Emile Jadoul vive in una casa nel bosco, circondato da animali, e oltre a disegnare tiene corsi di illustrazione: nell'intervista racconta a Luigi Paladin la sua idea di sensibilità dello sguardo e la tecnica speciale che usa per lavorare la materia.
C’è una cosa che la caratterizza e a cui tiene particolarmente: la sciarpa. Non le chiedo il perché ma non può esimersi dal costatare che la sciarpa la fa indossare anche dai suoi personaggi. E allora quanto c’è di suo nelle storie, nei personaggi che disegna? E quanto c’è del bosco e degli animali che circondano la sua casa?
La sciarpa fa parte di me, una sciarpa di lana d'inverno, un tessuto leggero d'estate: mi accompagna ovunque. I personaggi presenti nei miei album hanno ereditato queste sciarpe, sono come un trucco, un gadget. Più vado avanti nel mio lavoro, più i miei personaggi hanno le sciarpe.
C'è sicuramente un po’ di me in queste storie, mi metto molto in scena, come in Scacciabua (Babalibri, 2011) dove questo papà indossa un mantello. Una cravatta può anche essere usata come sciarpa come in Je compte jusqu’à trois (Edition du livre, 2009).
È nell’incavo del mio orecchio che mi vengono in mente le parole dei miei libri. Poi la mia matita le disegna e inizia l'avventura. Spesso nevica nelle mie immagini. Un coniglietto mi accompagna; così ci metto sopra una sciarpa, così non prende il raffreddore, ma a volte lo attacca a qualcuno. Ecco, è l'inizio di una storia!"
Nei suoi libri si possono trovare diversi elementi rilevati dai nuovi studi delle neuroscienze, sulle modalità con cui il cervello del bambino coglie e fa proprie le immagini e il contenuto dei libri: l’importanza degli occhi; delle mani; la forza della dinamicità dei movimenti; i protagonisti di immediata presa e ben delineati anche con il rinforzo del contorno. La narrazione verbale nelle sue opere è sempre in sintonia di interdipendenza con le illustrazioni, attraverso un linguaggio che il bambino riconosce e usa come le onomatopee, le parole-azioni, i versi. In particolare, nei suoi libri gli occhi parlano, esprimono emozioni, danno il senso più profondo alla narrazione. Cosa dice ai suoi studenti per dare la giusta espressione agli occhi? Come entrano nei suoi laboratori con i bambini?
La sensibilità e l'emozione che si traducono nell'aspetto dei personaggi degli album sono estremamente difficili da mettere in atto. Non esiste un vero metodo ed è la cosa più complicata da trasmettere ai miei studenti. Bisogna cercare la sensibilità che è nascosta nel profondo di se stessi e cercare di trascriverla nel miglior modo possibile. Quando incontro i bambini nel laboratorio e analizziamo i miei album, vedono molto rapidamente quando un personaggio è arrabbiato, ride, è triste o è felice, e questo solo guardandolo. Molto rapidamente i bambini capiscono che una posizione della pupilla, la forma di un occhio può definire un’espressione. È essenziale nell'album dei bambini, è determinante perché questa emozione, questa sensibilità nello sguardo influenzerà la successiva comprensione della storia.
Nei suoi libri i personaggi sono sempre in movimento, in azione, un po’ come i bambini che non stanno mai fermi, impegnati in un continuo dinamismo esplorativo. Maria Montessori e le neuroscienze condividono il concetto per cui l’apprendimento avviene attraverso il movimento. Cosa significa per te la dinamicità dei protagonisti?
Nelle mie storie cerco di essere il più vicino possibile al bambino, nella sua quotidianità.I miei personaggi non sono passivi, vivono e scoprono cose, si muovono, si interrogano ed è questo che dà dinamismo alla narrazione e permette ai bambini di immedesimarsi nei personaggi delle mie storie. Quando scrivo e illustro una storia per bambini, metto proprio il lettore bambino al centro di questa storia, in modo che si senta interessato, coinvolto come i protagonisti della storia stessa.I personaggi, gli animali vivono avventure, scoprono cose, si arrabbiano, piangono, ridono come la maggior parte dei bambini. Questo aspetto è molto importante per me nella costruzione di un album. Fin dall’inizio cerco di analizzare, di vedere cosa parla al bambino, e come lui o lei si sentirà coinvolto nella storia. Più il protagonista è in movimento, in fase di ricerca, più il bambino avrà bisogno di identificarsi con esso. Nel mio album On fait la taille (L’ecole des loisirs, 2017) dopo aver letto, i bambini guardano chi è il più alto, si instaura una forma di dinamismo e curiosità.
