Silvia Roncaglia
Fanucci, 2009, p. 240
(Teens)
€ 14,00 ; Età: da 14 anni
Silvia Roncaglia aprì la collana Teens con Caro Johnny Deep (Fanucci, 2005), romanzo d’amore e di formazione che si segnalava per la capacità di penetrare con leggerezza e sensibilità nel mondo psicologicamente contraddittorio delle “giovani adulte”. In questo nuovo romanzo irrompe la Storia e l’attualità più immonda, perché non si può ignorare né il passato né il presente, non si può evitare la pesantezza della realtà. Roncaglia intreccia una ordinaria storia d’amore e di vita adolescenziale con le memorie terribili della Shoah e le tematiche civili ed etiche attuali della persistenza dei movimenti neonazisti. 1989, anno memorabile della caduta del Muro di Berlino, della strage degli studenti in piazza Tienanmen, del premio Nobel al Dalai Lama, del Milan Campione d’Europa, di Madonna e degli U2. Sara, quindicenne timida bellezza, conosce il primo amore con Francesco, bellissimo come Dylan Dog, che però si rivela un principe tenebroso che nasconde dietro l’apparente tracotanza una debolezza di fondo e si fa trascinare da un nuovo compagno, Helmut, naziskin, picchiatore, fino ad adottarne la divisa (cranio rasato, Dr. Martins) e, peggio, l’ideologia. Sara, madre ebrea e padre cattolico non praticanti, dopo aver rifiutato con fastidio, come anticaglia da gettarsi alle spalle la sua ascendenza e lo sterminio di tanti parenti, scopre che al passato non si può sfuggire quando Francesco, istigato dall’amico, le rinfaccia la sua “razza” e per dispregio le strangola l’amato Kabir: “Gatto ebreo” lascia scritto su un foglio.Affiorano allora mozziconi di parole dimenticate, orecchiate nelle cerimonie familiari partecipate più per tradizione che per religione: Schemà Israel, Adonai Elohenu, “Ascolta Israele”, “Signore nostro Dio”. E poi, “Perché mai è diversa questa sera?” – la prima domanda che pone il bambino più piccolo la sera di Pesach, la Pasqua degli ebrei, che ricorda la fuga dall’Egitto e dalla schiavitù. Silvia Roncaglia, anche lei come Sara di famiglia ebrea ma non osservante, sa equilibrare con delicato dosaggio, e con una scrittura tanto più alta e nitida quanto più è bassa e ignobile la materia, un mix di drammi familiari, disagio e fatica del crescere, peso della storia, incubi del presente.
Fernando Rotondo
(da LiBeR 83)