La collana Lampi di genio, attraverso gli agili volumetti firmati e disegnati da Luca Novelli, da oltre vent’anni racconta le biografie di uomini di scienza e d’ingegno. Fra i tanti titoli pubblicati, solo due sono dedicati a figure femminili: la prima è Marie Curie, la seconda è la scienziata, oceanografa, attivista ambientalista e scrittrice americana Rachel Carson. La figura di Carson è da noi meno celebre che nei paesi anglosassoni e questo Lampo è utile proprio per conoscerla e approfondirne l’opera, decisamente moderna. E’ un invito alla lettura particolarmente prezioso nel decennio della Ocean Literacy (2021-2030) dedicato da UNESCO e Nazioni Unite all’educazione all’oceano e alle scienze del mare per lo sviluppo sostenibile, con riferimento all’Agenda 2030. La letteratura e la poesia da sempre indagano le relazioni invisibili fra le cose; il linguaggio narrativo, poetico, artistico e quello scientifico, nell’opera dei più grandi geni della storia, non sono disgiunti. Così accade nelle opere di Rachel Carson, mentre nella sua biografia le esperienze si succedono in un ordine apparentemente casuale, dall’impiego all’Ufficio Pesca alla scrittura radiofonica, dalle ricerche sul DDT al successo editoriale. Sempre, con umiltà, determinazione, sensibilità e coraggio, Carson persegue la divulgazione della conoscenza, l’approfondimento scientifico, l’esplorazione attraverso la scrittura, la progettazione di azioni sostenibili, in un tempo in cui tutto ciò era fin troppo moderno. Raccontare la biografia di Rachel Carson alle bambine e ai bambini significa mostrare loro le strade e i linguaggi utili per dare un contributo alla cultura e alla scienza, alla vita e al futuro del pianeta. Significa anche affermare la necessità di superare la netta separazione delle discipline, abbattere il pregiudizio sulla mancanza di talento e inclinazione femminile per la ricerca scientifica, mostrare quanto siano importanti insegnanti e genitori capaci di aprire possibilità e spazi anche alle bambine e offrire loro un modello che le incoraggi a esprimere la loro vocazione “cosmica” a leggere legami, relazioni e conseguenze fra fatti e cose, in più linguaggi possibili, per considerarsi parte attiva e voce indispensabile nel discorso ecologico sulla nostra “casa” comune.
Marcella Terrusi (da LiBeR 136)
Rachel Carson e la primavera dell’ecologia
Luca Novelli
Editoriale Scienza, 2022, 128 p
(Lampi di genio)
€ 9,90; Età: da 8 anni
A volte, nel mare infinito dei picturebook, si trova un albo inaspettato, parole immagini e sentieri di cartotecnica e carta, che si aprono in volo oltre i binari del rivisitato, del noto. Che toccano note del profondo, brandelli nascosti negli interstizi tra vita e letteratura (ma esistono?), come filando una tela di comprensione reciproca tra bambini e adulti, un tracciato di specchi tra le pagine. Davvero un bel respiro. Accade con Semini di Alice Keller, con illustrazioni di Youngin Kim e grafica di Lia Dalu (espressione del progetto Ars in fabula, master in illustrazione per l’editoria, coordinato da Mauro Evangelista e curato da Edizioni Corsare). Perché è proprio questo il punto: dischiudere territori altri, anche quando sembra che grandissima parte delle strade siano già state esplorate. Sfatare convenzioni e convenevoli narrativi, illuminare squarci di non detto nelle relazioni tra genitori e figli. Sognare tra macchie di colore leggere come calzini spaiati o fiori appena abbozzati. È così che Semini si schiude a un io narrante che sussurra alla mamma e parallelamente a chi legge, perdendosi negli spazi bianchi dell’albo, nonché nella sua filigrana di intimità tra parole e disegni infantili e non, tra esili tratti a china e pastelli, tra acquarelli e proiezioni impalpabili dell’anima di chi scrive (Keller, autrice e libraia autentica e guizzante). In Semini ci sono oggetti come scintille, ci sono mestoli, cuscini, un treno, una barca, ci sono gusci e coperte; una tenda, un uovo, un uccellino. E c’è il desiderio di essere ancora più piccoli, di ciucciare la papera del fratellino fino a risentire il suono del nostro essere tutt’uno col battito della madre e, dentro di lei, col battito del mondo. C’è quella cosa incomprensibile e acuminata che è la rabbia di lei e la rabbia ancora più inafferrabile di chi “narra” ora in rima ora no (“Quando mi sgridi faccio il sasso/ quando mi urli chiudo la bocca come un tappo…”), c’è il desiderio universale di nascondersi per farsi cercare, c’è un delizioso imprendibile sentire dentro che diventa tangibile sulle pagine. E capiamo che non abbiamo mai smesso di fingere di dormire per avvertire il rumore di lei che si muove nella stanza in punta di piedi.
