Miyoko Matsutani, illustrazioni di Barbara Nascimbeni; trad. di Marcella Mariotti
Salani, 2005, p. 119
(I criceti)
€ 7,50 ; Età: da 5 anni
Parte del successo di quest’opera, che ha portato per la prima volta in Italia una delle più importanti autrici contemporanee giapponesi per l’infanzia, è sicuramente dovuto alla perizia della traduzione, perché I miei primi tre anni è soprattutto un romanzo per le orecchie. È l’udito l’organo privilegiato dalla scrittura dell’autrice, che con un’abbondanza di onomatopee, rumori e canzoni sembra ricreare il processo evolutivo della piccola Momo, per la quale i suoni vengono prima della parole. Questo è un romanzo fatto per essere narrato e ascoltato, strutturato come racconto diretto dell’autrice ai lettori, coinvolti in prima persona attraverso domande e sollecitazioni; è un’esortazione implicita a un rapporto adulto/bambino basato sulla trasmissione orale. Perché in questo romanzo scritto per i più piccoli Matsutani si rivolge contemporaneamente a ragazzi e genitori facendo del loro rapporto uno dei nodi investigativi della narrazione. Il criterio con cui l’autrice sceglie i momenti più significativi dei primi anni di vita di Momo non mira solo a ricreare il mondo come percepito dal bambino, ma, adottando di volta in volta il punto di vista di Momo, della madre e del gatto Puu, mette a nudo gli schemi costitutivi delle dinamiche famigliari. Con la sua scrittura Matsutani riafferma il valore della letteratura come mezzo di indagine e di comprensione del reale, e per fare ciò assume come strumento principale il fantastico che nasce dal quotidiano, dalla magia delle piccole cose e dalla capacità di ascolto e comprensione a cui sottende il riconoscersi come manifestazioni diverse di un unico tutto. La fantasia e il sogno sono dimensioni che non sono mai separate in modo netto dal reale, in quanto strumenti preziosi per comprendere e definire l’effettiva portata del mondo circostante. I miei primi tre anni è un’epopea della crescita, del “diventare grandi” inteso come continuo progresso e cambiamento per mezzo dell’acquisizione di conoscenza/coscienza e dell’assunzione di responsabilità. Compiuti i tre anni Momo supera il suo rito di passaggio regalando il suo biberon e affronta la sua prima prova da grande non piangendo dal medico. Eppure i primi a negare questo suo avvenuto passaggio sono proprio coloro che l’hanno così tanto declamato: gli adulti.
“Era troppo! Dire che era grande solo quando doveva fare le punture… che roba!?!” Esclama Matsutani invitando tutti gli “adulti” a un attento esame di coscienza.
R. Tiberi
(da LiBeR 73)