Intervista di Rita Valentino Merletti a Michaël Escoffier e Matthieu Maudet, autori di Buongiorno postino (Babalibri, 2012), il libro vincitore della quarta edizione del Premio nazionale Nati per Leggere per la sezione Nascere con i libri (18-36 mesi), dopo l’incontro con i piccolissimi ospiti del Salone del Libro di Torino.
Il Salone Internazionale del Libro di Torino, come ben sanno i suoi numerosissimi visitatori, non è un luogo tranquillo. L'edizione di quest'anno ha sorprendentemente registrato un nuovo record di presenze e di vendite di libri e l'allegro vociare tra gli stand è stato più alto del solito. Questa premessa non indurrebbe a ritenerlo luogo adatto alla presenza di bambini piccoli, anzi, piccolissimi, che non arrivano neppure a sbirciare i titoli dei libri ammassati sui tavoli. Da molti anni, tuttavia, il Salone riserva ai lettori del futuro uno spazio più tranquillo e appartato, quello dell'ampio stand che la Regione Piemonte dedica al progetto Nati per Leggere e al cui interno si alternano educatori, bibliotecari, attori, autori e illustratori che hanno il preciso mandato di intrattenere bambini (dai più piccoli a quelli appena un po' più grandi) leggendo o raccontando loro storie. Accompagnati (con visite concordate) da educatori o insegnanti o da genitori di buona volontà, i bambini si accoccolano su morbidi cuscinoni colorati e si pongono in ascolto.
Anche i due autori francesi Michaël Escoffier e Matthieu Maudet – convenuti a Torino per ricevere il premio Nati per Leggere a loro conferito – hanno incontrato gruppi di dieci-quindici bambini tra i due e i tre anni per presentare loro Buongiorno postino (Babalibri, 2012), il libro vincitore della sezione Nascere con i Libri per la fascia 18-36 mesi. L'impresa non appariva facile: i due autori parlavano in francese e i bambini, ovviamente, non li avevano mai incontrati prima. Eppure, con l'ausilio di una gentile traduttrice, il libro saldamente tra le mani e le immagini proiettate su un grande schermo, la magia dell'ascolto si è ancora una volta manifestata.
Dopo la lettura Matthieu Maudet ha coinvolto ulteriormente i bambini mostrando loro (e sollecitando la loro collaborazione) come si creano immagini digitali. Un perfetto esempio di integrazione tra nuove tecnologie e strumenti tradizionali (il libro, la voce) per comunicare con i bambini.
Al termine di una di queste suggestive performance ho posto alcune domande ai due autori.
Il vostro modo di lavorare con i bambini mi è parso perfettamente intonato al dibattito sul destino del libro nell'epoca di travolgenti innovazioni tecnologiche. Come vedete voi il futuro del libro?
Noi due, vista la nostra età, facciamo parte della generazione digitale e il nostro lavoro creativo si svolge completamente attraverso l'uso del computer. Non viviamo nella stessa città e quindi ci scambiamo idee e progetti in formato digitale. Generalmente io [n.d.r Michaël Escoffier] incomincio con lo scrivere una storia e la sottopongo a Matthieu il quale commenta, modifica, accende un dibattito sulla medesima.
Quando ci sembra che la storia funzioni Matthieu comincia a illustrarla e a quel punto si ripete lo stesso procedimento di modifica, commento e messa a punto fin tanto che non siamo entrambi soddisfatti del risultato complessivo. Lavoriamo in questo modo pensando che il prodotto finale sarà comunque un libro di carta; se lavorassimo in vista di un formato unicamente digitale adotteremmo altri criteri e il risultato non sarebbe il medesimo: la storia sarebbe diversa e il modo di raccontarla pure. Lo strumento informatico è per noi solo uno strumento, così come in passato potevano esserlo la carta e le matite colorate. Il futuro del libro ci sta molto a cuore e noi crediamo fermamente che sarà un futuro ancora di carta, specie per i libri per bambini.
Per noi è importante che il libro sia un oggetto e che in quanto tale possa essere usato dal bambino da solo, che si impegna a sfogliarlo o a “leggerlo” a modo suo, oppure condiviso con l'adulto.
