Esiste una città nella città. Il paesaggio urbano nel quale siamo immersi quotidianamente, credendo di conoscerlo nei minimi dettagli, da solido può farsi rarefatto, mutevole. Ci sono edifici e interi quartieri che semplicemente non abbiamo mai frequentato, strade ignote mai percorse, ma non solo di questo si tratta. L’intera città può scomparire, lontana e dimenticata, quando siamo concentrati a fare qualcosa di interessante nel chiuso delle nostre case, o quando ci troviamo fisicamente altrove. Esiste anche una città (ma è sempre della stessa che parliamo: quella che ci vive dentro e intorno, la nostra porzione addomesticata di mondo) invisibile agli occhi, concreta solo nella nostra immaginazione, popolata da palazzi sontuosi, principi d’Oriente e oggetti magici.
E poi, dappertutto nella città, ci sono i noi e ci sono gli altri, quelli che “quando cominciamo a conoscerli di più, diventano un po’ meno altri”, amici e sconosciuti che incontriamo e un attimo dopo congediamo. Il loro esserci o non esserci può modificare anche il modo di percorrere una stessa strada: genitori apprensivi ci rallentano l’andatura; gli amici che ci danno appuntamento in piazza si scatenano insieme a noi in giochi e corse. Con stupore e curiosità, possiamo rivisitare la città come la mappa di un paesaggio dell’anima, dove è la nostra esperienza che cambia, non la realtà che “può essere visibile quando la scopri. Oppure invisibile, se decidi di non andarla a scoprire”. Ci si può perdere senza bisogno di andare lontano (di cambiare città, per esempio) e questo è un albo che senza retorica, con parole misurate e illustrazioni leggere, parla in egual misura all’esperienza concreta, all’immaginazione e ai sensi. Una voce amichevole e gentile, prendendoci per mano, ci allena ad aprire finestre per cercare fuori, ci convince che essere capaci di smarrirsi nel mondo – per un attimo, per gioco – può essere il modo migliore di guardarsi dentro.
Fausto Boccati (da LiBeR 133)
La città nascosta
Luca Tortolini,
ill. di Victoria Semykina
Edizioni corsare, 2021, 36 p.
€ 18,00 ; Età: da 5 anni
I dolori, le difficoltà della vita, gli inciampi, i conflitti, le contingenze invalidanti del corpo, gli strappi degli affetti sono topic che la grande letteratura da sempre ha messo in scena a conforto degli umani, dei fruitori di storie, di chi va nei giorni incerti con incertezza e domande. Ogni grande storia lo ha sempre fatto riuscendo a stendere uno spazio, uno slargo fra la narrazione e chi ascolta. Si tratta di una distanza che chi legge può riempire di pensiero, di un pensiero che accende altri pensieri sul mondo e che apre comprensioni e rinnova domande. Anna Woltz mette in scena, qui, due dolori che finiscono per incrociarsi: da una parte lo strazio per avere perso l’animale amato, dall’altra un andare nei giorni, nel crescere, rapportarsi e mutare, segnato dalla presenza dell’epilessia. Dei due inciampi, questa autrice capace, fa motore narrativo, nucleo da cui si generano azioni, vicende, fraintendimenti. Le voci narranti dei due protagonisti si alternano nei capitoli. È l’inizio dell’anno scolastico ed entrambi si trovano nella stessa nuova classe, senza conoscersi. Entrambi sono spaesati, impauriti, diffidenti, entrambi elaborano una strategia di sopravvivenza al cambiamento, entrambi si guardano attorno: Parker osserva Sven e pensa che sia un prepotente; Sven assiste incredulo alle esibizioni di Parker e trova che sia completamente svitata. Non si sopportano, si evitano, si guardano con ostilità. Chi legge si trova ad assumere alternativamente la prospettiva dell’uno e dell’altra e ad avere, in questo modo, maggiori informazioni rispetto a quelle di cui ogni protagonista è in possesso; ciò rende interessante la lettura che diventa un gioco di ricostruzione di fatti e antefatti in cui il lettore è ingaggiato. La traduzione di Anna Becchi, ancora una volta, ci rende una lingua ricca e precisa e un costruirsi di frasi e periodi che danno ritmo e agio alla lettura.
Nicoletta Gramantieri (da LiBeR 133)
Alaska
Anna Woltz;
trad. di A. Patrucco Becchi
Beisler, 2021, 180 p.
