reconnue en Beatrix Potter, qui devint pour moi Charity Tiddler
Pensez-vous que les filles et les garcons d'aujourd'hui puissent s'identifier à Charity? Qu'est ce qu'ils ont en commun avec elle et, au contraire, qu’est-ce qui les en différencie?
L’humour acidulé de Charity, son autodérision, sa difficulté à exprimer ses sentiments, son aspiration à l’indépendance la rapprochent très certainement des adolescents d’aujourd’hui, de même que son blocage devant les apprentissages imposés. "À quoi ça va me servir?" est une question récurrente chez les collégiens."Je ne voyais pas l’intérêt de dire en français ou en chinois que je m’appelais comme je m’appelais et que j’avais l’âge que j’avais" proteste en écho la jeune Charity quand sa préceptrice veut lui apprendre les langues étrangères. En revanche, comme bon nombre d’adolescents de ma connaissance, Charity est une autodidacte. Elle aime apprendre par cœur les tragédies de Shakespeare, observer au microscope le développement des moisissures ou recommencer dix fois la même aquarelle d’un corbeau par temps de neige. Ce qui la distingue des jeunes d’aujourd’hui est son extrême solitude: les petites filles victoriennes étaient reléguées à la nursery puis les jeunes filles éduquées chez elles par des professeurs. Mais mes jeunes lecteurs lui envieront peut-être sa proximité avec la nature et les animaux.
Simple curiosité: quand le livre est paru en France, le film Miss Potter (2006, réalisateur Chris Noonan, interprète Renée Zellwerger) était déjà sorti. Est-ce que vous l’aviez vu et si oui, vous a-t-il influencé?
J’ai appris que le film allait sortir quand j’écrivais mon roman, ce qui m’a énervée parce que j’avais justement choisi de me réfugier au 19ème siècle pour être sûre de ne pas être rattrapée par l’actualité! En fait, le film a eu un double effet sur moi. J’ai changé le nom de mon héroïne puisque le titre du livre allait être le même que celui du film, Miss Potter! Et je me suis plus nettement éloignée de la biographie de Beatrix Potter pour éviter tout risque de redondance avec le scénario. Au total, j’y ai gagné une plus grande liberté.
Je n’ai voulu voir le film qu’après avoir terminé mon livre. Il est centré sur la romance entre Miss Potter et son éditeur, le timide et charmant Norman Warne. Je savais grâce à Margaret Lane le triste dénouement de l’histoire. Les parents de Beatrix refusant l’idée même d’un mariage, Beatrix, qui a 30 ans, se fiance en cachette. Mais durant l’été qui suit ses fiançailles, alors qu’elle est en vacances avec ses parents, Norman est foudroyé par la maladie. Miss Potter n’épousera pas son éditeur. Dans mon roman non plus, mais j’épargne une aussi triste fin à l’éditeur de Miss Charity, Marshall King. Si Charity in fine ne l’épouse pas, c’est parce qu’elle se rend compte qu’elle voulait seulement, en se mariant, échapper à la tyrannie de ses parents. Ce qui n’est pas une raison suffisante pour rendre un homme malheureux en ménage!
Un fil rouge semble traverser toutes vos œuvres: les protagonistes, même dans leur diversité, se battent tous pour suivre leurs désirs et convictions. "On est tous dans la boue mais quelqu'un regarde les étoiles" c'est la phrase de Oscar Wilde que Charity prononce dans le livre. Je l'ai lue comme une espèce d'invitation pour vos lecteurs et lectrices à ne jamais trahir leurs aspirations même quand elles semblent impossibles à réaliser. Est-ce bien le sens que vous lui donnez vous aussi? Avez-vous vous-même une citation préférée?
Je crois que je préfère encore citer aux jeunes le titre de Susanna Tamaro Va où ton cœur te porte, C’est une invitation plus dynamique!