Lisa Balavoine, nata e residente ad Amiens, nel Nord della Francia, insegnante con la passione per la musica, la fotografia e la lettura, dopo un primo romanzo di successo per adulti, Éparse (Lattès, 2018), con Un ragazzo è quasi niente, che apre la collana YA Slanci di Terre di Mezzo, si cimenta in un racconto sulla complessità del mondo adolescenziale. Romeo, il protagonista sedicenne, è alla ricerca del suo posto in un contesto maschile brutale nel quale non si riconosce. E si interroga in modo critico sul concetto tradizionale di mascolinità, sull’amicizia, l’amore, la solitudine, ma anche su problematiche sociali come il bullismo e il revenge porn. La sua è una storia sulla parola e sul silenzio, sulla capacità generativa dell’adolescenza, in grado di tracciare nuovi percorsi identitari e relazionali, e della parola, capace di esplorare altre possibilità. Attratta dalle forme brevi, l’autrice coniuga brevità e musicalità: frammenti, microfiction, flussi di coscienza, una rapida successione di immagini che velocemente ricostruiscono la trama di una storia. Per meglio capire le ragioni del successo del suo romanzo “ado”, le abbiamo posto alcune domande, a cui Lisa ha risposto conducendoci nel cuore del suo mondo letterario e poetico.
G.Z. Un ragazzo è quasi niente è il suo primo romanzo per adolescenti. Come è arrivata alla letteratura per adolescenti?
L. B. Non avevo mai pensato di scrivere per adolescenti. È stata una editor, che considerava la mia scrittura visiva e poetica, a propormi di scrivere un romanzo per adolescenti. Consapevole della difficoltà, ho accettato la sfida. Incontro adolescenti ogni giorno, e li considero una grande fonte di ispirazione.
G.Z. Che cos’è per lei la letteratura giovanile? E cosa significa scrivere libri Young Adult?
L.B. Credo che la letteratura giovanile sia un’incredibile fonte di inventiva e rinnovamento, sia per gli argomenti che affronta, sia per il modo in cui li racconta. A differenza della letteratura “per adulti”, la letteratura giovanile apre tutti i campi possibili, affronta tutti i temi, utilizza tutte le forme narrative. È una letteratura molto più libera, in costante movimento, per un pubblico anch’esso in movimento. È un modo per offrire agli adolescenti uno specchio del mondo e dire loro che possono agire su questo mondo, farlo evolvere, trasformarlo. È una letteratura piena di speranza.
G.Z. La scelta del nome del protagonista, Romeo, rinvia immediatamente ad una influenza shakesperiana. Quali sono le ragioni di questa scelta?
L.B. Amo infinitamente Shakespeare, uno scrittore affascinante che affronta tutte le emozioni umane. E chiamare un personaggio Romeo significa necessariamente mettergli sulle spalle un peso, un destino. Volevo che il mio eroe ereditasse qualcosa di doloroso. C’è qualcosa di tragico in lui, che imparerà a conoscere e a trascendere.
G.Z. Romeo è alla ricerca di sé stesso, della propria autenticità. Non si riconosce nei modelli maschili dominanti, difende la propria fragilità e sensibilità, e ascolta quello che gli altri non sentono: “la bellezza”. Che cos’è per lei la bellezza dal punto di vista letterario?
L.B. Come lettrice, ciò che trovo bello in letteratura è la sincerità. È sentire l’essere umano dietro la persona che scrive. Credo che la bellezza letteraria sia anche un linguaggio singolare, un respiro, qualcosa che trasporta. E soprattutto è un modo di guardare il mondo, le persone. È guardare l’altro lato dello specchio.
G. Z. Quanto ha inciso la sua esperienza di insegnante nella stesura di questo romanzo?
L.B. Come insegnante, e anche come genitore, mi sono confrontata con situazioni di molestie e brutalità quotidiane. Ho scritto questo libro perché non ho armi per affrontare simili situazioni, se non le parole. Un ragazzo è quasi niente è un romanzo sulla parola che libera. Romeo impara a poco a poco a uscire dal suo silenzio e ad aprirsi agli altri. E sarà la parola a liberarlo.
G.Z. Il suo romanzo è scritto in versi liberi, che si alternano a narrazioni simili a flussi di coscienza. Come nasce questa scelta stilistica?
L.B. Amo la poesia e, soprattutto, amo variare le forme di scrittura. Trovo che i versi consentano di esprimere in poche parole un’emozione forte, visiva, profonda. E poi non sono un’autrice di forme lunghe, sarei incapace di scrivere testi lunghi! Anche i miei libri per adulti sono scritti sotto forma di frammenti, capitoli brevi. Mi piace la brevità, l’economia delle parole, arrivare al punto, alla forma grezza. Ho scelto di alternare versi e prosa perché penso che l’adolescenza sia un periodo di costante ricerca, che sfocia spesso in modalità espressive originali, talvolta contraddittorie. Il mio personaggio stesso è diviso tra la poesia del momento e il flusso debordante dei suoi pensieri.
G.Z. La sua scrittura è caratterizzata da una contaminazione di linguaggi: letterari, musicali, visivi. È un modo per arrivare più direttamente ai giovani?
L.B. Amo tutte le arti, la fotografia, il cinema, la musica. Per me si tratta di una sola e stessa scrittura, quella delle emozioni. Tutto comunica. Desideravo tradurre tutto questo in parole, perché questo romanzo fosse letto, ma anche visto, ascoltato.
G.Z. Può parlarci dei suoi futuri progetti di scrittura?
L.B. Dopo aver pubblicato un altro romanzo per adolescenti (Comme nous brûlons, sul tema del corpo) sto ora lavorando a un testo per adulti. Mi piace alternare questi due tipi di scrittura. Quando scrivo per adulti penso soprattutto a me stessa, quando scrivo per adolescenti penso soprattutto ai lettori.