Il fazzoletto bianco
Viorel Boldis; ill. di Antonella Toffolo
Topipittori, 2010, p. 28
€ 14,00 ; Età: dai 9 anni
Un racconto che unisce drammaticità e tenerezza, con una intensa e dolce forza narrativa, con parole di estrema misura, senza alcun riflesso di retorica, in cui sarebbe stato facile cadere per una vicenda contemporanea che parla di vita tradizionale e di emigrazione.
“Avevamo una casa bellissima, con muri di mattoni blu scuro come il cielo prima di una tempesta autunnale”: è questo l’inizio del libro che immerge il lettore in descrizioni e fatti concreti cadenzati con una scrittura al limite di tonalità poetiche. Il giovane protagonista vive in Transilvania, “terra misteriosa, fatta di leggende e miti, draghi e vampiri, streghe e malocchi.”
È la tradizione della cultura contadina che ancora non risente della vita ansiosa della città. Tutti si conoscono, i bambini, pur frequentando la scuola, iniziano sui sette anni a lavorare nei campi, a tagliare l’erba più alta di loro con una falce a misura d’uomo adulto. “Dio buono, quant’era faticoso, ma quanto mi piaceva!” Il bambino si sente importante e utile, seguendo le tradizioni millenarie che lo portano anche a pascolare capre, mucche, bufali: giornate e stagioni pesanti ma integrate in un mondo che non lascia alternative. Il papà del protagonista “era un uomo duro, un generale con se stesso e con tutti. Senza ombra di dubbio mi voleva bene, però, quando combinavo qualche ragazzata, e ne combinavo tante, mi dava botte tremende”. Era quindi necessario aspettare che la collera del papà passasse per evitare altre forme di punizione. Come fare a saperlo? Ci pensava la mamma che, quando le acque si erano calmate, metteva alla finestra un fazzoletto bianco, segnale di ritorno alla tranquillità.
Il bambino è ormai adolescente e decide di lasciare il paese “in cerca di fortuna”. Reazione negativa dei genitori, in particolare del padre. Il figlio emigrante all’inizio manda lettere che non ottengono mai risposta. Per quasi due anni non si fa vivo, poi decide di tornare. Scrive un’ultima lettera: per fargli sapere che viene accettato chiede, al momento del suo rientro, di trovare alla finestra il fazzoletto bianco di quand’era bambino. Quando torna il paesaggio è cambiato: gli sembra addirittura che la sua casa non esista più. Lascio al lettore l’intensa emozione del finale, scandito con cadenze e accenti assolutamente sorprendenti.
Alla felicità del racconto si aggiungono le immagini in bianco e nero, proposte come fossero antiche incisioni.
Roberto Denti
(da LiBeR 90)