(Il serpente a sonagli)
€ 15,50 ; Età: da 11 anni
La piccola casa editrice cremonese Timpetill ha pubblicato un nuovo albo di Emma Giuliani, dove ritroviamo Elena e Elio alla scoperta di un nuovo ambiente naturale. È un litorale dove il paesaggio costiero è caratterizzato da dune, nel mare si vedono le orche, ci si può imbarcare per una spedizione oceanografica: è senz’altro un mare nordico. Ma la geografia qui è piuttosto un modo di esplorare la relazione complessa con l’ambiente naturale marino e, per estensione, con tutto il pianeta. La direzione specifica della scoperta, le direzioni multiple della conoscenza sono esemplificate dalla sovrapposizione di finestre che svelano piccoli testi scientifici di una ricchezza lessicale stupefacente. Il repertorio linguistico di questo albo offre grandi possibilità didattiche e lo rende adatto a lettori di tutte le età, soprattutto dalla primaria in poi. Il tono è quella di una serietà giocosa che si rivolge al desiderio e al bisogno dei bambini di abitare consapevolmente il pianeta e di nominarlo con esattezza, per poter essere autori di scelte e narrazioni che ne decidano il destino. Il libro contiene mondi di relazione: le figure e il lessico si rivolgono al molto piccolo (insetti, minuscole piante) ma anche al grande degli equilibri fra sistemi complessi (onde, sopravvivenza, ecologia del pianeta) con la stessa precisione a conferire differenze e dignità alle cose. La ricchezza lessicale dell’albo, l’attitudine gentile e seria, l’orchestrazione di più livelli di lettura verbo-visuale informano il progetto: poeticamente rivolto a nutrire una “ecosaggezza”, per usare la bella espressione di Rosa Tiziana Bruno, di cui bambini e ragazzi si dilettano con profonda serietà e vivifica meraviglia. L’albo ha un sapore enciclopedico ma anche un respiro narrativo e poetico, nella possibilità di una lettura cadenzata e approfondita ma anche di un’esplorazione a più livelli di paesaggi e immagini che ci immergono nell’elemento naturale che forse più di tutti provoca il nostro sentimento del sublime. L’invito forte, dichiarato, a salvaguardare il mare è contenuto nel complessivo incanto che il volume restituisce: un poetico mandala marino delle infinite relazioni e narrazioni che il mare contiene, evoca e rappresenta, di cui siamo parte anche noi.
Marcella Terrusi (da LiBeR 133)
Al mare
Emma Giuliani
Timpetill, 2021, 14 p.
€ 25,00 ; Età: da 5 anni
Dietro allo pseudonimo Rohan O’Grady si cela la canadese June Margaret O’Grady Skinner (1922-2014). Uccidiamo lo zio è il romanzo con cui nel 1963 conobbe il successo, rinforzato dalla trasposizione cinematografica realizzata da William Castle.
Il libro fu oggetto di severi attacchi, tacciato di amoralità e immoralità e dimenticato fino a quando Bloomsbury non lo ristampò nel 2010.
Giunge per la prima volta in Italia con la casa editrice WoM, la cui vocazione è rianimare la letteratura contraddistinta da comico e humor nero che è stata dimenticata. Ci sono libri che abbisognano di un accompagnamento perché circolino: Uccidiamo lo zio potrebbe essere penalizzato da un eccesso di prudenza dei mediatori per l’aspetto inquietante della sua copertina, ma attenzione: questo romanzo potrebbe far sbocciare più di un lettore! La commedia nera della O'Grady riecheggia tendenze della cultura popolare statunitense e britannica negli anni '60, scrive Rebecca A. Brown, ricordando che spesso la giustapposizione apre la possibilità di una svolta comica in presenza di orrore o terrore. Complotti omicidi diventano fonti di piacere oscuro e comico per i lettori maturi, poiché confondono le categorie socialmente e filosoficamente costruite, ma risultano altrettanto coinvolgenti per lettori che si stanno allontanando dall’età d’oro, in cui il bene e il male si spostano, insieme ai movimenti ondivaghi della pubertà. Le prime tre parole del romanzo "'Bugiardo! Bugiardo! Bugiardo!'” ci catapultano in un stato di attenzione: i due protagonisti – Barnaby e Christie – bisticciano. Poco lontano, il primo ufficiale e il commissario della barca che li porterà sull’isola in cui si svilupperà l’intera vicenda, annunciano la fine della pace sul lembo di terra in cui sbarcheranno le due pesti, le cui azioni hanno messo in pericolo vestiti, persone, animali e persino la navigazione. Il lettore non immagina che si tratti solo di un preludio a un’escalation che li vedrà progettare dei crimini, uscirne indenni e liberi tenendo in pugno, mediante il ricatto, chi di loro si preoccupa.
La O'Grady diverte, scompiglia, sconvolge senza intenti pedagogici, portandoci nella finzione crossover attraverso una scrittura superba, magnificamente tradotta da Matteo Pinna.
