La voce narrante in questa storia è Kemi, che ha 11 anni, un papà, una mamma, una sorellina ancora bebè e un’altra in arrivo, ama le scienze e cerca di tenere sotto controllo il mondo e gli eventi calcolando probabilità.Quello che Kemi mette in scena è un diario della fine, che si apre con una lettera al Lettore in cui la protagonista dichiara di volere narrare “come il mondo ha smesso di esistere”. Il tono di Kemi non è dolente nel comunicare che un asteroide colpirà, distruggendola, la terra entro quattro giorni, resta leggero mentre raccoglie gli oggetti da inserire in una capsula del tempo che renda ragione della vita, dei ricordi, dell’amore della sua famiglia, è ironico nel delineare gli altri personaggi. Anche lo strazio per la prospettiva della fine viene porto al lettore con una levità, una consapevolezza rassegnata, un distacco velato d’affetto che sarebbero segnale, se chi legge non avesse abdicato all’incredulità, di discrepanze e di una narrazione ingannevole. Perché proprio di una narrazione ingannevole si tratta, una finzione all’interno della finzione narrativa: Kemi imbroglia chi legge paludando accadimenti e vicende, coprendo la verità del suo universo narrativo, inserendo gli avvenimenti in una sorta di allegoria o metaforizzazione volte a celare un dolore così acuto da divenire indicibile.Seguiamo Kemi nel conto alla rovescia fino all’impatto con l’asteroide ed è a questo pun to che ci rivela non solo come finisce davvero, ma come davvero si sono susseguiti gli eventi. Possiamo allora tornare a ogni parte della storia, a ogni bivio, a ogni incongruenza, individuare le finzioni e comprendere l’enormità di quel dolore che non poteva essere narrato, un dolore privato che colpisce gli affetti più cari, ma che ha origini sociali nell’intolleranza, nel razzismo, nella violenza. Rendere conto di questa esperienza di lettura è difficile, non si può troppo svelare senza distruggere la perfetta costruzione di questo narrare e il piacere che ne può trarre chi legge. L’autrice riesce in uno dei migliori escamotage narrativi: far sì che chi narra tenga l’attenzione di chi legge su qualcosa che non costituisce il cuore della narrazione, mentre le cose importanti scorrono di lato e possono essere viste solo con la coda dell’occhio.
Nicoletta Gramantieri (da LiBeR 144)
La probabilità di ogni cosa
Sarah Everett;
trad. di F. Merati
Rizzoli, 2024, 336 p.
€ 17,00 ; Età: da 13 anni