Giusi Quarenghi; ill. di S. Mulazzani
Franco Cosimo Panini, 2008, p. 36
(Illustrati d’autore)
€ 16,00 ; Età: da 4 anni
La scrittura di Giusi Quarenghi ci fa sentire a casa, e al contempo ci apre gli orizzonti. Traduce situazioni comuni, immagini di quotidianità in una lingua poetica familiare e nuova, dove la mano “era rimasta appesa a una porta, e bussava bussava”, dove il piede “si era confuso con una ruota e pedalava pedalava” e la pioggia è “uno sbadiglio d’inverno che si era fatto nuvola”. Forse è limitante chiamarla “scrittura” la sua: si tratta sempre e comunque, in qualsiasi modo si presenti, di poesia. L’animo di poeta di Giusi Quarenghi si dispiega anche quando dovrebbe semplicemente creare il testo di un albo illustrato, come è questo, e lo trasforma in poesia visiva perché anche i piccoli ne possano godere. Con l’intervento, ben inteso, delle splendide illustrazioni di Simona Mulazzani, che sa accostare colori piatti a raffinati grafismi (come quelli della balena o del mappamondo, che mi hanno conquistata). Lì, in quel globo ricco di case, strade, fiori, navi, uccelli e pesci, come in ciascuna pagina, così come in ogni illustrazione, riecheggiano i suoni del testo. Sono parole semplici ma importanti, che ci nutrono come il pane, a patto che risuonino dentro di noi: sono “desiderio”, “mondo”, “sogno”, “parola”, “silenzio”. Nella prima parte del libro le situazioni appaiono statiche e sospese – “C’era una volta un fischio, aveva preso un treno e viaggiava viaggiava”, oppure “C’era una volta un desiderio. Si era fidato del mondo e aspettava aspettava”. Nella seconda parte invece, dopo la doppia pagina centrale a fondo nero che fa da cesura e sulla quale campeggiano caratteri cubitali in forma di edifici, tutto acquista ritmo, energia e movimento: “La porta diventò tamburo suonò la casa e rimbombò il muro”, “La montagna si mise la luna in testa e la parola scoprì il silenzio e fece festa”, “Il desiderio stanco di aspettare il mondo aprì le braccia per un girotondo e chi non aveva troppo da fare saltò nel cerchio e imparò a sognare”. Eccoli qui gli orizzonti di Giusi Quarenghi, accompagnati da illustrazioni che ne esaltano l’elemento imponderabile: ci conducono nel territorio della libertà. Bastano poche parole per tratteggiarlo, ma sono sufficienti a renderlo enormemente grande, senza confini. Libero, appunto.
Angela Dal Gobbo
(da LiBeR 83)