Maria Grosso (da LiBeR 136)
Semini
Alice Keller,
ill. di Youngin Kim;
Edizioni Corsare, 2022, 32 p
€ 18,00 ; Età: da 4 anni
Primo amore è un graphic novel che parla del senso di urgenza che si ha a 18 anni. Ari Kyrkos ha terminato il liceo e vorrebbe trasferirsi a Baltimora per sfondare nel mondo della musica, ma i suoi genitori vogliono che il ragazzo li aiuti nella gestione dell’attività di famiglia, che non naviga in buone acque e che rappresenta tutto quello che lega Ari alle sue origini greche e ai valori della tradizione, tutto quello da cui vorrebbe scappare. Per poterlo fare Ari cerca un sostituto in grado di dare una mano all’attività dei genitori: all’annuncio di lavoro risponde Hector, un ragazzo samoano della sua età e a lui complementare. Ari è indeciso, irrequieto, immaturo e suscettibile, Hector è sicuro di sé, adulto, pacato e allegro e la sua passione per la cucina farà riscoprire ad Ari il legame con la sua infanzia e i suoi cari, oltre che aprirgli gli occhi su aspetti della sua vita che vedeva in maniera distratta e viziata. L’amore che nasce tra i due ragazzi è genuino e un po’ infantile, ma tenero e forte. Bloom (sbocciare), titolo originale del graphic, sembra più indicato per questo libro: questa è sì una storia d’amore, ma la trama ruota intorno a molto altro ancora. O forse si potrebbe pensare che il primo amore al quale si fa riferimento non sia quello verso un’altra persona, ma verso se stessi. Imparare ad amarsi richiede uno sguardo onesto verso di sé, e il protagonista fa un primo passo in questa direzione. Assistiamo alla sue crisi e alla sua crescita pagina dopo pagina: entrare in conflitto, ribellarsi, comprendere i propri errori sono tutti aspetti tipici del romanzo di formazione, qui ripresi in forma di graphic. Tante questioni rimangono aperte, qualcosa si dipana, ma nulla si risolve; come d’altronde succede quando si è giovani come Ari. Grazie a Hector viene riscoperto un tempo lento, riaffiorano ricordi di infanzia, viene a galla la vera personalità di Ari. La trama in sé è semplice, i personaggi sono ben delineati e lo stile di disegno è elegante e morbido, giocato sui toni del blu e del verde. Non tutto viene approfondito appieno ma la narrazione è naturale e la trama risulta delicata e capace di toccare diverse corde che rendono questo graphic attraente sia per un pubblico di young adults, che per un pubblico più adulto.
Giulia Romualdi (da LiBeR 136)
Primo amore
Kevin Panetta,
ill. di Savanna Ganucheau;
trad. di L. Tenorini
Il Castoro, 2022, 351 p.
€ 18,00 ; Età: da 14 anni
In un modo e moto forse prevedibile e giusto, negli ultimi anni, aumentano con costanza i libri che vogliono essere di supporto nel creare e radicare in bambine e bambini, ragazze e ragazzi un pensiero ecologico e un’attenzione alle tematiche, urgenti, relative all’ambiente. Nell’enorme produzione ci sono titoli che effettivamente hanno la possibilità di condurre a un interesse sincero, critico, ricco e non banalizzato verso la riflessione che concerne l’essere umani in un ecosistema complesso, popolato da molteplici e interrelate forme di vita.Nel bosco, pubblicato da Sinnos con l’accurata e attenta traduzione di Federico Appel, si staglia nel panorama editoriale. Si tratta di dodici brevi racconti raccolti attraverso interviste a persone che il bosco lo esperiscono da diversi punti di vista: boscaioli, camminatori, bambini in vacanza, cacciatori che non cacciano, costruttori di capanne, cercatori di funghi, ricercatori. Il libro si compone di quattro sezioni, una per ogni stagione. La narrazione si articola in immagini contenute in riquadri, una sorta di commistione fra fumetto e illustrazione, a cui si accompagnano le frasi, brevi ed essenziali, frutto delle interviste. L’impostazione grafica dà ritmo alla lettura, alternando momenti di azione in cui l’occhio scivola sulle immagini, a riquadri più ampi che costringono lo sguardo a soffermarsi, a cogliere la narrazione nei tratti fitti di animali, piante, sentieri, capanne, attrezzi, umani, colline, radure, cieli, azioni. Il tutto rende informazioni puntuali in un andare documentario, di analisi sociologica, che è cosa rara nei libri per l’infanzia e apre un approccio di conoscenza che favorisce il sorgere di un pensiero individuale. A raccontare sono uomini e donne, bambine e bambini, di ogni età. Si esce da una maniera dei libri per l’infanzia che fa ombelico della narrazione l’esperienza bambina. Si entra in un vivere e in un’esperienza ampi. Il tratto, a volte essenziale, a volte spesso in colori e profondità, la scelta grafica pulita e accurata contribuiscono a uno straniamento che è necessario per non chiudere percezioni e pensiero in percorsi già dati. È uno di quei libri che si fa misura quando occorre muoversi nelle scelte e nelle occasioni da proporre ai piccoli.
