Il libro della gloria
Lloyd Jones; trad. di A. Sirotti
Einaudi, 2009, p. 209
(L’Arcipelago)
€ 13,50: Età: da 14 anni
L’8 agosto 1905 27 giovani giocatori di rugby partirono da Aukland (Nuova Zelanda) verso l’Europa e l’America, vinsero 32 partite su 33 e segnarono 830 punti a 39. Di lì nasce la leggenda degli Original All Black, in maglia nera e haka, danza rituale maori prima della partita che un professore di Cambridge riconobbe come il “grido di battaglia di Achille” e che oggi vediamo in tv.
Il libro della gloria è cronaca romanzata, epopea di un’impresa, ricostruzione della nascita di un mito moderno, scritte con osservazioni ora quasi diaristiche nei dettagli individuali e quotidiani e ora quasi poetiche.
L’autore annota puntigliosamente il numero di righe che i giornali dedicano alle partite, più di importanti e drammatici eventi internazionali come la sommossa di Varsavia, il massacro di Odessa, le leggi di Roosvelt contro il linciaggio, i pogrom contro gli ebrei (affogati dentro gabbie nel fiume). Siamo alle scaturigini di fenomeni di massa come il tifo e il divismo, anche se i nostri (calzolai, falegnami, macellai, minatori, impiegati), in mezzo alle decine di migliaia di persone negli stadi e alle migliaia che li attendono nelle stazioni o davanti agli alberghi, guardano tutto con un senso di stupore quasi infantile, che poi diventa consapevolezza profonda. I lettori adolescenti, appassionati di sport e in particolare di rugby, apprezzeranno le cronache tecniche e il profondo senso morale che dà il gioco di squadra (condivisione, unità di intenti, sacrificio), nonché il ritmo da cronaca giornalistica e la leggerezza epica mai gonfia di retorica, ma soprattutto il caleidoscopio di avvenimenti, ora umoristici (le ragazze che li assaltano baciandoli e cacciandogli la lingua in bocca), ora commoventi (il ritorno “a casa” fra i nonni irlandesi), ora strabilianti (75.000 spettatori a Londra, 45.000 a Cardiff, 30 treni speciali, miniere chiuse per l’occasione, valli vuote tranne donne e bambini piccoli). Partirono salutati da cento persone, tornarono ad Aukland accolti da migliaia e dal Primo ministro, contenti di tornare a “orbitare nel nostro piccolo mondo/ di calzolai e fonditori”. E poi? La conclusione alla Spoon River sarebbe piaciuta a “Nanda” Pivano: “tutti i vecchi protagonisti sono morti. Tutti morti. Sepolti. Muti”.
Fernando Rotondo
(da LiBeR 85)