Bambini nel bosco
Beatrice Masini
Fanucci, 2010, p. 200
(Tweens)
€ 14,00 ; Età: da 12 anni
In un paesaggio terrestre sconvolto da una devastazione globale, l’umanità si attrezza per dare minime prospettive di futuro ai bambini sopravvissuti: gli Avanzi, raccolti in giro per il pianeta dopo la catastrofe; e i Dischiusi, originati da embrioni umani tratti in salvo dalla distruzione.
I bambini sono segregati nella Base, squallido villaggio circondato da un fitto bosco, e nell’attesa che qualcuno ne rivendichi la potestà subiscono una rigida disciplina. Conosciamo uno dei gruppi della Base, otto bambini tra cui Tom, un Avanzo che seguendo per istinto i penosi stimoli delle sue visioni interiori trasgredisce la regola, si addentra nel Bosco, e qui trova un vecchio libro di fiabe. Tom lo sa leggere, e in virtù di questa sua capacità guida il suo gruppo in una fuga senza meta attraverso il bosco. È la parte centrale, la più lunga e densa del romanzo. Lo sguardo di uno dei sorveglianti fa da contrappunto al vagare dei bambini: è Jonas, pieno di dubbi, colto da oscure inquietudini per ciò che osserva nei monitor di controllo. La distanza tra sorvegliante e fuggitivi – tra adulti e bambini – separati da una telecamera, si carica di una tensione esistenziale, e quando il gruppo in fuga tornerà alla Base di partenza la loro sarà stata una traiettoria solo apparentemente circolare. Come nella migliore tradizione del romanzo di fantascienza distopica, Beatrice Masini ci lascia immaginare un mesto futuro apocalittico: una società regredita a uno stadio primitivo e gerarchizzato, l’annullamento dell’individuo in un dedalo di imposizioni che ne avvilisce l’identità, la perdita della memoria individuale e collettiva. E con la forte personalità di una grande autrice, usa questo contesto formale per veicolare il suo monito al lettore-uomo di oggi: bambini e adulti si osservano e si cercano, si inseguono in circolo separati da una distanza vertiginosamente piccola. Soli, nel tentativo di ricomporre l’inafferrabile interezza della propria identità, l’uno cerca nell’altro un pezzo mancante. Leggiamo la devastazione terrestre come dolente metafora del freddo e dell’abbandono che ciascuno subisce in questo mancato incontro, e che attraverso le pagine del romanzo anche noi percepiamo empaticamente, dall’interno: il bambino a cui manca un abbraccio incondizionato; l’adulto che ha perso uno sguardo innocente sul mondo.
Fausto Boccati
(da LiBeR 87)