Nino De Vita, illustrazioni di Michele Ferri
Orecchio Acerbo, 2006, p. 48
€ 13,00 ; Età 8-11
Il problema della caccia è molto complesso: se ne parla sui giornali, alla televisione, alla radio quando si apre la stagione delle doppiette. Ma la caccia è un fenomeno ancestrale che qualcuno considera addirittura genetico. Si può affrontare l’argomento con i bambini? Nino De Vita ci ha provato. L’autore è uno dei maggiori poeti siciliani viventi: alla fine del libro troviamo la sua ballata in dialetto. Il testo, invece, è tradotto in italiano, con una cadenza narrativa molto seducente. La storia racconta di un cacciatore accanito: “Bastava che due ali si muovessero, un ciuffetto, una testina – da una verga, la cima di qualche cosa – e tiravo.” Se mancavano animali in movimento, il cacciatore sparava alle lattine vuote delle bibite, alle foglie, ai pomodori e ai berretti lanciati in aria. Anche l’uso del fucile, il suo rinculo, l’odore della polvere da sparo rappresentano un’eccitazione esaltante. C’è poi il piacere di prepararsi da solo le cartucce calibrando polvere e piombo in quantità diverse per gli uccellini, per gli uccelli più grossi, per le gru; il piacere di andare a caccia con un amico che ti ospita in automobile raggiungendo località lontane attraverso sentieri pieni di buche e di sassi per sfuggire ai controlli delle guardie. Sorprendentemente in un giorno di settembre “questa smania cessò”. Il cacciatore spara a uno stormo di allodole che vola alto nel cielo. “Una si fermò sospesa, nell’aria, poi cominciò a girare, a scendere, ferita, a scendere e venne a stramazzare vicino, su una striscia di terra già arata.” Lo sguardo dell’allodola incontra quello del cacciatore: “Cominciai a guardarla come per sfidarla, aizzarla… Dopo non so, mi intenerii. Avvertii alla gola come un nodo…” Da quel momento il cacciatore ha finito di essere tale e si vergogna del suo passato. “Nino De Vita – scrive Goffredo Fofi nella postfazione – ha ragionato sulle sue responsabilità di uomo. Sa di cosa l’essere umano è stato ed è capace sul produrre sofferenze ai suoi simili e ai suoi prossimi, umani e animali, ma che si può, che si deve smettere, spezzare il cerchio della forza che opprime e distrugge.” Il fascino di questo libro è dovuto anche alle illustrazioni. Il tema narrativo – scandito su modulazioni poetiche – non si presenta facile da rendere in immagini. Michele Ferri c’è riuscito con una intensità espressiva che rafforza e intensifica l’effetto della parola.
R. Denti
(da LiBeR 71)