Kafka e la bambola viaggiatrice
Jordi Sierra i Fabra; trad. di E. Rolla
Salani, 2010, p. 121
€ 12,00 ; Età: da 10 anni
1923, ultimo anno della vita di Kafka. Lo scrittore vive con Dora Diamant, giovanissima e proveniente da una famiglia di ebrei chassidici lasciata in Polonia, in un sobborgo di Berlino, lo Steglitz. Passeggiando nel parco incontrano una bambina in lacrime: ha smarrito la sua bambola. L’autore de Il Castello percepisce l’entità della tragedia, il dramma di un abbandono simbolo dell’addio all’infanzia, e consola la piccola, Elsi, spiegandole che la bambola Brigida “è partita per un viaggio” e che, essendo lui il postino delle bambole, ha già una sua lettera da recapitarle.
Confermato dalla Diamant, l’episodio fu oggetto di indagini, infruttuose, per ritrovare bambina e missive da parte di uno dei più grandi studiosi di Kafka, Klaus Wagenbach, investigazione su cui poi scrisse nel 2004 lo scrittore argentino Cèsar Aira che, dalle pagine di El Paìs, ispirò a Sierra i Fabra il libro con l’invenzione delle presunte lettere, scritte all’epoca da Kafka per tre settimane e “in preda allo stesso stato di esaltazione nervosa che lo assaliva ogni volta che si sedeva alla scrivania”.
Reali i riferimenti allo scrittore praghese nel romanzo: si citano Max Brod, che avrebbe dovuto distruggere – dopo la sua morte – tutta la sua opera, e La costruzione della muraglia cinese a cui stava lavorando quando incontrò Elsi. Ma, anche se non avesse questo protagonista d’eccezione il volume – Premio Nacional de Literatura Infantil Y Juvenil 2007 e Premio Protagonista Jove 2010 – vivrebbe di “sé”, primo per la poesia e la forza introspettiva di un linguaggio che accompagna il lettore nei diversi viaggi del libro: quello di Brigida, che pur emancipandosi riconosce il valore della memoria (“ognuna di noi vivrà nella memoria dell’altra e questa è l’eternità”); quello di Elsi alla scoperta della propria interiorità e della “necessità della speranza”; quello del protagonista nella relazione di sorpresa-aspettativa con un bambino. Secondo, per la funzione data alla narrazione: Elsi perde un giocattolo, ma riceve in cambio una storia e la possibilità, attraverso passaggi dal mondo immaginario a quello reale, di elaborare la perdita, di drenare il dolore per ridare fiducia ai sogni perché “senza sogni non siamo altro che corpi perduti che vagano nel quotidiano”.
Elena Baroncini
(da LiBeR 88)