Francesca Romana Grasso (da LiBeR 132)
Uccidiamo lo zio
Rohan O'Grady;
trad. di M. Pinna
WoM, 2021, 312 p.
(Neri)
€ 21,50 ; Età: da 12 anni
Primo albo interamente illustrato e scritto da Claudia Plescia, Solo cani nel Far West ci trasporta nel selvaggio West in una storia alla “spaghetti western” popolata unicamente da cani, di tutte le razze e di tutte le taglie: “Ci sono solo cani nel Far West. Clima torrido, strade polverose, neanche l’ombra di un misfatto” – sentenzia lo sceriffo John Baffoni di El Perrito. Ma le cose non stanno proprio così: un misterioso forestiero si aggira in città, troppo silenzioso per essere un cane … sarà lui ad aver rapito la soave Dolly P.? E perché ha un passo così felpato? In più, che cosa ha in mente la famigerata banda di Pomerania dei fratelli Borsetta? A metà tra il fumetto e l’albo illustrato, il volume è uno spasso dall’inizio alla fine: gli occhi rimangono incollati alle pagine, non smettono mai di scoprire nuovi particolari e dettagli buffi e curati. L’autrice infarcisce il racconto e le immagini con riferimenti e gag che vanno a costruire una sottotrama ricca e mai banale e che il lettore può divertirsi a scovare leggendo e rileggendo il libro. Illustrazioni a piena pagina e strisce da comic book si susseguono; sempre dal fumetto viene preso a prestito l’ampio uso di onomatopee, balloon e giochi di inquadrature a sottolineare i momenti clou della narrazione. L’autrice usa una palette di colori sui toni del blu, dell’ocra e dell’arancione e le immagini, come anche i dialoghi frequenti, rendono il ritmo del racconto veloce, dinamico, frenetico. Impossibile non lasciarsi conquistare da questi cani cowboy come dagli stessi nomi ed epiteti usati: “Banca e notaio Bassotti”, “Hasta la vista baffo!”, “la tribù dei cani Spazzolati”. Una vera parodia del far west in stile “canino”. Insomma, botte da cani, inseguimenti, risse tra indiani e cowboy, saloon, il rapimento di una gentil donzella, un misterioso personaggio sono solo alcuni degli ingredienti di questo mix vincente. Il vero punto forte del libro è che il risultato non è affatto eccessivo ma comico, divertente, gradevole e termina con un sorprendente ritorno alla realtà.
Giulia Romauldi (da LiBeR 132)
Solo cani nel Far West
Claudia Plescia.
Risma, 2021, 36 p.
€ 16,00 ; Età: da 4 anni
Star bene nella propria pelle. Un modo di dire che come una porta si spalanca su questioni complesse. Un rapporto positivo con la propria identità e il proprio aspetto è una conquista spesso meta dell’età adulta, più difficilmente raggiungibile nell’adolescenza quando corpo e identità attraversano mutamenti continui. Cosa accade poi se “la pelle” dentro cui viviamo non corrisponde ai canoni estetici imposti? Essere un’adolescente nera, come Maleeka, la protagonista di questo romanzo, è già un’esperienza complessa, ma anche all’interno del gruppo degli studenti afroamericani della sua scuola Maleeka è diversa. Diversa perché il tono della sua pelle è più scuro di quello dei compagni e delle compagne e il pregiudizio, la percezione di una scala di valore e adeguatezza si applicano in tutte le sfumature della pelle umana.
Maleeka è troppo nera, troppo poco alla moda, troppo poco allineata nei gusti e, come troppo spesso capita da adolescenti, spreca energie per plasmarsi e ricevere l’approvazione dei coetanei, ottenendo soltanto di sentirsi più fragile e buttando via il suo potenziale. In questa storia, però, c’è un’insegnante, miss Saunders, decisiva nella vita della sua alunna come lo sono stati altri grandi insegnanti narrati dalla letteratura, ma in un modo nuovo e tutto suo. È brusca, provocatoria, a tratti persino sgradevole. Sgradevole appare anche esteticamente ai suoi alunni con il suo corpo e la sua pelle lontani dal canone estetico, eppure si piace. Non è finita in una scuola “difficile” perché la vita non le ha offerto di meglio: ha lasciato una situazione economicamente privilegiata per scelta, per insegnare proprio lì. Sa cos’è il talento, perché ne ha, e sa riconoscerlo. Lo vede in Maleeka e non ha alcuna intenzione di lasciarlo sprecare. The skin I’m in è una storia semplice e insieme potente che parla di razzismo, pregiudizio, stereotipi in modo complesso, ricco di sfumature, con una visione “da dentro” con grande autenticità e nessuna retorica;è anche una grande storia di crescita, di relazioni e di scuola, di ciò che la scuola dovrebbe davvero essere: occasione per trovare e coltivare talenti, accendere passioni, costruire identità solide e un luogo dove poter star bene. Star bene nella propria pelle.
