Licia Troisi, autrice di romanzi fantasy dove le figure femminili vivono forti tensioni interiori e cercano il loro posto nel mondo, racconta in questa intervista raccolta da Federica Mantellassi il percorso esistenziale delle sue eroine, che va oltre i generi e i vincoli.
Nei suoi romanzi al fronteggiarsi di potenze di segno opposto (nel Mondo emerso Marwash Il Distruttore e Sheeren La Consacrata, nei Regni di Nashira i due soli-divinità Cetus e Miraval...) sembra corrispondere il dissidio interiore dei personaggi: le sue eroine vivono un doloroso rapporto con se stesse e con la propria storia, divise fra una natura guerriera e la volontà di proteggere e sanare le ferite del mondo, fra l'attitudine a combattere e il desiderio di amare ed essere amate, fra la paura profonda di perdersi per sempre e il coraggio di essere se stesse fino in fondo. Come si conciliano questi momenti del racconto – distruzione e salvezza, morte e vita, paura e coraggio – nella figura dell'eroina?
Tutto quel che vivono le mie protagoniste deriva da qualche elemento autobiografico. Sono una persona per certi versi molto ripiegata sull'interiorità, quel che accade dentro di me decide il segno delle mie giornate, e spesso il mio umore è del tutto svincolato da quel che accade fuori. Al tempo stesso, mi interesso fin troppo di quanto mi accade intorno, sia nelle mie immediate vicinanze che al mondo in generale, e non riesco a non farmene toccare, a volte anche molto profondamente. La dialettica tra tensioni interiori e le pressioni di un destino esterno di cui sono prigioniere le mie protagoniste deriva proprio da questa mia esperienza personale. Per altro, credo sia qualcosa che sperimentiamo tutti: siamo animali sociali, desiderosi di trovare il nostro posto nel mondo, ma anche di essere unici, diversi.
Nel lungo ciclo del Mondo Emerso le vicende di Nihal, che vanno oltre il tempo e gli orizzonti degli uomini, sono definite come un “viaggio verso se stessi” (Il mondo emerso: le storie perdute, Mondadori, 2014, p. 322). Pensa che sia riconoscibile nel percorso di Nihal e delle altre protagoniste dei suoi romanzi quella circolarità del viaggio dell'eroina indicata da Maureen Murdock ne Il viaggio dell'eroina (Dino Audino, 2010)?
Il percorso esistenziale delle mie protagoniste credo sia sostanzialmente diverso da quello proposto da Murdock. Lo faccio dire anche a uno dei miei personaggi, per altro maschile, e sono convinta che la vita proceda per cerchi, molto spesso però non concentrici, e che il nostro percorso sia più simile a una spirale. Si finisce su sentieri già battuti, ma siamo noi a essere cambiati, nel frattempo, e le cose non si ripetono mai uguali. Contemporaneamente, il percorso delle mie eroine non è tanto nella realizzazione di sé in termini di un'unione di maschile e femminile, quanto piuttosto di liberazione dai ruoli che le società in cui sono immerse impone loro. Può trattarsi del desiderio di realizzarsi in un ambito prettamente maschile, come nel caso di Nihal, o di sfuggire a un destino che sembra segnato. Ma ciò che le spinge è sempre il desiderio di realizzarsi come persone, al di là del genere e di tutte le imposizioni che ci vengono assegnate alla nascita. Si tratta più che altro di liberazione, da se stesse, dai vincoli della società, piuttosto che ricerca di una sintesi di modelli già noti.
Guardando nei termini da lei indicati al viaggio dell'eroe − e dell'eroina − ritiene che, anche a partire da un “genere” letterario come il fantasy, si possa guardare oltre l'appartenenza di genere dei personaggi?
Mi piacerebbe si potesse andare oltre. Almeno, io cerco di farlo. Il percorso esistenziale delle mie eroine non credo sia applicabile solo alle ragazze: tutti noi cerchiamo, tutti noi proviamo ad andare oltre i nostri limiti, credo che queste siano esperienze universali che travalicano il genere. Quel che può essere diverso, per le mie eroine, è il contesto all'interno del quale svolgono il loro percorso, e la risposta che la società dà alla loro ricerca. Questo è vero soprattutto per la prima parte della storia di Nihal, in cui il suo essere donna viene visto come un ostacolo alla realizzazione del suo sogno di entrare in Accademia e diventare un Cavaliere di Drago. Ma, per il resto, quel che accade alle mie protagoniste, prescinde dal loro genere.
Quali figure di eroi /eroine rappresentano dei punti di riferimento – degli incontri determinanti – nella sua storia di lettrice?
Non sono una persona che abbia molti miti. Non mi sono mai realmente ispirata a nessuno, ho sempre solo cercato di dare il meglio di me e migliorarmi in un percorso più personale. Ricordo comunque che da bambina amavo tantissimo Piccole Donne, e certo Jo, come per tutte le bambine che amavano leggere e si sentivano un po’ diverse dalle altre – cioè il 90% delle bambine – è stata per me un mito e un modello.