Non chiamatela Crudelia Demon
Anna Lavatelli
Piemme, 2012, p. 200
(Serie Rossa)
€ 8,00 ; Età: da 11 anni
Pregiudizio, storia, adolescenza: questi i temi nel nuovo libro di Anna Lavatelli che ancora una volta combina prosa semplice, mai banale, con contenuti importanti all’interno di un ritmo narrativo dove, paradossalmente, sono le pause, e le successive riprese, a creare quel moto di accelerazione che sospinge la curiosità del lettore.
Katia, 15 anni, si sente “come un criceto sulla ruota”. Proviene da un ambiente sociale medio-basso, con un padre che rischia la cassa integrazione e una madre con la quale litiga “ancora prima di parlare”. La ragazza frequenta un gruppo di coetanei scaltri, coi quali non si identifica, ma di cui ha bisogno per domare l’“insoddisfazione cosmica”. Umori neri, la periferia che ha come meta massima il centro commerciale e il pregiudizio che cresce fino a trasformarsi in violenza, più che altro per noia. La vittima è Olga, detta Crudelia Demon, a cui la banda devasterà il giardino. L’anziana anziché sporgere denuncia parlerà con il loro preside che stabilirà una punizione socialmente utile: i ragazzi collaboreranno con i netturbini, Katia aiuterà Olga in casa.
L’autrice mette così sapientemente due solitudini a confronto: quella della donna, che ora forse ha bisogno di condividere il suo dolore, e quello della ragazzina che non riesce a trovare un senso nell’esistenza. Con pochi spunti alla volta (il romanzo di Anna Karenina, la poesia di Evtusenko) la protagonista si affaccerà sulla realtà russa degli anni Quaranta, dove le purghe politiche di Stalin uccideranno dieci milioni di persone, tra cui tanti italiani (come i genitori di Olga), espatriati proprio in Russia per fuggire al fascismo. Un’apertura su una pagina storica poco conosciuta dai ragazzi di oggi, che spronerà Katia ad apprezzare di più la sua stessa vita. Il diktat di Olga, sopravvissuta al gulag, “la vita bisogna viverla e non subirla” sarà il suo nuovo codice per interpretare la complessa partitura dell’adolescenza e per permettere all’amicizia sincera, senza pesantezze retoriche, di riempire lo spazio tra generazioni diverse.
Elena Baroncini
(da LiBeR 95)