Alice Bigli (da LiBeR 132)
The skin I’m in
Sharon G. Flake;
trad. di M. Bastanzetti
Giunti, 2021, 160 p.
(Link)
€ 14,00 ; Età: da 15 anni
Se giocassimo a individuare il soggetto portante di questo romanzo della brava Emanuele Nava avremmo vita facile: il protagonista compie un percorso di superamento della rabbia e della paura che lo stanno attanagliando (i cui motivi non riveleremo). Ma, ben per noi, non siamo impegnati in un noioso laboratorio di soggettazione e, quindi, possiamo prendercela comoda e abbandonarci all’esperta guida dell’autrice che, con andatura lieve e gradevole, ci porta a spasso tra luoghi e atmosfere della Grande Mela, che fanno da sfondo ai molteplici itinerari tematici presenti nel testo, tutti percorribili attraverso i moti d’animo, le passioni, i quotidiani crucci e le gioie della famiglia Amato. Bob Amato, sedicenne narratore in prima persona, italo-americano di terza generazione, vuol fare l’attore, è appassionato di teatro shakespeariano e sogna un esordio a Broadway, non prima di aver frequentato un imprescindibile corso all’Actors Studio. Per tirare su un po’ di soldi, durante le vacanze estive il ragazzo lavora in una caffetteria italiana, tipico locale newyorkese, dove prevalentemente si serve caffè americano, si cucinano spaghetti scotti (a proposito, nell’ultima pagina ci sarà svelato un trucco per la loro cottura al dente) e può succedere di capitare vicino al mitico Joe Pesci, all’opera su un tiramisù. La sorella, tredicenne alle prime cotte e la madre vedova, in procinto di iniziare una nuova storia d’amore, vivacizzano le giornate di Bob; ma è soprattutto Govinda, indiano senzatetto, con l’aspetto e la dignità del professore universitario (forse lo è stato in una precedente vita), che passa le sue giornate nei pressi della fermata della metro, consumando pasti che riceve in dono e praticando yoga su un tappeto di cartone, il vero maestro spirituale di Bob. Sull’onda di una curiosa combinazione tra sapienza shakespeariana e culto di Ganesha, Bob potrà spaccare la noce di cocco, simbolo dell’“Io”, e liberarsi dagli ostacoli che si frappongono al raggiungimento della sua felicità. Il tutto inframmezzato da alcune celeberrime colonne sonore di New York, che colgono Bob in piacevoli “luoghi comuni” della città, da Broccolino a Central Park, mentre la attraversa con l’incedere di un novello folletto Puck.
Riccardo Pontegobbi (da LiBeR 132)
Shakespeare a New York
Emanuela Nava
Feltrinelli, 2021, 140 p.
(Feltrinelli kids)
€ 12,00 ; Età: da 13 anni
“Chiamatemi Barbato” – dice ai giovani nella piazza di Barge nelle Langhe, in una domenica di settembre 1943 l’uomo in groppa a un cavallo bianco in divisa di ufficiale di cavalleria, basco militare in testa, stivali lucidi, baffi curati. Scende, estrae dallo stivale una baionetta e traccia una lunga linea per terra: “Da questa parte si sta tranquilli… ma complici dei fascisti… Da quest’altra, invece, si prendono le armi e si fanno solo due cose: si uccide e si viene uccisi… Mussolini l’hanno fatto scappare. È finita una guerra, ora ne comincia un’altra”. Si chiama Pompeo Colajanni, siciliano, e sarà uno dei più valorosi comandanti della Resistenza. Un altro ben vestito con occhiali da professore seduto al caffè che leggeva un libro raduna i volontari e li avvia al campo dei ribelli. È Emanuele Artom, ebreo, ed è davvero un professore, poi catturato dai nazisti e morto dopo 13 giorni di torture. È raro trovare in un libro per ragazzi un incipit così folgorante ed epico che ti prende e ti costringe ad andare avanti. Il prosieguo non è da meno. Le azioni sono quelle della lotta partigiana che conosciamo, la forza del romanzo risiede anzitutto nei personaggi. Di Barbato e Artom si è detto e riassumono nelle figure del guerriero e dell’intellettuale il tipo ideale di partigiano, cittadino in armi per la patria e la libertà. Gli altri, a metà tra invenzione e realtà, sono contadini, operai, borghesi, sbandati, anche poco di buono. Spiccano Cosetta e Astolfo, figli di un conte che non ama i comunisti, ma ancor meno tedeschi e fascisti, e aiuta i partigiani a cui si uniscono i due ragazzi (17 e 15 anni). E il rock’n’roll che c’entra? Lo spiega Astolfo a Barbato: “…entro pochi anni la vera rivoluzione la farà la musica e i ragazzi come noi useranno la musica per cambiare il mondo”. Ponti, sceneggiatore e regista, e Hill, autore di venti libri per ragazzi, hanno preso spunto dal saggio La Resistenza perfetta di Giovanni De Luna, che in una breve postfazione sottolinea come la ricerca storica abbia bisogno dell’interpretazione letteraria, la sola capace di colmare con il racconto delle emozioni e passioni la necessaria freddezza della ricostruzione scientifica.