Nicoletta Gramantieri (da LiBeR 136)
Nel bosco
Charline Collette;
trad. di F. Appel
Sinnos, 2022, 108 p.
€20,00 ; Età: da 6 anni
La luna e i falò è un libro che nel dopoguerra ha segnato più di una generazione di giovani che non ne avevano mai sentito parlare a scuola e lo avevano scoperto successivamente attraverso i più disparati percorsi personali, venendone segnati in maniera profonda per la novità di temi, costruzione, linguaggio. Luigi Dal Cin, ingegnere, noto scrittore, docente di tecniche narrative alla Scuola Holden, ha sposato con entusiasmo e coraggio il progetto della fondazione Cesare Pavese di avvicinare i giovani adolescenti a un autentico classico contemporaneo. Per farlo non si è limitato a un banale riassunto in bella copia della trama e nemmeno a una riscrittura aggiornata al presente di un testo di grande complessità e innovatività. Dal Cin ha scritto un romanzo tutto suo che contiene anche quello pavesiano, e un altro ancora. Racconta due storie che corrono parallele, ma sfalsate nel tempo. Quella scritta da Pavese e quella di un adolescente di oggi che, confinato dal padre nella casa di campagna a studiare per diventare un imprenditore internazionale, incontra il libro e i suoi luoghi (il torrente Belbo, le Langhe), “miti” e credenze popolari (i falò), personaggi trasfigurati nel presente (Anguilla, soprannome del protagonista di Pavese e anche del ragazzo di oggi, il vecchio falegname Nuto e lo storpio Cinto) e altri inventati ma centrali come Luna, amica di giochi e avventure d’infanzia, intrecciando continuamente riferimenti, rimandi, citazioni letterali di Pavese messe in bocca ai personaggi odierni. Con un linguaggio che aspira a reinventare lo slang americaneggiante di Pavese. Poi un’altra storia scorre sotto traccia, ma non estranea, sotto il filo della corrente. Quella di un giovane ingegnere che ha scelto la fantasia dei miti, sogni, desideri, delle avventure di carta non meno vere di quelle reali, anche se inventate o reinventate. La realtà vista attraverso la magia di quel sassolino forato che è la scrittura.“Parla di me”: non a caso Dal Cin chiude il suo romanzo con queste parole di Anguilla, che alludono proprio alla Luna e i falò che sta leggendo alla nonna cieca. Unificando gesto e parola, vita e scrittura, come non riuscì a Pavese.
Fernando Rotondo (da LiBeR 136)
Negli occhi di Luna, i falò
Luigi Dal Cin
Rizzoli, 2022, 220 p.
€ 16,00 ; Età: da 10 anni
Sigge per alcuni giovani lettori è già un idolo, ma lui ancora non lo sa, anzi cerca di rifuggire dalla popolarità che solo qualche settimana prima (nel volume d’esordio La mia vita dorata da re) gli era sembrata l’unico modo per poter essere accettato. Nel frattempo, grazie al confronto con gli altri, ha capito che l’unica cosa a cui tiene è poter essere se stesso. Sigge è nato dalla penna di Jenny Jägerfeld, scrittrice svedese e psicologa, attenta osservatrice del mondo e di quello che inquieta i ragazzi che lo popolano. Quel mondo, un paese della provincia svedese, è la realtà in cui vive Sigge con la sua famiglia, magari un po’ sui generis, ma possibile come tutte le famiglie. A rendere irresistibili le storie narrate in questo romanzo, è la giusta misura di ironia e humor nel raccontare quello che quotidianamente accade al Royal Grand Goldel Hotel Skärblacka, la dimora in cui vive Sigge. Umorismo e intraprendenza sono gli ingredienti che non mancano mai nelle storie di questa scrittrice e non dovrebbero mancare nemmeno nella vita di ogni adolescente che cerca di non restare impantanato tra pregiudizi e stereotipi, cosa per nulla facile, visto che quello dell’adolescenza è in assoluto il momento più omologante a cui si è sottoposti. È brava davvero la Jägerfeld perché rende normale quello che ci ostiniamo a considerare diverso; dà a Sigge anche la dignità di sfogarsi con un bel pianto. È brava a metterci davanti quello che guardiamo da lontano credendo che sia possibile accettarlo solo se resta appunto lontano, fuori dalla realtà, mi riferisco a esempio ai bambini non binari a cui si fa accenno in un passaggio del romanzo. Le sue non sono storie a tema e proprio per questo piacciono molto ai ragazzi che vogliono viverei quel momento così complicato che è l’adolescenza senza il terrore di girare l’angolo per ritrovarsi di fronte il bullo di turno. “Dove si trova il coraggio di essere se stessi senza aver paura di quello che avrebbero detto o fatto gli altri?” È qui sarà Charlotte, la nonna più cool che esista, a dare a Sigge il coraggio per trovare la risposta. Un gran bel romanzo si aggiunge alla collana de I miniborei, con la perfetta traduzione di Laura Cangemi che ci permette di entrare con Sigge al Royal Grand Goldel Hotel Skärblacka.
