Novità di maggio
Novità di maggio
Il numero Sei di Quarantotto approda alle Case dei Topi
La tua stella polare - in libreria
Tornano in libreria le collane di divulgazione
Fin dall'antichità la costruzione di nuovi ponti ha rappresentato per gli uomini una doppia possibilità: quella di fare nuove scoperte e conoscenze ma anche di incorrere in conflitti e divisioni: Vinicio Ongini, nel suo articolo Piccoli costruttori crescono, pubbblicato su LiBeR 123, riflette sulle prime tecniche di progettazione e costruzione dei ponti nel passato, che rimandano alle strategie attivate dai bambini nella quotidianità per realizzare piccole e grandi opere ingegneristiche nel vero senso della parola. Dunque con quali storie si possono costruire ponti? con quali combinazioni? Secondo Ongini esistono veri e propri personaggi ponte, condivisi, portatori di materiali interculturali e di molteplici appartenenze, che diventano elementi di unione. Personaggi come questi sono Giufà, Cenerentola, i Folletti, il Lupo. Anche il crossover narrativo, ovvero quel processo di attraversamento che nel marketing editoriale diventa fenomeno multigenerazionale, può essere definito letteratura-ponte? Ne parlano Stefano Calabrese e Valentina Conti, che riflettono su uno dei tratti più evidenti del mercato editoriale globale, ossia la difficoltà di distinguere oggi modelli estetici e in particolare letterari per adulti o per l'infanzia. Il loro contributo si intitola Crossover e letteratura-ponte e si concentra sulle nuove forme narrative ibride legate all'adolescenza - età che viene vista dall'origine come l'unione degli opposti, il "ponte" in cui tutto interagisce con tutto - caratterizzate dall'accavallamento dei codici di genere, come accade per esempio nei film della Pixar, dove il linguaggio della pop art si creolizza con l'immaginario disneyano. Illustrazioni di Roberto Abbiati.
Convegno organizzato dal Centro regionale di servizi per le biblioteche per ragazzi toscane, Comune di Campi Bisenzio, Regione Toscana, Biblioteca Tiziano Terzani, LiBeR
Campi Bisenzio, Teatrodante Carlo Monni, 18 novembre 2021
Nei video seguenti, la registrazione del convegno
Incontri con personaggi notevoli di tutti i tempi
Un progetto – curato da Vinicio Ongini e realizzato da Idest – in collaborazione tra Comune di Campi Bisenzio con la Biblioteca Tiziano Terzani, Sezione Soci Coop di Campi Bisenzio e LiBeR, con il sostegno di Unicoop Firenze.
I genitori di Bombo-Lardo hanno messo subito le cose in chiaro con lui: “Niente feste qui da noi!” nemmeno per il compleanno, e così è stato, finché … mamma e papà non sono finiti in salmì e zia Adelina lo ha adottato. Da lei il porcellino Bombo-Lardo riceve, per i suoi nove anni, un bellissimo vestito da cow-boy (con tanto di lazzo), torta e candeline (una per ogni anno!). La zia prepara anche una cenetta speciale, poi se ne va a lavorare. Ed è in questo frangente che in Bombo-Lardo cresce la smania di una festa “come si deve” aperta a chiunque passi di lì. Maurice Sendak torna a mettere in scena – con chiarezza da manuale – una dinamica precisa che prende avvio da un bisogno profondo, naturale e istintivo legato all’affermazione di sé: come Max nel Paese dei mostri selvaggi Bombo-Lardo viene trasportato da un sentire che cresce cresce cresce e divampa senza freni, nonostante – o meglio: proprio perché – c’è accanto a lui una presenza solida, che lo ama profondamente, ne rispetta un certo grado di libertà e cucina per lui.
È la presenza di un adulto interessato e responsabile, infatti, che fornisce una base sicura da cui muoversi verso il mondo, anche in chiave oppositiva, per affermare “Io sono, e sono come mi pare!”. Sendak questo lo ha colto benissimo: osservava con attenzione le relazioni interpersonali e ne ha svelato aspetti spesso celati, come quelli che si annodano nei momenti di rottura emotivi dove si squilibra la capacità di autoregolazione personale e uno slancio iniziale assume una forma smodata, smisurata, sregolata – una sorta di finimondo (così la bravissima Lisa Topi ha ammodernato la ridda selvaggia di Antonio Porta). La voglia di festa, che ha covato inascoltata per anni, travolge Bombo-Lardo che, di nascosto da zia Adelina, inviti orde di maiali per una epica festa mascherata, approfittando della sua assenza.