Fernando Rotondo (da LiBeR 132)
R, Ribelli Resistenza Rock 'n Roll
Marco Ponti,Christian Hill
Feltrinelli , 2021, 186 p.
(Up)
€ 14,00 ; Età: da 13 anni
Fin dalla copertina – dove campeggia una scarpa (con calzino e caviglia) così grande da allungarsi fino alla quarta – questo albo si presenta felice, straripante di una dose perfetta di assurdo e infanzia. Proiezione futura, pretesto del contare, un gioco di scale che racconta le iperboli dell’immaginazione. Le parole e le pagine si dilatano, perché quando si sogna si sogna grande, anche se poi i sogni richiedono dettagli precisi e persino previsioni numeriche per essere ben sognati. Quante cose farò da grande? Moltissime, 1, 2, 3 , 4, in ordine, come vogliono i grandi per dire che nei libri si impara persino l’aritmetica. Ma soprattutto le cose che desidero io, che cresco insieme ai desideri, sempre con un passo, un numero, una quota in più.
L’albo è stampato con perizia, su bella carta opaca. L’autrice polacca e la provenienza editoriale del libro, giunto dalla francese Helium a Sole 24 ore Cultura, offrono un saggio di cosa sia l’editoria per l’infanzia al suo meglio: l’arte di catturare infanzia, gioia e narrazione del mondo per restituirle vive e guizzanti in un oggetto di design. La struttura narrativa ad accumulo, che può trovare magnifica realizzazione nella forma degli albi illustrati e della poesia, è qui riuscita e divertente. Le illustrazioni ad acquarello sono il corpo visivo del gioco dell’immaginazione, riempiono lo spazio, moltiplicano le forme, richiamano il sogno, il disegno infantile, l’art brut: hanno un sapore vintage (viene in mente Diciotto l’orsacchiotto di Irina Hale apparso nella Tantibambini di Munari…), ma soprattutto trasmettono la sicurezza dello stile di Maria Dek e la sua cultura illustrativa, che combina la cultura narrativa e iconografica polacca con quella britannica. Un albo appena uscito, che sembra già classico, che incoraggia i lettori a sognare grande grandioso e crescente. Il senso dell’assurdo, di cui Gianni Rodari ricordava l’importanza in educazione, è qui collegato al gusto dell’invenzione, del racconto, della deformazione fantastica. La molteplicità poi, se sensata e affettuosamente rappresentata come in questo caso con linee oblique e dinamiche e tante sfumature, invita anche a pensarsi tutti felicemente e orgogliosamente imperfetti. La voce narrante, allegramente perentoria, consegna un vero protagonismo al lettore: un libro che fa ridere, sognare e stare bene, ancora più raro e prezioso, di questi tempi.
Marcella Terrusi (da LiBeR 132)
Quando sarò grande
Maria Dek
Il sole 24 ore cultura, 2021, 48 p.
€ 16,90 ; Età: da 6 anni
Uscito in occasione del settantacinquesimo anniversario della Repubblica Italiana, questo piccolo libro è il racconto emozionante e coinvolgente di un periodo fondamentale della nostra storia: quello che va dal secondo dopoguerra al referendum tra Monarchia e Repubblica del 2 giugno 1946, e che passa per il suffragio universale che diede per la prima volta il diritto di voto anche alle donne, che ancora prima del referendum poterono partecipare alle elezioni amministrative. Un mondo che ai ragazzi e alle ragazze di oggi può sembrare lontano anni luce - quando invece non è passato neanche un secolo - e che nella sua quotidianità è stato raccontato dalla voce degli anziani; un mondo che adesso rischia di sparire, assieme a loro. Storie come questa, che parlano della vita di tutti i giorni assieme ai grandi fatti, diventano ancora più importanti, perché mettono in luce il legame indissolubile tra questi due piani, micro e macro, e riempiono di vita la Storia, togliendola dal rischio di rimanere solo materia di scuola o festività da calendario. Qui la Storia è raccontata attraverso le storie di donne comuni, quella della protagonista, Matilde, delle altre componenti della sua famiglia – la nonna Cesarina, la mamma Armanda, la sorella più piccola Luciana – e delle amiche e conoscenti del piccolo paese della campagna toscana in cui vivono. Donne diverse, per generazione, età, sogni, ideali e idee, anche politiche, ma che iniziano a sentire, tutte, attraverso il voto, la propria libertà e autodeterminazione. E mentre Matilde fa i primi passi verso la sua “nuova vita”, i giorni scorrono tra i ricordi ancora vivi della guerra appena finita, la scuola lasciata in quinta elementare per andare a lavorare, la voglia di studiare, leggere e imparare, i film con il cinegiornale, il primo fidanzato, il sogno di vedere per la prima volta il mare. Otto capitoli, accompagnati da altrettante illustrazioni in bianco e nero dal tratto deciso che sembrano prese da vecchie fotografie dell’epoca, per restituire perfettamente, attraverso i piccoli e grandi eventi, l’atmosfera di quotidianità e straordinarietà di quegli anni.
