La famiglia è una rete che impiglia, che libera o ambedue? Sicuramente è il nostro primo marchio di fabbrica e il segno che lascia è decisivo per la nostra formazione, attraverso forme sia d’omologante assorbimento che di ribelle reattività. Una via senza risposte facili. Eccetto che per Mamma Orsa …
“Scegliemmo gli orsi perché possono stare eretti, stanno bene con i vestiti indosso e sono divertenti da disegnare”. La pensarono proprio giusta in quel lontano 1962 Stan e Jan Berenstain - all’epoca già cartoonist di successo ma per adulti - a optare per questi animali quando decisero di creare una serie di storie per bambini. E poiché in mente avevano di divertire i loro due figli chiamarono la neo famigliola con il proprio cognome: Berenstain. Da allora è stata un’inarrestabile freccia in su: più di 250 libri pubblicati, 240 milioni di copie vendute, una serie tv negli anni ’80 - trasmessa da noi su Italia 1 - e numerosi premi, fra cui nel 1995 il Children’s choice award. Intorno ai loro orsetti si è ovviamente formato un sito con giochi e attività, la cui traduzione italiana è www.famigliaorsetti.it nell’area del Battello a vapore: è infatti Piemme che ne cura la pubblicazione degli albi illustrati nel nostro paese, con il titolo seriale, appunto, di Famiglia Orsetti.
Stop. Per il bene ho già detto abbastanza. Ora spiegherò perché, pur nella loro innegabile simpatia grafica, non sopporto questi celebri orsi, che se all’epoca in cui furono creati potevano avere una loro plausibilità oggi risultano desueti, antiquati e penosamente consoni a modelli che non esistono più se non negli stereotipi letterari. Piacciono ai più piccoli? Per forza: sono buffi, mostrano vicende tipiche del quotidiano e raccontano di quel mondo disgustosamente “perfetto” già trasmesso loro da pubblicità alla Mulino Bianco. Dove ci sono sempre un padre e una madre (e nun ce frega di chi è orfano o vive situazioni familiari più complesse), un figlio e una figlia, tutti belli e sani, pienamente soddisfatti della loro vita conformista e alieni da moti creativi o ribelli che facciano intravedere una via diversa dalla meschina adesione ai cliché del perbenismo borghese.
Quattro, così distribuiti, sono pure i nostri Orsetti. Papà è il classico giuggiolone che, sulla falsariga del matriarcato aggressivo tipico dei fumetti USA, obbedisce remissivo alla moglie, benché sia lui a guidare l’auto e a leggere il quotidiano. Anche dei figli il più scapestrato risulta il maschio, mentre al vertice di ogni saggezza c’è la madre, l’indottrinatrice della famiglia, che conduce ferma e sicura verso l’addomesticamento totale. Già a vederla, con quel camicione e la berretta in testa, si capisce subito la sua unica vocazione: la casa; tant’è che se legge un libro è sulle piante e quando per un po’ si mette in affari apre un negozio in cui vende le proprie coperte. La sua fantasia è pari a zero: tutto per lei si risolve in una misura di pratica opportunità e insipido buonsenso, che zelante trasmette, anzi impone ai figli per risolvere le varie situazioni. Ogni albo infatti (finora ne sono usciti 26, per i 3-5 anni) propone una questione comportamentale, che lei scioglie con la sua consueta finezza. In casa si guarda troppa tv? Basta un’astinenza forzata di una settimana: alla fine ciascuno avrà trovato altre forme di svago (Papà Orso la pesca, temo con grave disappunto dei pesci…). C’è confusione in cameretta? Eccola riorganizzare quello spazio un po’ troppo vivace in un angolo-Ikea, “meno avventuroso”, ma “più pratico e… meno rischioso!” (Facciamo ordine?, p. 32, del 2004 come il resto della serie). Esemplare Non si mangia con le mani!, che certo la psicologa Chiara Cabrini non ha letto prima di scrivere la sua nota per i genitori (ogni libro ne presenta una): difatti lei sostiene che le regole devono essere stabilite insieme dai genitori, con punizioni che, non “troppo severe e sproporzionate”, offrano al bambino l’occasione di “comprendere ciò che ha fatto” (p. 1). In casa Orsetti invece l’orsa prescrive il proprio Codice anche al marito, esautorato del tutto nell’autorità, e quanto alla coerenza-proporzionalità tra fatti e “castighi” vedete un po’ voi nella tabella elaborata da questa Mater Terribilis…
E poi vi meravigliate se odio la famiglia Orsetti?
Selene Ballerini
(da LiBeR 66)