Agata Diakoviez (da LiBeR 136)
La mia morte gloriosa col botto
Jenny Jägerfeld;
trad. di L. Cangemi
Iperborea, 2022, 345 p.
(I miniborei)
€ 16,50 ; Età: da 10 anni
La mia famiglia mi somiglia è l’ultima uscita nella collana Bombi di cartone di Minibombo, casa editrice reggiana che con ammirevole coerenza sviluppa un progetto volto a offrire ai piccolissimi “storie senza fronzoli” semplici ma efficaci, raccontate con un linguaggio immediato. Forse qualcuno ricorda il precedente cartonato La mia famiglia è uno zoo della stessa Teresa Sdralevich, autrice, illustratrice e designer freelance apprezzata anche per i suoi poster su argomenti sociali, politici e culturali. Divertente e rivelatore il titolo che anticipa lo stravolgimento del punto di vista di coloro che cercano nei bambini e nelle bambine somiglianze con genitori e parenti; del resto il tema della somiglianza si intreccia indissolubilmente con quelle delle aspettative e delle fantasie che si tramandano nelle case di generazione in generazione: occhi imperscrutabili e fondi, mani affusolate da violinista, nasi aquilini… Il cartonato è piacevole e divertente per la semplicità dei tratti tipicamente sintetici di Teresa Sdralevich che traduce alla perfezione la poetica ludica di Minibombo dove ai disegni si aggiungono giochi sonori e lessicali come in questi casi: “Ha proprio le orecchie dello zio Gino.” “Puoi dirlo forte!” o ancora “Uh, guarda che braccia forti!” “É vero, come la nonna Vittorina!”. Se tale dialogo giocoso (orecchie – puoi dirlo forte; braccia forti – Vittorina) fosse reiterato, lo scorrere delle doppie pagine perderebbe ritmo e leggerezza, così invece ci delizia con scherzi bonari tanto frequenti nelle conversazioni familiari. Il capovolgimento prospettico (“la mia famiglia mi somiglia!”) è la degna conclusione di una storia che parla ai bambini e alle bambine più piccole, assumendone il punto di vista, e ai più grandi, strappando loro un sorriso benevolo sulle proprie debolezze. Potremmo quasi affermare che questo cartonato è un poster, per il messaggio che veicola, per l’uso del tratto e dei colori, per composizione e anche, non da ultimo, per quella delicata ironia caricaturale che si gioca attraverso sproporzioni e dettagli: peli su mani, piedi e volti, l’acconciatura di zia Emma che ricorda Marge Simpson o quella della protagonista, tanto di moda. Ecco: ci sono cascata anche io! Non si può fare a meno di cercare somiglianze!
Francesca Romana Grasso ( da LiBeR 136)
La mia famiglia mi somiglia
Teresa Sdralevich
Minibombo, 2022, 28 p.