Eléonore Grassi (da LiBeR 132)
Il primo voto di Matilde
Fulvia Degl'Innocenti,
ill. di Gioia Marchegiani
Settenove, 2021, 88 p.
(Narrativa)
€ 15,00 ; Età : da 12 anni
Nella nota in calce a La mia vita dorata da re Jenny Jägerfeld, Premio Astrid Lindgren ma ancora sconosciuta in Italia, ringrazia così Sara Acedo per la sua copertina: “Non fa nulla se ci hai piazzato una zebra senza che nella storia ce ne fosse una, all’inizio. Così ho avuto il pretesto per infilarcela”. Scomodare Gianni Rodari può apparire scontato o eccessivo, ma trova una giustificazione nel fatto che il filo conduttore del romanzo è l’uso ripetuto del binomio fantastico: basta scorrere l’indice dei capitoli per trovare, fra gli altri, un “gatto siamese con interessi musicali che cerca cavallo dotato di buon senso dell’umorismo” o ancora “due segreti e un coccodrillo volante”. Da questo gioco scaturiscono il Grand Hotel di famiglia che ha come unico ospite un improbabile regista, l’app per animali solitari in cerca di amicizia, il nano da giardino che si racconta su Instagram, il nonno inventore del burrostick e dell’appallaneve, la nonna che veste leggings zebrati, viaggia in Corvette rossa decapottabile e non vuole essere chiamata nonna (e nemmeno mamma) per non essere sminuita come essere umano. In questo contesto Sigge, 12 anni, un occhio strabico e una passione segreta per il pattinaggio artistico, racconta per filo e per segno il piano messo a punto per lasciarsi alle spalle la solitudine e la derisione vissute a Stoccolma: nei 49 giorni che lo separano dall’inizio della scuola nel paesino in cui si è trasferito con la mamma e le sorelline, nascerà un nuovo Sigge, popolare e sicuro di sé, anche grazie all’uso sapiente e generoso di sigarette di cioccolato e di gomme da masticare all’arancia. Fra il vecchio e il nuovo Sigge si mette di mezzo Juno, coetanea dai capelli blu e autrice di uno scatto compromettente che rischia di mandare a monte tutto, ma la scomparsa provvidenziale della tartaruga Carolina sembra rimettere a posto le cose. A dare, però, una nuova direzione al percorso di Sigge ci pensa nonna Charlotte, donna libera e anticonformista che lo aiuta a vedere le cose da una prospettiva diversa: “Però questa storia di piacere agli altri… – riflettè la nonna – Non sarà un po’ sopravvalutata? Se invece sei tu a volerti bene, quello sì che è l’inizio di un amore che dura tutta la vita!”
Serena Marradi (da LiBeR 132)
La mia vita dorata da re
Jenny Jägerfeld;
trad. di L. Cangemi
Iperborea, 2021, 352 p.
(I miniborei)
€ 16,00 ; Età : da 10 anni
L’impavido Joey è innanzi tutto uno scoiattolo felice, ed è questo a fare di lui Lucky Joey.
Ma cosa rende “lucky” (fortunata) un’esistenza? Qualcosa di molto semplice e speciale insieme: la gioia di poter fare quello che piace.
Joey si alza molto presto la mattina, e dopo aver fatto colazione va a lavoro. È contento perché ama il suo lavoro. Attenzione: Joey non fa l’astronauta e nemmeno il cercatore di tesori, il suo è un lavoro normale, che potrebbe dare le vertigini, ma non per il successo.
Joey fa il lavavetri sui grattacieli più alti della città, e mentre sale, strofina, lucida e asciuga gli capita di incorrere anche nelle prepotenze di chi ha denti aguzzi e poco ingegno. La fortuna di Joey non è solo quella di fare un lavoro che gli piace e di amare da sempre Lena, la sua vera fortuna è anche quella di poter trascorrere del tempo con il signor Grizzly, un vecchio amico. Il signor Grizzly è un orso che ribalta, con la sua gentilezza, tutte le maldicenze sugli orsi, per di più vecchi.