Esattamente come Max (Nel paese dei mostri selvaggi), Ida (Nel mondo là fuori) e Mickey (La cucina della notte) Bombo-Lardo tocca con mano luci e tenebre. La traduzione di Sergio Ruzzier ha reso accessibile questo capolavoro che chiude la produzione di Maurice Sendak, ora finalmente disponibile grazie al pregiato lavoro di recupero portato avanti da Adelphi con la collana Cavoli a merenda.
Francesca Romana Grasso (da LiBeR 143)
Bombo-Lardo
Maurice Sendak;
trad. di S. Ruzzier
Adelphi, 2024, 32 p.
(I cavoli a merenda)
€ 22,00 ; Età: da 6 anni
“Ma ai bambini quello che interessa è solo fare la strada. Andare e venire e saltare. Consumare la strada con le loro gambe. Non averne mai abbastanza.”
Le storie dei bambini protagonisti dell’ultimo libro di Vincent Cuvellier pubblicato da Biancoenero si sono incrociate con la lettura di alcuni versi di Charles Péguy. Sono gli stessi bambini quelli dei versi di Péguy e delle storie di Cuvellier, sono i bambini di ogni luogo. Cuvellier, scrittore che ha messo molta strada nelle sue gambe, sa che tutte le strade si percorrono come solo i bambini possono: saltellando, arrampicandosi, inciampando e correndo per poter vivere quelle che sono diventate le Avventure allo sciroppo di fragola. Oltre a conoscere bene i congegni della fiaba, Cuvellier sa presentarli con brio attraverso una narrazione ironica e fantastica. La piccola protagonista di questo libro, pubblicato in anteprima in Italia, è una raccontastorie di primissimo livello, che ha, come ogni avventuriero che si rispetti, un apprendista, per di più muto “tranne le volte in cui parla”. Non è semplice tenere il ritmo nei racconti brevi – il libro ne accoglie due – ma è proprio dell’infanzia vivere storie compiute in un tempo che può stare nel tragitto che da casa porta a scuola, perché quello non è mai uno spazio temporale, ma magico, e se si possiede un compasso sarà anche questo sicuramente magico. Con un ascensore si può raggiungere una delle vette più alte del Nepal, e ridiscendere stando attenti a non schiacciare il tasto meno 1000 per non finire al centro della terra. Di Cuvellier vi consiglio di leggere anche gli altri libri editi da Biancoenero, e mi auguro che altre sue storie siano presto tradotte. Le illustrazioni che accompagnano questo testo sono di Isadora Bucciarelli, la traduzione è di Michela Cintoli: entrambe sono riuscite a cogliere la vivacità narrativa dell’autore che ha regalato ai suoi lettori le storie di bambini che vivono avventure divertenti e uniche.
“Corrono più in fretta della via. Loro non vanno, non corrono per arrivare. Loro arrivano per correre. Arrivano per andare” – come scrive Péguy, paragonando i bambini alla speranza, quella stessa che anima le storie in cui l’immaginazione fa scalare le montagne non per raggiungere solo una meta, ma per andare.
Agata Diakoviez (da LiBeR 143)
Avventure allo sciroppo di fragola
Vincent Cuvellier
Biancoenero, 2024, 64 p.
(Maxizoom)
€ 12,50 ; Età: da 9 anni
Com’è dolce e come rincuora, in tempi così ardui e oscuri, tornare col pensiero a – e possibilmente rivedere, ora nella versione restaurata – Il cielo sopra Berlino, imbattersi in un albo che esplicitamente, sia nel testo, di Antonio Ferrara, sia nelle creazioni visive, di Alessandra Lazzarin, omaggia la luce incomparabile del film di Wenders, datato ormai 1987 (dunque ancor prima, ma non di molto, che cadesse il Muro).
Una luce spirituale e poetica profondissima (“ancora nessuno è riuscito a cantare un epos di pace…”), che quanto più oggi ci appare lontana e inarrivabile, tanto è importante cercare, rievocare, nominare, e non solo attraverso una visione del film, che per sua natura rinasce sempre, ma anche in altre forme, come quella del picturebook, intitolato, appunto, Angeli.
Sono piccole suggestioni quelle che l’albo propone e potrebbero essere sviluppate, ma già dalla terza tavola illustrata campeggia una grande ala su fondo blu cupo, con un tripudio di tecniche, di bianchi e di tratti. L’ala, dunque, segno ricorrente del film. Compare poi, in lontananza, dietro il viso sognante di una donna, la Colonna della Vittoria, col suo angelo, simbolo fiammeggiante di Berlino nonché dell’opera cinematografica.