(Bombi di cartone)
€ 9,90; Età: da 3 anni
Nessun principiante, inesperto di trekking, si sognerebbe di imboccare un sentiero di montagna per avventurarsi verso un qualsiasi rifugio, cima panoramica o lago d’alta quota, senza aver prima consultato una mappa del territorio, o almeno aver chiesto dritte a qualcuno del posto. Attraverso le pagine di questa preziosa “mappa”, Irene Borgna si rivela proprio questo: affidabile abitante del luogo e amichevole compagna di viaggio, che da più di trent’anni la montagna la conosce a fondo, la studia e la frequenta; e che soprattutto sa prendere per mano e raccontare, con grande chiarezza divulgativa, una passione che non ammette improvvisazioni. Niente può essere lasciato al caso: dalla scelta di mete e percorsi adeguati alla nostra predisposizione fisica del momento, all’equipaggiamento e ai metodi di orientamento, tenendo conto degli imprevisti più ricorrenti… e poi le nozioni di base per leggere il cielo notturno, i corsi d’acqua e la composizione geologica del suolo; per riconoscere la flora e la fauna più comuni di Alpi e Appennini; per prevedere i cambiamenti repentini del clima…
Quello che rende altamente godibile questo manuale per giovani (ma non solo giovani) escursionisti è proprio il suo non essere schematico né sintetico; troviamo le informazioni strettamente necessarie ma anche molto di più, in oltre 200 pagine puntuali e dettagliate per quello che assolutamente c’è da sapere (basterebbe un’occhiata al capitolo sulla preparazione dello zaino) eppure estremamente discorsive. Un appassionante romanzo che si prende il giusto tempo per osservare e descrivere, con “andatura” da escursione; una lettura che affronta la salita con passo lungo e leggero e permette di incontrare la montagna fra saperi scientifici ed emozioni, nell’assoluto rispetto della natura e dei nostri limiti umani, per godercela in completa sicurezza. Il titolo è il quinto della collana I caprioli, pubblicata da Salani sotto l’egida del CAI il cui Centro operativo editoriale cura, anche in questo caso, l’introduzione.
Fausto Boccati (da LiBeR 137)
Manuale per giovani stambecchi
Irene Borgna,
illustrazioni di Agnese Blasetti
Salani, 2022, 246 p.
(I caprioli)
€ 15,90; Età: da 8 anni
Cosa resta da raccontare, sulla Resistenza? Il romanzo di Marco Magnone ci porta nelle Langhe, nell’autunno del 1944. Lo scenario è quello di alcune delle più grandi storie della letteratura partigiana, a partire da quelle di Fenoglio, a cui l’autore rende un esplicito omaggio. Ed è così che una storia nota si rinnova, perché la guerra è anche una questione privata, è anche la grande avventura: un tempo e uno spazio di sentimenti e di crescita. Tutto è nuovo perché nuovo è lo sguardo sul mondo di Celeste, un ragazzino di dodici anni, è attraverso il suo è il punto di vista e la sua la voce narrante che viviamo gli eventi. La guerra è entrata anche nella sua vita ma è ancora un’eco distante: è il gioco dell’addestramento che Celeste gioca nei boschi vicino a casa con la sorellina Flora, è un padre lontano che si vuole ancora credere che tornerà, è immaginare di difendersi da quelli che a casa sua vengono chiamati “ribelli”. Basta un attimo, però, a far superare un confine, a fare a pezzi l’infanzia, a precipitare un ragazzo nella realtà degli adulti. L’attimo è quello in cui, tornando a casa dal bosco, Celeste vede la madre uccisa, la casa bruciata. L’attimo in cui Celeste diventa all’improvviso solo al mondo, con una sorellina piccola da proteggere, l’attimo in cui esplode in lui un disperato desiderio di vendetta. Deciso a trovare chi ha sparato alla sua mamma, certo che si tratti di partigiani, Celeste inizia un viaggio che è molto più che uno spostamento nello spazio, è il movimento interno che, per diventare grande, lo porta a mettere in discussione le certezze dell’infanzia e i valori acquisiti, che lo costringe ad accettare la complessità del reale e a cercare nuove verità. Proprio l’evoluzione del protagonista è il centro del libro che lascia comunque spazio al paesaggio, ai dialoghi e a tanti personaggi minori raccontati in modo asciutto, vivido e privo di ogni retorica. Solido, maturo, ben raccontato, La guerra di Celeste è un romanzo capace di coinvolgere i lettori molto giovani, che si affacciano per la prima volta su questo periodo, quanto quelli che hanno già un ricco immaginario storico.
Alice Bigli (da LiBeR 136)
La guerra di Celeste
Marco Magnone,
Mondadori, 2022, 248 p.
(I grandi)
€ 17,00 ; Età: da 11 anni
Se cercate un libro che vi avvicini alla storia e alle tante geografie della scrittura non lasciatevi sfuggire La grande storia della scrittura di Vitali Konstantinov.
L’autore proviene da Odessa, da tempo vive in Germania, ha studiato architettura, grafica, pittura, storia dell’arte ma soprattutto ha alle spalle tanti anni di lavoro da illustratore, come si comprende sfogliando questo graphic novel bicromatico, in rosso e nero, di grandi dimensioni, pensato per presentare ai giovani la scrittura, il più importante strumento culturale a disposizione degli esseri umani da più di 5500 anni.