Quel che il signor Grizzly raccomanda al piccolo Joey è di non dimenticarsi mai di seguire i propri sogni.
Accade così che a volte si finisca coi piedi per aria, e che i prepotenti vincano una mano. È una storia lieve e coraggiosa insieme, quella del piccolo scoiattolo, e ancora una volta Carl Norac, poeta e narratore belga, ha saputo mettere insieme tutti gli ingredienti per regalarci una storia in cui poesia e avventura si cedono il passo l’un l’altra perché entrambe necessarie a fare di una piccola storia una bella storia. La ricetta segreta che viene consegnata ai lettori è semplice ma di sicuro successo: i sogni non vanno mai fatti ad occhi chiusi, bisogna avere fiducia in se stessi e soprattutto negli amici. Un bel libro, anche nel formato, più grande del solito, che dà spazio alla bellezza delle illustrazioni di Stéphane Poulin, che ha saputo equilibrare perfettamente il piccolo con il grande, l’arroganza dei più forti con la mitezza di chi sa vivere di piccole cose in una città che li sovrasta e che il piccolo Joey e Lena sanno guardare dall’alto senza farsi venire le vertigini, continuando a sognare insieme.
Agata Diakoviez (da LiBeR 132)
Lucky Joey
Carl Norac,
ill. di Stéphane Poulin;
trad. di T. Babled
Babalibri, 2021, 36 p.
€ 18,00 ; Età: da 6 anni
Forse non è un caso, ma il periodo del lockdown, che ci ha costretto a stare chiusi nelle nostre abitazioni, ha coinciso con l’uscita di proposte editoriali dedicate agli spazi architettonici come Il libro delle case straordinarie. La pubblicazione nasce con un intento preciso: “Sono innumerevoli le storie in cui compaiono edifici meravigliosi, dai libri illustrati per l’infanzia ai romanzi” – scrive Seiji Yoshida, che afferma di esserne rimasto affascinato e di averli pensati, immaginati e riprodotti nei minimi dettagli attraverso il disegno. Così propone al lettore di intraprendere il percorso in senso contrario: di partire dalle abitazioni per immaginare una storia. Davanti ai nostri occhi si palesa un ricchissimo album di case uniche, appartenenti a epoche e località geografiche diverse, create appositamente per risvegliare lo stesso stupore che provavamo da bambini di fronte alla casa di Heidi o a quella di Pinocchio. È ricco e vario il repertorio di abitazioni nel quale ci imbattiamo sfogliando le pagine di questo libro difficilmente classificabile, un misto di fiction e non fiction di assoluto godimento estetico. Case che riflettono i loro abitanti. Dal faro del malinconico guardiano, alla torre di pietra con le feritoie abitata dai pastori georgiani, rifugio sicuro in caso di incursioni nemiche, al cottage su un grande lago, buen retiro di un meccanico taciturno e del suo cane. Tutte le case sono raffigurate nei minimi dettagli e proposte anche attraverso semplici planimetrie che suggellano la loro esistenza, rendendole quasi verosimili. Così il “laboratorio del botanico eccentrico”, la “sala macchine del minatore”, la casa laboratorio dell’orologiaio, per citare solo alcune delle abitazioni, sono lì per essere esplorate e per stimolare l’immaginario di chi vi si avvicina. Ma c’è di più: l’autore dedica un terzo del libro alla spiegazione delle tavole illustrando i procedimenti che hanno portato alla realizzazione delle figure. Dai primi schizzi ai bozzetti fino alle colorazioni delle vedute emerge la complessità del processo di lavorazione e di revisione dei disegni, un vero e proprio spaccato del lavoro dell’illustratore. Nel complesso siamo davanti ad un unicum da non lasciarsi sfuggire.
Francesca Brunetti (da LiBeR 132)
Il libro delle case straordinarie
Seiji Yoshida
L’Ippocampo, 2021, 128 p.
