Sposerò Berlusconi
Nicola Cinquetti
Mondadori, 2010, p. 103
(24/7)
€ 14,00 ; Età: da 12 anni
Non posso credere che il titolo, non felice e a mio parere fuorviante, di questo romanzo, sia stato scelto dall’autore. A me fa pensare piuttosto un’operazione di marketing editoriale che (forse ispirata dalla piccola produzione cinematografica del 2009, un cortometraggio di Andrea Costantino dal titolo Sposerò Nichi Vendola?), vuole, oltre che attrarre l’attenzione, sottolineare forse l’ambientazione “doppia” di questo racconto: la storia di Nicola si svolge fra il luogo interiore dove si sviluppano i sentimenti (e la versione sociale dei sentimenti) e il mondo esterno, quello collettivo e condiviso, dove insieme ai legami sociali si producono icone, stereotipi, quelli che i sociologi chiamano “desideri indotti”. E di desiderio infatti scrive, Cinquetti, con la sua lingua sempre gradevole, ironica, elegante e motivata, in un breve romanzo scorrevole e intelligente ambientato proprio in quella zona di mezzo in cui le voci interiori suggeriscono modalità anche un poco allucinate per le esperienze esterne, e le esperienze suscitano echi che si allargano a dismisura: l’adolescenza.
Una prima adolescenza delicata e ancora soffice come l’infanzia, dove il protagonista trova segnaletiche discrete ma efficaci che lo accompagnano nel cambiamento, nell’errore e nella delusione, e soprattutto nella crescita e nella conoscenza di sé.
Una piccola storia di crescita (l’intreccio non è a mio parere il suo punto di forza), ma soprattutto un esercizio di scrittura che cattura alcune verità interiori mentre le fotografa sullo sfondo della contemporaneità: ecco allora cosa c’entra il divorzio di un premier (che ha la stessa realtà, per gli adolescenti, di un personaggio da soap opera) con l’omeopatia e il bacio di una miss come premio per una gara sportiva, ma anche con Arianna, l’amicizia, un angelo stanco di stare fermo, la realtà dove una madre sola, un buon libro, e una propensione per le domande sono rimedi omeopatici per la nullificazione del pensiero, o quantomeno per quella che Italo Calvino chiamava “la peste del linguaggio”. I libri di Nicola Cinquetti contengono sempre una quota dell’antico antidoto e per questo valgono la pena di essere letti.
Marcella Terrusi
(da LiBeR 87)