“C’è qualcosa di affascinante nella varietà di sistemi di scrittura inventati dall’umanità” afferma Konstantinov nella postfazione della pubblicazione, una fascinazione che attraversa tutto il libro, nel quale brevi capitoli introducono al lettore le principali tappe dell’evoluzione della lingua scritta e i sistemi di scrittura.
Che cosa è la scrittura? Come si è evoluta? Quanti sistemi di scritture ci sono nel mondo? Esistono scritture immaginarie? Il lettore trova risposta a tali interrogativi in questo volume ricchissimo di informazioni in forma di testo e di immagini, utile anche come strumento di reference e base di partenza per ricerche più approfondite.
Dalla scrittura cuneiforme, ai geroglifici egiziani, ai sistemi di scrittura sviluppati nel centro America e andati perduti con l’espansione coloniale spagnola, fino alla nascita degli alfabeti: il lettore ha modo di toccare con mano la complessità e le varietà delle scritture, e soprattutto di affacciarsi sull’universo della lingua scritta, sinora poco esplorato dalla divulgazione.
Lingue parlate da milioni di persone, alfabeti che si scrivono da destra a sinistra, dall’alto al basso, scritture che vanno da sinistra e destra sono presentate insieme a scritture immaginarie come quella inventata da J.R.R. Tolkien o l’alfabeto Klingon ideato da Marc Okrand.
Concludendo, il lettore si trova di fronte a un fiume in piena di segni diversi scaturiti da un’unica esigenza, comune a tutta l’umanità: quella di comunicare. Forse è questo il senso profondo di questa pubblicazione che ci fa comprendere come la nostra lingua scritta sia in fondo una tra le tante possibili pensate dall’uomo.
Francesca Brunetti (da LiBeR 136)
La grande storia della scrittura
Vitali Konstantinov
L’Ippocampo, 2022, 80 p.
€ 19,90 ; Età: da 8 anni
Il giardino dei fiori selvatici è il terzo fumetto per bambini pubblicato in Italia da Liniers, autore argentino, molto noto come fumettista per adulti. I fiori selvatici sono quelli che popolano il giardino-giungla, ma fiori selvatici sono anche le tre bambine protagoniste di questa avventura che, in realtà, sono le tre figlie piccole a cui l’autore dedica questo e altri libri. Dopo un incidente aereo, su una piccola isola deserta incontriamo tre bambine sopravvissute che si avventurano nell’esplorazione di una misteriosa giungla popolata da fiori giganti e altri elementi via via sempre più imprevedibili. È un mondo straniante che, attraverso le dinamiche di dialogo tra le tre piccole, sembra diventare, passo dopo passo, quasi possibile e plausibile. Il dialogo tra bambini è, come nei libri precedenti, l’elemento centrale. Ma in questo libro succede qualcosa di diverso. Veniamo condotti fin quasi alla fine in un ambiente misterioso e strano, per ritrovarci poi, improvvisamente, di fronte a un ribaltamento di prospettiva che ci lascia stupiti. Stupire lettori adulti è difficile perché di solito, lungo la strada della lettura – in questo caso delle parole, ma soprattutto delle immagini – il lettore smaschera l’autore e capisce, prima della fine, che cosa l’artista ha architettato. Ma quando il lettore non riesce ad anticipare l’accadimento, lo stupore che ne deriva genera un piacere unico, da far togliere il cappello per complimentarsi. Qui solo alla fine capiamo come Liniers, magistralmente, ha creato una giungla con gli elementi del gioco quotidiano delle bambine, trasformati in modo meravigliosamente selvatico e libero; pagina dopo pagina, l’autore riesce a farci assaporare il mondo-gioco dei bambini, fatto di creazioni, trasfigurazioni della realtà e strani equilibri di relazione. E quindi, senza esitazione, di fronte a questa originale avventura così ben architettata, vale la pena togliersi questo cappello e complimentarsi.
Cristina Busani (da LiBeR 136)
Il giardino dei fiori selvatici
Liniers;
trad. di A. Panfilo
Sonda, 2022, 36 p.
