Istvan Banyai e Sara Gillingham
Il Castoro, 2006, p. 44
(Fuori collana)
€ 14,50 ; Età: per tutti
Dopo l’acclamato Zoom, ecco, ancora per i tipi del Castoro, un’altra straordinaria avventura visiva creata da Istvan Banyai, ungherese di adozione americana, virtuoso disegnatore, vignettista raffinato, grafico e autore di eccezionale eleganza. Dall’altra parte è una esperienza visiva suggestiva, un po’ psichedelica, espressionista e un po’ intellettualistica forse, ma anche poetica, del tutto bizzarra, sorprendente, di sicuro incanto per gli osservatori, a prescindere dall’età, escludendo forse i primi anni dell’infanzia. Dall’altra parte è un albo da leggere con gli occhi, che sfugge volutamente alla comprensione chiara e totale, perché gioca, con visioni e illuminazioni, con il rovesciamento della prospettiva, un rovesciamento multidimensionale del punto di vista e anche dei protagonisti della scena, in una illusione che, rispettando la propria originaria vocazione etimologica, fa il solletico alla percezione del lettore-osservatore, portandolo in quella miracolosa zona percettiva che è lo stupore. Nella platea di un teatro siede solo una figura, innanzi al buio di un sipario semichiuso da cui fa capolino un berretto rosso; rigorosamente al voltar di pagina, nel dietro le quinte, vediamo il pagliaccetto di spalle, che spia verso la platea, e ancora dietro di lui, ma di spalle, bizzarri personaggi, animali e ballerine, che sembrano peraltro già visti, forse scappati dalle altre pagine. La figuretta in platea svela il suo volto sullo sfondo. La percezione è contraddittoria, le sensazioni piacevoli e inquietanti si succedono, in un gusto del meraviglioso che combina insieme il tratto fumettistico con bizzarre creazioni alla Escher. È un gioco a rimpiattino con il lettore-spettatore che ricorda lo straniamento dei romanzieri russi, un geniale esercizio filosofico di racconto che sovverte per descrivere, che trova, nell’effetto da Wunderkammer, la possibilità di raccontare il reale nelle sue dimensioni più sfuggenti, perché sa che non lo si può ridurre e lo si può forse capire solo in un istante di illuminazione, come se gli inganni reciproci di realtà e finzione fossero uno degli elementi imprescindibili del nostro tentativo di comprendere la complessità del mondo, dirlo, percorrerlo, leggerlo, con gli occhi, e raccontarlo.
M. Terrusi (da LiBeR 71)