La prima indagine di Theo Boone
John Grisham; trad. di F. Paracchini
Mondadori, 2011, p. 238
(I Grandi)
€ 18,00 ; Età: da 12 anni
È un po’ come se il nostro Camilleri scrivesse La prima indagine di Salvo Montalbano. Grisham, l’autore di legal thriller più venduti nel mondo, ha pubblicato il primo di una serie di gialli giudiziari per ragazzi il cui protagonista è un tredicenne che al baseball preferisce le biblioteche di giurisprudenza e i processi. In uno sgabuzzino-ufficio nello studio dei genitori avvocati offre consulenze legali agli amici per casi talvolta non proprio piccoli: una compagna non vuole andare con nessuno dei genitori divorziati, il recupero dall’accalappiacani del cane di una brunetta (promettente), l’arresto per possesso di droga del fratello di un compagno, il pignoramento della casa di un altro compagno per il mutuo non pagato, l’arresto per guida in stato di ebbrezza del fratello della segretaria della scuola (addirittura). Grisham, da buon democratico dichiarato, nella tradizione degli avvocati alla Atticus Finch ne Il buio oltre la siepe, non nasconde le magagne della società americana, i problemi sociali dei senza tetto, senza lavoro, senza assistenza sanitaria e legale, degli immigrati clandestini che lavorano in nero.
Finché Theo non assiste al processo di un riccastro accusato di aver ucciso la moglie per intascare l’assicurazione, ma con prove deboli. Un amico gli rivela, dietro giuramento di non rivelare il segreto, che un suo cugino ha visto tutto, ma non vuole testimoniare perché è un immigrato clandestino e ha paura di essere espulso. Si capisce fin da subito che l’imputato è colpevole, l’autore non fa nulla per nasconderlo, quasi lo suggerisce. La suspense, però, è ben costruita intorno alla domanda: come farà Theo a non far assolvere il reo? E prima c’è un’altra domanda intorno a cui ruota la soluzione della vicenda: come mantenere il “segreto professionale”, cioè “proteggere” l’identità del testimonio riluttante, ma convincerlo a testimoniare?
Alla fine forse il lettore giovane rimarrà un po’ deluso, perché il processo sarà soltanto annullato e l’imputato né condannato né assolto. Ma nell’ombra un vilain guarda minaccioso Theo come a dire: “Sei stato tu. Lo so. E non ho finito con te”. Alla prossima indagine.
Fernando Rotondo
(da LiBeR 92)
