Anna Maria Jokl; trad. di Paola Buscaglione Candela
Giuntina, 2006, p.236
(Shulim Vogelman)
€ 15,00 ; Età: da 13 anni
La collana della Giuntina che annovera autentici “classici” della letteratura della memoria ebraica pubblica un “romanzo per ragazzi e per quasi tutti gli adulti” (sottotitolo) scritto nel 1937 dalla ventiseienne Jokl, che era appena fuggita da Berlino a Praga all’avvento al potere dei nazisti e si accingeva a fuggire ancora a Londra. Si tratta di una sorta di Ragazzi della via Paal, ma senza il crisma inarrivabile dell’avventura giovanile molnariana, entro lo stesso clima mitteleuropeo di una piccola borghesia dignitosa nella sua modestia. Talpa è il Boka della situazione, naturalmente c’è il traditore e c’è anche un simil-Nemecsek. Però il capo dei nemici non ha la grandezza, dignità e lealtà di Franco Ats, il condottiero delle camicie rosse, è piuttosto uno squallido aspirante führer. Così la lotta tra la terza media A e B, e all’interno delle stesse, diventa una metafora della resistibile ascesa di Hitler e del nazismo. Il vilain convince i suoi adepti che quelli della A sono “migliori”, perché quelli della B sono “diversi da noi… sono cattivi di natura… è qualcosa che hanno dentro”, e contro quelli della A che non sono d’accordo e li aiutano “bisogna essere ancora più decisi”. Con ricatti, minacce, terrore, anche violenze fisiche. Viene così rappresentato il meccanismo di costruzione della sindrome nazista come specchio del processo psicologico adolescenziale che porta al bisogno di “appartenere a un gruppo, qualunque sia”, a essere “fieri” di far parte di una comunità. Alla fine, però, “i buoni”, “quelli che stavano per la verità e la giustizia”, hanno la meglio. Gli insegnanti assistono apparentemente assenti o distratti, in realtà consapevoli di tutto e fiduciosi nelle migliori capacità di autonomia di giudizio e iniziativa dei ragazzi, secondo l’eco della pedagogia positiva, attivistica e democratica del “secolo d’oro dell’educazione”, da Dewey a Makarenko a Freinet. Come conclude un professore: “Credo che dei ragazzi di terza che ce l’hanno fatta con Gruber [il cattivo], anche poi, nella vita, ce la faranno con gli altri Gruber…”. Il racconto parte lentamente, poi ha un’accelerazione e il lettore dimentica i limiti di un ritmo e di un linguaggio che hanno più di cinquant’anni e viene spinto a voltare le pagine per vedere che cosa succede e come va a finire.
F. Rotondo (da LiBeR 71)