Anche Ferrara segue fedele la traccia degli autori della sceneggiatura – Wim Wenders, Peter Handke, Richard Reitinger – esplicitandone uno degli assunti e scrivendo che “solo i bambini vedono gli angeli…” o “hanno capelli, cappotti, sciarpe…”, che subito rimandano ai volti di Bruno Ganz e Otto Sander, angeli con il trench, che vibrano dell’invisibile dei pensieri dell’umanità per le strade di Berlino anni ’80.
Sono angeli di cui solo i bambini si accorgono, allora (“Quando il bambino era bambino…”), e oggi, vogliono dirci Ferrara e Lazzarin, calando immagini e parole nelle strade della nostra contemporaneità (una felpa col cappuccio, un seggiolino sulla bicicletta), ancora più fratta, squadernata e disattenta al potere dell’invisibile e alla luminosità interiore dell’infanzia.
Perché per Ferrara i bambini “tengono i piedi sul precipizio… curano piaghe con sputi e dita…vedono il tenero che sta in disparte…”. I bambini e le bambine guardano e “ci guardano”, ma chi vede loro, chi sa ancora guardare coi loro occhi?
Maria Grosso (da LiBeR 143)
Angeli
Antonio Ferrara,
ill. di Alessandra Lazzarin
Edizioni Corsare, 2024, 28 p.
€ 18,00 ; Età: da 4 anni
Una tempesta di lentiggini a punteggiarle il viso, ciocche di capelli scompigliate dal vento, un elegante orologio a cingerle il polso esile. La bella ragazza ritratta in copertina è un amore del passato, un ricordo mai spento, una nostalgia che rimane impressa nella mente e nel cuore. Mentre il testo di Davide Calì, morbido e dolce, riporta alla luce momenti di vita insieme, lampi di giovinezza, prime volte indimenticabili, le calde matite di Monica Barengo si soffermano sui dettagli, le posture, i gesti di intimità condivisi. Sulle pagine fotogrammi di un periodo felice, ancora vivi e intensi per quello che oggi è un uomo di tarda età, probabilmente solo: un profumo che sa di bosco, una passeggiata senza dirsi nulla, una fuga al mare d’inverno. Chissà quanto tempo è trascorso da allora… Chissà se anche lei avrebbe ancora voglia di una notte stellata, o di andare al cinema in sua compagnia o, perché no?, di prendere un caffè proprio in quel bar, che era il loro bar. I ricordi si mescolano ai desideri mentre le illustrazioni color seppia scorrono come vecchie fotografie, struggenti. Non sappiamo nulla dei due protagonisti di questa storia d’amore, non sappiamo se si incontreranno ancora, se abitano a poca distanza l’uno dall’altra, come i risguardi finali ci lasciano sperare, non sappiamo se torneranno a osservare il mare tenendosi per mano, come la quarta di copertina ci fa immaginare. Quello che sappiamo per certo è che si sono molto amati e che certe sensazioni e sentimenti provati da giovani sono unici, indelebili e che saperli ricordare permette di trattenerli ancora un po’ con sé. Ci si emoziona molto a leggere e sfogliare le pagine di questo albo dalla forza trascinante, che scuote e colpisce a livello istintivo, viscerale. È uno di quei libri che comunica a tutti, che fa riflettere, traballare, avvertire brividi e tenerezza. Era il 2013 quando Kite Edizioni ha pubblicato in Italia Polline, il primo volume che ha dato il via al sodalizio artistico tra Davide Calì e Monica Barengo. Un incontro fortunato, a cui hanno fatto seguito Un giorno, senza un perché e Lo scrittore. Ora è il momento di questa nuova perla: A volte, ancora, un poetico viaggio nella sconfinata bellezza e nelle illimitate sfaccettature dei sentimenti umani.
Francesca Tamberlani (da LiBeR 143)
A volte, ancora
Davide Calì,
ill. di Monica Barengo
Kite, 2024, 40 p.
(I cavoli a merenda)
€ 18,00 ; Età: da 11 anni
La letteratura ha da sempre molto a che fare con l’enigmistica e di questa evidenza è bene fare esperienza fin da piccoli: l’assunzione della finzione, l’uso della lingua, delle figure retoriche, della pluridiscorsività delle parole, i buchi narrativi, la richiesta, in vario grado esplicita e implicita, dell’intervento di chi legge, le convenzioni narrative, il patto fra lettore e narratore, la sospensione dell’incredulità, descrivono un ambito in cui si ingaggia una partita sorprendente fra chi narra e chi legge. Ci sono albi illustrati che a tutto questo riescono a dare evidenza, da una parte rendendo evidenti i meccanismi e, dall’altra, rimandando all’impossibilità di una soluzione univoca e definitiva. L’albo pubblicato da Uppa Kids mette in scena tutto questo e prefigura e determina lettrici e lettori curiosi, capaci di mettere in gioco le proprie competenze, di non prendersi troppo sul serio, di non considerare testi e storie qualcosa di inamovibile e sacrale.