€ 14,90 ; Età: da 5 anni
“Da bambini ‘mostra e racconta’ è interscambiabile”, scrive nella sua monumentale opera sul fumetto Scott McCloud. La capacità che hanno immagini e testo, quando procedono assieme, è di raccontare con grande efficacia delle storie. Ed è proprio questa capacità di lavorare in tandem che ha reso Rudolf Čechura e Jiří Šalamoun due star nella Repubblica Ceca. Čechura, insegnante, scrittore, sceneggiatore, morto nel 2014, deve la sua fama alle storie di Flip il maxicane, personaggio creato insieme a Šalamoun, un fuoriclasse dell’illustrazione e del cinema di animazione, spirito sovversivo e giocoso, illustratore anche dei grandi classici della letteratura, scomparso nel 2022. Flip il maxicane, nato negli anni Ottanta, prima come albo illustrato poi come cartone animato, giunge ora in Italia grazie a Orecchio acerbo, editore che ha il grande merito di scovare dei veri gioielli e farli conoscere al pubblico dei più piccoli. Flip, preso da cucciolo per la bambina Aja, cresce a dismisura sotto gli occhi costernati dei genitori della piccola. Ogni cuccia gli va stretta, così finisce per essere ospitato in una stalla. Flip è grande quanto un cavallo, corre velocissimo, spaventa suo malgrado chi lo incontra, parla anche la lingua degli umani, si ubriaca di birra, ha un vocione (immaginiamo) stentoreo, ma del cucciolo conserva la bonarietà e la giocosità. È, però, talmente, ingombrante che la famiglia decide di darlo via. Sarà il salvataggio che compie della piccola Aja, finita nel laghetto senza saper nuotare, a impedire che ciò avvenga. Per chi avesse voglia di visionare online anche alcuni dei cartoni animati prodotti per la tv ceca, ecco Flip che gioca a scacchi, Flip che caccia leoni in ambienti esotici, Flip il cane buono e gigante che ha per amico un uccellino piccolo piccolo. È il confronto tra l’estremamente grande e il molto piccolo a sedurre, è la sintonia che si crea tra soggetti diversi a piacere, è lo sguardo non convenzionale che i “fuori misura” riescono a esprimere, a farci riflettere e a farci ridere. A Flip ci si affeziona subito così come schiere di lettori hanno amato la Pimpa di Altan o i buffi personaggi di Richard Scarry, figure atemporali, che non invecchiano mai perché in sintonia con lo spirito dei loro piccoli lettori.
Vichi De Marchi (da LiBeR 136)
Flip il maxicane
Rudolf Čechura,
ill. di Jiří Šalamoun;
trad. di R. Belletti
Orecchio acerbo, 2022, 40 p.
€ 15,90 ; Età: da 4 anni
Le narrazioni di Michelangelo Rossato sono riconoscibili per la scelta dei colori che egli seleziona tra i più allusivi a dare identità ai personaggi delle sue trame. Due, o tre soltanto, usati con arguta precisione, che esaltano l’espressività, che mettono in rilievo i contrasti, che spostano lo sguardo sui dettagli e danno particolare dinamismo agli sfondi delle tavole. In questo lavoro pubblicato da edizioni Arka, il suo sguardo vivace e poliedrico, mette a fuoco una figura femminile simbolica, Psiche, per rappresentare l’Umanità, quella esposta a un destino che non le appartiene, ma capace di trasformarlo e di vedere l’alba della propria rinascita spirituale. Per questo, Psiche è disposta a sacrifici e a prove durissime e proprio per questo, Michelangelo propone La favola di Amore e Psiche dedicata all’Anima e al suo svelamento. La favola racconta di una giovane fanciulla dotata di bellezza divina che provoca l’invidia di Venere a tal punto che decide di punirla inviando il figlio Amore per farla innamorare del più bieco degli uomini. Ma Amore, abbagliato dalla bellezza di Psiche, si punge con la freccia destinata a lei e si innamora. Il seguito della storia è conosciuta e sono note anche le prove che deve superare la giovane donna ma, alla fine, tanto sacrificio sarà compensato dalla vita ultraterrena e dall’amore infinito. A distanza di qualche millennio, Psiche e Amore ci indicano la strada per trovare la Felicità, fatta di prove che danno un senso alla nostra esistenza. Nella sua interpretazione, Michelangelo ha attinto elementi da varie culture e in alcuni casi ha rotto i canoni per contestualizzare al meglio i personaggi. Tramandata per secoli, nel suo peregrinare di luogo in luogo, di vicende in vicende, di uomini in uomini, la favola delle favole ha trascinano con sé simboli, evocazioni, riferimenti culturali, artistici e antropologici con una tale densità che da allora continua a restituire a ciascuno una parte di Umanità nella quale potersi riconoscere. Con questa favola, l’artista ha dato voce al nostro mondo interiore raccogliendo i frammenti dell’Umanità, quella esposta a vicissitudini più moderne, ma non diversa nelle peregrinazioni dell’Anima.
Adolfina De Marco (da LiBeR 136)
La favola di Amore e Psiche
Michelangelo Rossato
Arka, 2022, 48 p.