In questi ultimi anni si discute molto sull'importanza dei primissimi anni di vita per il bambino, sulla necessità di offrirgli stimoli sempre più accurati e specifici per le sue capacità percettive e cognitive. Sotto questo profilo, quali sono secondo voi le caratteristiche che dovrebbero avere i primi libri da proporre ai bambini?
è un problema che ci appassiona molto, una vera e propria sfida che intendiamo affrontare nel prossimo futuro pur sapendo che fare libri per bambini al di sotto dei due anni di età è molto complicato. Il campo di riferimento delle loro esperienze è necessariamente limitato: si può parlare di mamma, papà, di un cane o di un gatto e non è facile con questi pochi elementi creare storie coinvolgenti. Nel percorso creativo svolto finora ci siamo orientati su bambini leggermente più grandi e non ci siamo quindi posti particolari problemi sul modo in cui i bambini percepiscono forme e colori. Abbiamo badato all'armonia e alla piacevolezza dell'insieme e poco ci siamo curati del fatto che, ad esempio, in uno dei nostri libri, un albero risultasse essere di colore blu.
Il tema di Buongiorno postino è di particolare rilevanza e voi lo avete trattato con sensibilità e leggerezza. Potete dirci come è nata l'idea di questo libro?
In linea di principio non partiamo mai da un tema specifico. Chiaramente alcune tematiche sono presenti nella nostra mente e suscitano il nostro interesse e sappiamo che in qualche modo dovranno far parte di un nostro libro, ma il modo in cui lavoriamo è per così dire rovesciato: solo quando ci rendiamo conto che uno schema narrativo, con relative illustrazioni funziona, il tema si precisa all'interno di esso.
Su Buongiono postino abbiamo lavorato per oltre un anno. L'abbiamo riscritto e illustrato almeno una ventina di volte e solo al termine di questo lungo processo è venuto fuori con chiarezza il fatto che in quello schema, con quei personaggi e con quelle illustrazioni, il tema dell'adozione funzionava bene.
Nei vostri libri il codice iconico e il codice verbale sono fortemente interrelati e presuppongono una elevata capacità di sintesi da parte del lettore.
Si, è vero, lavoriamo in questa prospettiva, nella consapevolezza che la capacità di comprendere una storia raccontata con le parole deve essere affiancata dalla medesima capacità di estrarre il significato dalle immagini.
Come avete cominciato il vostro lavoro di autori di libri per bambini?
Abbiamo un background simile: proveniamo entrambi da una scuola superiore di tipo tecnico-meccanico che non ci entusiasmava per nulla, al termine della quale Matthieu ha trovato risposta alla sua vera vocazione frequentando per tre anni una scuola per grafici.
Da parte mia ho cominciato a scrivere storie per bambini quando sono diventato papà. Accompagnavo mio figlio in biblioteca e mi rendevo conto di non sapermi orientare nella vasta produzione di libri per bambini che mi veniva proposta e all'interno della quale scorgevo solo una piccola percentuale di libri che consideravo davvero belli e ben riusciti. L'incontro con Matthieu Maudet e la collaborazione che si è stabilita all'interno dell'Ecole des Loisirs ha determinato una svolta nelle nostre rispettive carriere. Abbiamo pubblicato insieme, fino a oggi, una decina di libri, tradotti in molti paesi del mondo: Cina, Corea, Stati Uniti, Germania, Norvegia, Italia e molti altri.
A che punto è la promozione del libro per l'infanzia in Francia?
Cominciamo con il dire che i grandi mezzi di informazione non ne parlano affatto. Nessun programma televisivo (se non in brevissimi spazi all'interno di programmi per bambini) parla di libri. In compenso c'è una grande diffusione di festival e fiere.
Matthieu e io viaggiamo quasi costantemente sul territorio francese per incontrare bambini all'interno di queste manifestazioni. Spesso, prima dell'evento-fiera, siamo chiamati dalle scuole e incontriamo i bambini nelle loro classi e in contesti più tranquilli. Alle fiere si va principalmente per acquistare i libri che si sono così conosciuti e per avere la firma dell'autore.
è molto confortante constatare ogni volta come questi eventi letterari siano così vivaci e partecipati. è un segnale che dà molta fiducia sul futuro del libro: la gente accorre anche affrontando lunghe distanze per incontrare i libri e i loro autori.
(da LiBeR 99)