In ogni doppia pagina troviamo una illustrazione piena, realizzata con la tecnica del collage e con un evidente richiamo ai libri per l’infanzia e all’arte grafica degli anni ’50 e ’60, che, in qualche modo, rende straniante il guardare e lo stare nelle immagini. A questo si aggiungono le domande del testo, semplici, chiare e irrisolvibili. Per alcune si può azzardare una risposta multipla: quali tra queste signore ha appena rapinato una banca? Le immagini non rendono una soluzione, per ognuna delle signore che emergono dal bianco della pagina possiamo azzardare ipotesi, storie, supposizioni. Altre domande chiamano direttamente in gioco il lettore: “Dove hanno sepolto il tesoro i banditi? E tu cosa faresti se lo trovassi?”. L’illustrazione, tutta in incongrue e suggestive declinazioni di rosa, rimanda a un immaginario western: banditi, treno cactus, ferrovia, ponte, tomba con croce. Non c’è risposta al di là di quella che ogni lettore può costruire indagando il proprio personale senso e lasciando da parte una inutile ricerca di significato. Ognuno è stupendamente solo di fronte a queste illustrazioni. Gli adulti che proporranno il libro a piccole e piccoli non potranno fare altro che mettersi in ascolto, lasciare spazio a ulteriori domande senza risposta e rinunciare alla ricerca di una qualche logica condivisa: qui ognuno fa per sé. Non ci sono indicazioni di significato, suggerimenti o intenzioni. È un albo che prevede un lettore libero e contento nel suo farsi lettore.
Nicoletta Gramantieri (da LiBeR 142)
Venti domande
Mac Barnett, ill. di Christian Robinson
Uppa Edizioni, 2024, 40 p.
(Uppa kids)
€ 15,00 ; Età: da 4 anni
Trascolorare. Attraversare i colori del tempo, la coltre dei vissuti umani lungo i secoli, i Traumi della Storia. Folgorante epifania della metamorfosi di un luogo, di “quella” casa in Olanda, del suo mutare lungo il corso degli anni, secondo il succedersi delle destinazioni d’uso. Dal 1612, quando ad Amsterdam, nella cosiddetta l’Età dell’oro, fu intrapresa la costruzione del Prinsengracht (o Canale del Principe), fino alle fondamenta della casa dove il 4 agosto 1944 irruppero i nazisti, scoprendo la dépendance che dal 13 luglio 1942 era stata nascondiglio dei Frank. Nonché fino al ritrovamento di quello che sarebbe stato per sempre Il Diario dei Diari: “La ragazza dipingeva immagini delle sue giornate con le parole”. La casa, dunque, nei secoli e attraverso le storie di coloro che ne sono stati “abitati” e abitanti: una donna perseguitata per motivi religiosi e i suoi dodici figli, un ricco mercante e la moglie che lo lasciò… cinque cavalli, nel tempo in cui si trasformò in una stalla, e infine Otto Frank con la sua fabbrica di spezie e con una figlia dal sentire che si sarebbe propagato all’infinito oltre la sua vita atrocemente recisa. La casa nello stato di abbandono – “La pioggia entrò dal tetto, le finestre marcirono e i pavimenti si ruppero” – e nelle rinascite – “le candele tremolavano con gioia nelle finestre scintillanti”. Nel narrare una delle abitazioni che più irradiano luce spirituale al mondo, le tavole indicibilmente belle di Britta Teckentrup viaggiano oltre il pur delicatissimo e più volte onomatopeico testo di Thomas Harding (si presti attenzione alle campane…), generando La Vecchia Casa sul Canale, e sprigionando una potenza poetico-documentaristico-fotografica assoluta. Già avevano dato prova insieme con un testo come La casa sul lago, in fusione genealogica con quest’ultimo albo, anche se lì erano mura ritratte dall’autobiografia dell’autore, la Germania novecentesca vista dalla casa di famiglia (uno spirito transtemporale che si ritrova anche in una C’era una casa a Mosca, di Alexandra Litvina Anna Desnitskaya). Ma adesso questo omaggio sublime ad Anna e a Prinsengract 263 (un milione di visitatori l’anno), è visione pura della quintessenza evanescente e dolorosa della memoria.
Maria Grosso (da LiBeR 142)
La Vecchia casa sul canale
Thomas Harding, ill. di Britta Teckentrup; trad di S. Bandirali
Uovonero, 2024, 56 p.
(I geodi)
€ 20,00 , Età: da 8 anni