Hetty
Hetty E. Verolme; trad. di M. Fessart
Il Castoro, 2012, p. 240
€ 13,50 ; Età: da 11 anni
Bisogna arrivare a oltre metà di Hetty per rendersi conto fino in fondo che siamo in un campo di sterminio, quello di Bergen-Belsen. Il racconto di Hetty E. Verolme, ragazzina olandese portata via da Amsterdam per seguire la sorte dei correligionari ebrei introduce il lettore in uno dei momenti più drammatici della recente storia dell’umanità senza descrizioni macabre ma con una cadenza narrativa che fa sembrare gli avvenimenti una normale antica storia fiabesca.
A Bergen-Belsen (dove troverà la morte Anna Frank) la vita dei bambini di cui Hetty è parte integrante trascorre come fossimo in un vecchio borgo medioevale dove l’unico problema è la mancanza di cibo.
Hetty compie sedici anni, ma –su consiglio di donne più anziane che sanno cosa può voler dire essere donna fra soldati nazisti che conoscono soltanto la legge della violenza fisica ‒ continuerà ad affermare di non aver superato i tredici: la mancanza di cibo ha praticamente arrestato il suo sviluppo. Nel vastissimo campo di sterminio un folto gruppo di bambini è come fosse dimenticato dai capi responsabili: vivono così in modo diverso dagli altri internati e non sono quindi soggetti alle drammatiche regole quotidiane dell’appello e di altre violenze che scandiscono le giornate dei deportati.
Donne prigioniere si occupano di loro cercando continuamente cibo per consentirne la sopravvivenza. I capi nazisti del campo non infieriscono con la consueta violenza su questi piccoli prigionieri, ma mettono sempre in evidenza la loro innata ferocia. Dalle pagine di questo libro anche un giovane lettore non può non chiedersi come mai sia potuto accadere un genocidio così organizzato e disumano. Non sono sufficienti gli ordini di qualche dittatore, certamente pazzo, ma è necessario che gli esecutori siano disposti ad accettare (anzi a trovare “normale”) una violenza che non ha alcuna giustificazione umana. Questi uomini erano nati nella cultura cristiana che ha nel discorso della montagna la più alta espressione umana d’amore e di pace. Riusciamo a ricordarlo?
Roberto Denti
(da LiBeR 95)
