Siamo in guerra e nessuno me lo dice
Lia Levi
Mondadori, 2010, p. 44
(I sassolini)
€ 7,00 ; Età: da 6 anni
“Il fatto è che quel giorno lì, il 10 giugno 1940, noi tre bambine, io e le mie due sorelle, ci trovavamo a Torino senza genitori…”. Comincia così, con una data “ingombrante”, Siamo in guerra e nessuno me lo dice di Lia Levi, una manciata di pagine nell’agile collana I sassolini in cui l’autrice di Una bambina e basta – suo esordio nella letteratura infantile del ’94 – sorprende ancora una volta per quella grazia di stile capace di declinare con semplicità la Storia e i suoi orrori, senza mai dimenticare “il punto di vista bambino”. Anzi, facendo proprio di questa ottica, grazie a una sapienza psicologica e a una repulsione profonda per la retorica, il punto di partenza per la rilettura del passato al di là di ogni ambiguo revisionismo. “Il pericolo più grande è quello di scrivere qualcosa di didascalico – disse l’autrice in una intervista – “Devi mettere in gioco piccole storie di vita, problemi piccolini, altrimenti il rapporto con la storia è impossibile”. Quindi scene d’infanzia e quotidianità, come quelle di questo racconto – con le illustrazioni solari di Desideria Guicciardini – in cui tre sorelline, accompagnate dalla tata Mariuccia, giocano nei giardini torinesi di piazza Carlo Felice quando a un certo punto gli adulti si radunano attorno agli altoparlanti perché “Mussolini, ‘il Duce’, avrebbe parlato al popolo italiano”.
La compagnia torna a casa, ma i bombardamenti dei francesi cominciano la notte stessa e la pavida Mariuccia, in difficoltà a gestire la situazione, non solo non porta le piccole nel “rifugio” (non sa che cosa sia) ma per tranquillizzarle inventa una storia su una prova generale del conflitto con tanto di fuochi d’artificio.
La cosa più interessante di questo libro, al di là dei temi di memoria e infanzia da sempre cari alla Levi, è che è rivolto ai lettori di sei anni – neofiti in una scuola elementare dove non si studiano più Garibaldi, Mazzini e tutta la storia contemporanea – e che potrebbero, lo speriamo vivamente, chiedere “Ma chi era questo Mussolini?” costringendo l’adulto a una riflessione e a una risposta intelligente, teletrasportando fuori dal racconto proprio il suo nucleo: la mediazione dei grandi che spesso censurano realtà scomode o difficili.
Elena Baroncini
(da LiBeR 87)§