Una volta… Storia di Felix
Morris Gleitzman, ill. di Desideria Guicciardini; trad. di L. Serratore
Mondadori, 2009, p. 200
(Junior + 9)
€ 7,50 ; Età: da 9 anni
“Per concepire questa storia, ho dovuto spingere la mia immaginazione oltre i confini dell’inimmaginabile.” Sono parole di Morris Gleitzman, sono le ultime parole di questo piccolo, prezioso libro.
Oltre l’inimmaginabile. Oltre l’indicibile. Oltre l’orrore. Un orrore che si deve avere la forza di attraversare per restituire voce a “tutti i bambini che non hanno mai potuto raccontare la loro storia” e ai quali l’autore dedica Una volta… Storia di Felix.
La strada che Gleitzman sceglie è quella di dare voce proprio a un bambino e di portare la narrazione a una dimensione fantastica, su un piano che trasfigura la realtà, filtrandola attraverso lo sguardo di Felix che tutto osserva e tutto annota. Solo così, aiutandosi e consolandosi con le storie che scrive, Felix riesce a sopportare la separazione dai genitori, a vincere la nostalgia, a passare attraverso la violenza, la brutalità, l’abiezione, la deportazione, senza rimanere “pietrificato” da ciò che vede. Polonia 1942, siamo in pieno conflitto mondiale. Da tre anni e otto mesi Felix vive in un orfanotrofio cattolico dove i suoi genitori lo hanno condotto per sottrarlo alla follia nazista. Qui aspetta ogni giorno che il papà e la mamma ritornino, li pensa e scrive loro e di loro nel suo taccuino. Ogni giorno inventa una storia che li vede protagonisti, storie fantastiche e inverosimili, perché questo è il grande dono di Felix: saper raccontare le storie per consolare se stesso e le persone che incontrerà sulla sua strada. Quando un giorno Felix, dalla finestra della camerata, vede dei signori con una fascia sul braccio che accatastano i libri e ne fanno un rogo, decide di fuggire per raggiungere i suoi genitori librai e avvertirli che i tedeschi bruciano i libri degli ebrei. Un viaggio difficile perché ci sono la guerra e la fame, il dolore e l’idiozia di chi prima ti era amico e ora invece ti odia. Ma in questo viaggio ci sono anche la piccola amica Zelda e Barney, il dottore che di notte cura i malati nel ghetto, ma anche i nazisti, in cambio di cibo per i bambini. Un giorno dopo l’altro, finché arriva il momento in cui il sangue e i morti sono troppo veri, e si deve capire che mamma e papà non torneranno. Allora le storie non basteranno più. “Una volta amavo le storie, ora le odio. Odio le storie sui genitori che dicono che torneranno a prendere i propri figli e non si fanno più vedere.” (p. 161)
Paola Bertolino
(da LiBeR 86)