€ 15,00 ; Età: da 7 anni
Un avvio letterario incoraggiante per Lisa Lundmark, svedese classe 1988, che in patria si è guadagnato il Premio Slangbellan 2018, conferito dall’Associazione degli scrittori svedesi, e il Premio Nils Holgersson 2018, attribuito dall’Associazione delle biblioteche svedesi. Un romanzo che, dichiaratamente, attinge ai ricordi d’infanzia dell’autrice, spronata da genitori e insegnanti a parlare più forte, farsi valere, alzare la mano, andando contro la sua naturale propensione. “Jenny lo squalo parla dei bambini silenziosi. Quelli timidi e taciturni”, dichiara Lundmark nella prefazione, e a loro esprime solidarietà, sottolineando che vanno bene così e che non devono sentirsi obbligati a diventare più “coraggiosi” o ad “affermarsi”. Jenny si sente a suo agio in fondo all’aula, non è interessata ad alzare la mano per dire la sua, non intende mettersi in mostra. E tutto questo non significa che sia triste o dolce o che abbia dei problemi. Vorrebbe semplicemente essere lasciata in pace, come gli squali, “a cui piace nuotare da soli in mare, e mai nessuno osa attaccar briga con loro”. Adora leggere, andare in biblioteca, osservare e ascoltare, stare da sola o confidarsi con il nonno. E anche se il maestro pensa che non abbia amici, Jenny un’amica ce l’ha: Amina, che vive nel suo palazzo ed è brava a disegnare.
Nonostante ami esprimersi con un sussurro, la voce di Jenny risuona forte in queste pagine ricche di meditazioni e osservazioni personali. Il suo pensiero grida, così come la sua rabbia, portando il lettore a immedesimarsi nelle sue fatiche. Come superare le interrogazioni, l’open day, il colloquio con i genitori e le prove che mettono in agitazione una persona introversa come lei? Jenny un giorno entra nel Mondo marino e incontra per la prima volta uno squalo vero. Da quel momento qualcosa cambia in lei, una nuova consapevolezza prende forma. Non rimane che farlo capire a tutti gli altri e l’occasione potrebbe presentarsi proprio durante una gita al grande acquario. La storia è intervallata dai disegni fantasiosi e dal tocco umoristico di Charlotte Ramel, in cui l’azzurro marino è l’unico colore a emergere. Un accompagnamento perfetto che stempera la serietà dell’argomento e contribuisce ad affrontarlo con la dovuta leggerezza.
Francesca Tamberlani (da LiBeR 132)
Jenny lo squalo
Lisa Lundmark,
ill. di Charlotte Ramel;
trad. di L. Barni
La Nuova Frontiera Junior, 2021, 128 p.
€ 13,90 ; Età: da 7 anni
Scrivendo de La fisica degli abbracci di Anna Vivarelli non si può non partire dall’incipit. “A nove anni sono entrato a Cambridge e a undici mi sono laureato. A dodici anni tenevo un corso al Trinity College sulla teoria dei campi e mi specializzavo in fisica delle particelle. A quattordici anni, sette mesi e sette giorni sono morto”.
L’incipit – e lo stile – sono tutto, come ha magnificamente mostrato Luigi Lo Cascio nel suo Ogni ricordo un fiore, dove ne ha immaginati 230 per uno scrittore sospeso tra occasioni perdute e infiniti sogni, inizi.
Eppure da questo incipit-prologo che introduce in prima persona il protagonista – Will Malvasi, sedicenne dal quoziente intellettivo iperbolico, che per riposarsi conta i numeri primi e ha ereditato dalla propria famiglia e dal mondo tanta ricchezza quanta assoluta deprivazione affettiva e inadeguatezza alla socialità – la narrazione prende vie inaspettate.
“Niente è come sembra” – direbbe lo sguardo incommensurabile di Franco Battiato. Da dove parla allora quella voce? Dal limbo in cui come altre simili è rinchiusa? Risuonano così le note de Il dramma del bambino dotato di Alice Miller e del film Il mio piccolo genio di Jodie Forster, con l’ironia de Il giovane Holden.
E a sorpresa il racconto procede in terza persona, affiancando a quello di Will il personaggio in apparenza diversissimo di Dora, signora rumena cinquantenne in Italia per prendersi cura di un’anziana insopportabile, lavoro per il quale non userò la logora parola. Perché Vivarelli vuole sventare stereotipi. Sarà Dora con la sua intelligenza emotiva, coi suoi ricordi d’infanzia, col suo pianto una volta a settimana per il figlio perso in carcere, col suo amore per il cibo fatto in casa, a tirar fuori maieuticamente dal ragazzo la sua vena più umana, la sua capacità di prendersi cura di lei. A questo si aggiungeranno un professore indiano premio Nobel e una professoressa di vaglia, che osserva: “siamo prodigi importuni”. I cattivi menomale resteranno tali, come i genitori di Will, “la vecchia” di Dora e la di lei figlia.
Unico nello stile, attento a ogni singolo dettaglio dei personaggi, il romanzo di Vivarelli sa anche dirci in filigrana di questi nostri tempi senza abbracci, il pericolo più grande.
Maria Grosso (da LiBeR 132)
La fisica degli abbracci
Anna Vivarelli
Uovonero, 2021, 153 p.
( I geodi)
€ 14,00 ; Età: da 11 anni