Il maestro nuovo
Rob Buyea; trad. di B. Masini
Rizzoli, 2012, p.297
€ 14,00 ; Età: da 9 anni
C’è un po’ di De Amicis, un po’ di Mario Lodi, un po’ del prof. Keating; si oscilla tra la sezione Baretti di Torino, il Vho di Piadena, il college dell’Attimo fuggente; il tutto trasportato in una quinta elementare americana, dove arriva un nuovo maestro, speciale, “magico” dirà la preside, “di quelli che ti cambiano la vita, quello che tutti avremmo voluto avere” scrive John Irving nella prefazione. E sette bambini che hanno avuto la vita veramente cambiata, con le loro famiglie, in meglio, raccontano un anno di scuola alternandosi, “in soggettiva”, alle volte lo stesso episodio, da punti di vista diversi. È consigliabile leggere di seguito per meglio cogliere l’evoluzione psicologica dei personaggi.
Mr. Terup sembra Mario Lodi quando non vuole lasciare i più timidi nascondersi nelle discussioni, quando fa crescere piantine di fagioli dai semi sperimentando le “variabili”, quando organizza un laboratorio di lettura, quando fa calcolare i fili d’erba del campo di calcio, quando manda gli scolari nella classe speciale per fare amicizia con ragazzi Down e autistici. Soprattutto vuole insegnare il principio della responsabilità personale (e l’ortografia? chiederebbe la prof. Mastrocola). Ogni bambina/o ha i suoi problemi: chi è timida, chi ha la madre guardata male perché è rimasta incinta a sedici anni, chi è bulla e chi è bullizzata perché grassa, chi è un burlone ma non conosce il limite, tanto da causare un grave incidente al maestro.
Ma c’è il lieto fine, come nei libri che piacciono a Jessica, che ne ha sempre uno in mano, da Nelle pieghe del tempo a Un ponte per Terabithia, con un effetto discreto di promozione della lettura, perché fa venire voglia di leggerli. E Cuore che c’entra? Le persone buone come il maestro – ci dice Buyea – fanno diventare le altre più buone: i bambini, ma anche gli adulti depressi, emarginati, fanatici. Qualcuno potrebbe accusare il libro di buonismo politicamente corretto (Giuliano Ferrara magister). Forse è vero, ma, come dice il vecchio sceriffo di Non è un paese per vecchi davanti alla mattanza: “quando non si dice più ‘grazie’ e ‘per favore’ la fine è vicina”. Una nota di merito particolare a Beatrice Masini per la traduzione.
Fernando Rotondo
(da LiBeR 95)
