Solo per un giorno
Laura Leuch, Marc Boutavant
Motta Junior, 2010, p. 32
(Gli aquiloni)
€ 12,00 ; Età: da 6 anni
Il gioco del “se fossi”, si sa, è un efficace espediente per immaginare, per giocare, per scrivere: un piccolo trucco che insieme libera e stimola la fantasia, distrae la timidezza e mette in moto l’energia desiderante, quella cifra psicologica ed esistenziale così preziosa per crescere, per conoscere il mondo e se stessi. E proprio l’energia desiderante inventa paradossi e situazioni buffe, che fanno ridere perché sono inaspettate, e però insieme coccolano, a ogni giro di pagina, con il piacere della parola in rima. Così il bambino dell’albo, che parla in prima persona, immagina di essere un coccodrillo, un altro animale o uno scimpanzé, e di compiere, in questi ruoli, azioni impreviste, godibili, immaginifiche, come anche solamente prendere un tè.
Il merito principale di questo albo, così semplice nella struttura e nel testo, è di essere illustrato da Marc Boutavant, uno dei giovani illustratori più promettenti della scena internazionale, capace di orchestrare molte storie e atmosfere, che incantano il lettore anche giovanissimo, fanno sorridere. Boutavant è capace di inventare personaggi che appartengono a una sfera stilistica sua peculiare, un po’ come accadeva per il grande Richard Scarry. Così viene voglia, dopo aver esplorato le pagine e i serragli minuziosi dell’illustratore belga, di esplorare ancora, e di immaginare, a occhi chiusi e aperti, viaggiare con lo sguardo, con la fantasia, grazie alle figure e alla magia di ogni ipotesi che apre un’altra strada, un’altra finestra, un’altra storia.
La veste editoriale del libro è raffinata, la copertina di carta opaca e gialla ha un attraente aspetto retrò, la carta una grammatura gradevole che ben valorizza i colori e lo stile di Boutavant.
La storia è bella, perché non è solo l’esercizio dell’immaginazione e del desiderio, e la sorpresa della versione onirica offerta da Boutavant, ma è anche la costruzione del gioco stesso a essere ricca di senso, quando il narratore giunge a dire, alla fine, che sarebbe bellissimo essere qualcun altro, o qualcosa d’altro, ma che è anche e sempre la sfida più alta e avventurosa quella di essere se stessi: il piccolo lettore (insieme al lettore che si presterà alla lettura ad alta voce) si può letteralmente specchiare, nella penultima pagina, e trovare la sua faccia nel libro, un piccolo gioco con la pagina che traduce perfettamente nell’esperienza l’ipotesi dell’immedesimazione.
Marcella Terrusi
(da LiBeR 88)