(Collana di perle classiche)
€ 20,00; Età: da 7 anni
È successo allora, facciamo in modo che non succeda oggi. A questo intento sembra improntato il breve romanzo Estate di sale di Roberto Morgese. Lo spazio di un’estate che diventa periodo di crescita, con il soccorso della memoria. A più di un secolo di distanza da un’immigrazione, che da stagionale diventò definitiva, riemergono i sintomi dell'esclusione di chi “non è dei tuoi”, di chi non è del tuo paese, non parla la tua lingua, non è del tuo colore. L’argine educativo che impedisce la crescita della mala pianta del razzismo, dell’odio per lo straniero, dell’intolleranza per il diverso, in questo romanzo viene costruito da un nonno, attraverso un racconto che diventa trasmissione appassionata e convincente della memoria familiare al nipote adolescente: anche noi lo siamo stati, immigrati, e andò così.
La storia è organizzata in richiami temporali: il lavoro massacrante degli italiani nelle saline della Camargue, sfociato nel lontano 1893 in un bagno di sangue, nello scontro fra lavoratori di nazionalità diversa (francesi che accusano italiani di rubare loro il lavoro: ritornatevene a casa vostra! – l’eco risuona alta e sonora nell’oggi) e il presente dell’adolescenza di un ragazzino. A fare la spola fra i due periodi, il racconto del nonno e la reazione del nipote.
Nella trama, così caratterizzata, si inseriscono i classici motivi che costellano l’adolescenza. Il gruppo, l’amicizia esclusiva, l’irruzione dell’amore, che stordisce, genera equivoci, ombrosità, gelosie. Emerge anche il classico triangolo: lui, l’altro e lei, che “non dovrebbe esserci”, perché distoglie da un sodalizio forte e sincero, perché è straniera, e forse ladra, perché non è quello che sembra e l’elenco potrebbe continuare, con il suo ovvio corollario di pregiudizi che annebbiano la visione della realtà.
Da un fatto storicamente accertato, da Aigues Mortes (esiste nella piazza della città una lapide che lo conferma) all’attualità dei nostri giorni, la persistenza di un’assurda difficoltà del vivere civile, nello sguardo critico di un vecchio, nello sguardo acerbo di un ragazzo.
Rosella Picech (da LiBeR 136)
Estate di sale
Roberto Morgese
Feltrinelli, 2022, 137 p.
(Up)
€ 14,00 ; Età da 12 anni
Suzy Lee, maestra nel percorrere quel misterioso crinale tra immaginazione e realtà, Hans Christian Andersen Award 2022, con Lo specchio e L’ombra (Corraini 2003, 2010) aveva raccontato non tanto la quotidianità come scrigno di incanto e imprevisto, quanto il nostro sguardo aperto su un oltre tanto vicino da non essere visto. Con L’onda (Corraini, 2008) l’artista coreana aveva poi creato un’alchimia tra elemento pittorico e sonoro: sinergia alla base anche dello splendido Estate, una “partitura illustrata”, adatta a tutti, del concerto di Vivaldi. Un’opera raffinata, ricca di quell’originalità a cui l’illustratrice ci ha abituato col suo segno grafico che diventa soggetto e allo stesso tempo oggetto, strumento di indagine per nuove possibilità stilistiche e narrative in un gioco di continue invenzioni.
Il libro presenta i tre tempi del concerto (coi versetti rivisitati dell’originale), e inizia con una performance a teatro: entrano i musicisti su uno sfondo bianco azzurro che, simile a un sipario, si apre su una scena estiva di caldo e immobilità in un’esplosione di giallo.
Non ci poteva essere un perfetto sincronismo tra andamento musicale e pittorico, ma la Lee opera una “sintesi” dando vita a un racconto che si sviluppa in giochi infantili tra sole, vento e temporale ripercorrendo la dinamica vivaldiana. Usi differenziati dei colori con tecniche diverse, effetti (bellissima la tavola e il suo negativo con le bambine durante un lampo), cambiamenti di piani, elementi musicali nel paesaggio (pentagramma e note) creano un’ideale fusione tra realtà evocata e vissuta. Quello che però colpisce di più è il ritmo: l’autrice, con un montaggio cinematografico dell’ultimo concitato movimento, alterna tavole di orchestra e temporale in un crescendo mozzafiato fino alla conclusione quando l’orchestra ringrazia e invita sul palco i bambini protagonisti della storia. E qui è il colpo di scena della grandissima Lee, che ancora una volta trova il modo per ribadire il focus di tutta la sua produzione: il confine tra immaginario e reale non c’è, o se c’è, è impalpabile, invisibile, come un suono.
Elena Baroncini (da LiBeR 136)
Estate
Suzy Lee
Corraini, 2022, 148 p.
€ 32,00 ; Età: da 7 anni