Antonio Faeti; disegni di Anna Brandoli
Fabbri, 2006, p. 378
(I delfini)
€ 9,00 ; Età: da 12 anni
Nel dopoguerra la letteratura italiana per l’infanzia ha conosciuto una rivoluzione radicale grazie a due persone. Una è Gianni Rodari, lo scrittore e il poeta in cui la fantasia cavalca con la ragione e la passione civile. L’altra è Antonio Faeti, lo studioso che ha insegnato a guardare la materia con occhio diverso, nell’ambito della letteratura popolare e di un universo comunicativo ricchissimo di riferimenti e significati. Faeti ha anche scritto libri per ragazzi, due dei quali, La vera storia di Pocahontas e Il gobbo misterioso, vengono ora ripubblicati insieme. Salta subito agli occhi il procedimento tutto balzacchiano della circolazione degli stessi personaggi entro romanzi diversi: gli alunni di una scuola media bolognese. Nel primo romanzo la principessa indiana è il simbolo dell’incontro con l’Altro, tra culture diverse. Nel secondo, Quasimodo, il gobbo di Nôtre-Dame, conduce i ragazzi a un non meno significativo incontro con il diverso, apparentemente un mostro, in realtà una presenza benefica. E qui Faeti lascia cadere con sapiente noncuranza un indizio, una traccia, una spia che rimanda a Boo, il debole mentale, temuto ma alla fine salvifico per i due bambini in pericolo, de Il buio oltre la siepe. È una lezione tutta faetiana questa: parlare di traverso, alludere, fingere di guardare altrove per indicare la luna agli sciocchi che si perdono dietro un dito. La ripubblicazione insieme dei due racconti, inoltre, mette in luce in tutta evidenza un protagonista ovviamente già presente, ma a cui in precedenza non erano state attribuite l’imprescindibile nettezza e importanza: Bologna. Cioè una città in gran parte segreta, sconosciuta, misteriosa, con tanti giardini nascosti, porticine, vie d’acqua sotterranee. Come dice lo stesso autore nella postfazione: “un nuovo personaggio a volte più insinuante di Pocahontas, a volte più misterioso del gobbo…la mia città”. Lo aveva già scritto Cesare Pavese che i nostri sogni hanno sempre due componenti: l’Altrove e il Qui, Mompracem e il cortile dove giocavamo agli indiani. Come i veri favolisti, Faeti non si sottrae al dovere della morale: mai accontentarsi delle apparenze, ma sempre andare sotto la superficie, occhieggiare dietro le siepi buie. In copertina ci viene incontro una squaw che sembra uscita dalla matita di Hugo Pratt e invece è disegnata dalla bravissima Anna Brandoli.
F. Rotondo (da LiBeR 71)