Le mani di Papà è un libro premiato a Torino nell’ambito del Premio Nati per leggere. È un libro di una grande implicazione che attiva una profonda identificazione empatica sia da parte di mamma e papà sia nella conquista con la dei primi passi senza le mani di papà. Su due temi presenti nel libro ti chiediamo di esprimerti. Per primo il significato delle mani centrali nelle pagine illustrate più del corpo del papà a volte tagliate. Mani grandi, calde, protettive ma anche capaci di accompagnare il figlio verso nuove scoperte. E poi l’incertezza del passaggio della conquista dei primi passi del figlio, incertezza che come suggeriscono le neuroscienze facilita l’identificazione empatica.
In questo album, per me molto importante, ho voluto assolutamente concentrarmi sulle mani di papà, non solo graficamente ma anche e soprattutto simbolicamente. Le mani sono l'elemento essenziale di questo album. Accolgono, proteggono, accompagnano e poi invitano a... immergersi in un'avventura, e saranno sempre lì per accogliere di nuovo. Sono lì come un ciclo. Volevo assolutamente sottolineare la dimensione delle mani, sono il pilastro del mio album. Rappresentano tutti i papà del mondo, è anche per questo che mostro pochissimo al papà. È l'osmosi tra questo bambino piccolo e queste mani così grandi e protettive, incoraggianti.Nel libro c’è anche l'autonomia del bambino, l'arrivo dei primi passi, l'esitazione, il bambino che trema un po', sente che le mani sono lì a proteggerlo se mai le cose non andassero bene.E poi arriva, goffamente, incoraggiato dalle grosse mani di mamma che lo aspettano dall'altra parte, al traguardo. C'è ovviamente questa incertezza, ma è incoraggiato dalle grandi mani di papà che ci sono sempre state nei momenti di apprendimento e di scoperta del mondo. Il bambino sa che ci saranno sempre mani ad accoglierlo. Questo è ciò che volevo mostrare attraverso il trattamento grafico di questo album.
Normalmente lei utilizza la pittura a olio o le matite grasse per le illustrazioni e racchiude le figure con l’inchiostro di china per accentuare il contrasto con lo sfondo, spesso bianco e quindi adatto a definire e determinare le figure. È vero che per entrare nella storia e viverla dalla parte dei bambini ricorre a volte al modo di disegnare dei più piccoli con i colori a dita?
Sì, qualche volta mi è capitato di disegnare direttamente con il dito, questo è particolarmente vero nel mio album Le mani di papà, che descrive i primi passi di un bambino, l'inizio della sua autonomia. E' un album in cui la sensibilità è molto importante e deve essere percepibile. Il fatto di averlo realizzato con le mie dita mi ha permesso di lavorare la materia, di starle più vicino e di lasciarmi andare, cosa che non necessariamente succede usando pennelli o matite colorate. Il mio disegno si avvicina in questo caso al disegno fatto dai più piccoli, una forma di immediatezza e spontaneità.
Nel libro Da grande io sarò cerca di dar risposta ad alcune domande del bambino ponendosi dal suo punto di vista, e come al solito riesce a offrire una conclusione inaspettata e a sorpresa. Ma lei cosa farà da grande? Rimane una risposta a sorpresa o si sbilancia e offre ai nostri lettori delle anticipazioni?
Nella costruzione di questo album, è il bambino che parla e che condivide i suoi desideri.Sicuramente è guidato dall'adulto che lo circonda. Ogni adulto, almeno una volta, ha chiesto a un bambino quale lavoro vorrebbe fare da grande. Nel mio album volevo davvero sorprendere il lettore adulto, e soprattutto il bambino, con una caduta inaspettata. Il bambino soprattutto vuole essere grande, niente di più. Non necessariamente di taglia grande, ma prenditi il tempo per crescere serenamente e poi vedremo. lasciare che il tempo passi è proprio il messaggio di questo album.