Kate Klise, ill. di M. Sarah Klise
Il castoro, 2010, p. 147
(Il Castoro bambini)
€ 12,50 ; Età: da 9 anni
Il celebre e un po’ misantropo scrittore Achille Rompi è in crisi creativa e non riesce a dare alle stampe l’ennesimo romanzo della serie Spettri mordaci. Attanagliato dai debiti e dalle clausole vessatorie che lo legano al suo editore, decide di prendere in affitto una villa per l’estate, in cui coltivare l’ispirazione e dedicarsi tranquillamente alla scrittura.
Perciò si stabilisce nella cittadina di Terrorville, in una villa vittoriana, il genere di casa proverbialmente infestata dai fantasmi, e quindi ambientazione ideale per il suo nuovo romanzo. Ma nonostante il cambiamento, la vena creativa di Achille continua a latitare. Di certo non lo aiuta la convivenza imposta dal contratto di affitto con Max Speranza, il figlio dei proprietari di casa, rimasto a casa mentre i disgraziati genitori girano il mondo spensierati. Achille accusa Max di fare troppo rumore in casa e di impedirgli di lavorare. A sua discolpa Max chiama in causa il fantasma di Elettra, la donna che fece costruire la casa nei primi anni del Novecento. Elettra Spettri, che in vita era stata una scrittrice incompresa, ora continua a vivere indisturbata nella sua casa in perfetta armonia con Max. E anche Achille, dapprima scettico sull’esistenza dei fantasmi, dovrà fare i conti col vivace spirito della vecchia Elettra, che si rivelerà fondamentale per la stesura del suo nuovo romanzo…
La lettura di Un fantasma in soffitta è assai leggera e spensierata. Ma tra le righe disimpegnate di questa storia che per molti aspetti ripropone, in parodia, i topoi dei racconti di fantasmi, si avvertono tracce di solitudini, di abbandoni, delle aspirazioni a volte deluse dei protagonisti. La narrazione è affidata ai continui scambi epistolari tra i personaggi coinvolti nella storia, ai ritagli epistolari della gazzetta di Terrorville e ai disegni con cui Max fotografa le giornate all’interno della casa stregata. Ciò non disorienta il lettore alle prime armi, ma lo conduce passo passo a un epilogo che è una celebrazione della “famiglia”, intesa come gruppo di persone (non necessariamente legate da vincoli di sangue e nemmeno necessariamente vive) che scelgono di vivere insieme, in modo maturo e consapevole.
Sara Deriu
(da LiBeR 88)