Il difficile tema della Shoah fra Storia, commemorazione e stigmatizzazione nella letteratura per ragazzi
di Ilaria Francica
“Le pagine meno gloriose del nostro passato sarebbero le più istruttive se solo accettassimo di leggerle per intero”. Così Tzvetan Todorov riassume in una frase, molto citata, la fatica e il valore della memoria.
Si parla continuamente di memoria e di Shoah in questi ultimi anni. Entrambe sono state sacralizzate attraverso l'istituzione di una giornata a esse dedicata.
Nella legge che istituisce la Giornata della Memoria in Italia, si legge nel secondo e ultimo articolo:
“In occasione del ‘Giorno della Memoria’ sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico e oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.” (1)
Da questa forte richiesta morale di istruire le nuove generazioni alla conoscenza della Shoah “nelle scuole di ogni ordine e grado” sono derivate alcune conseguenze che è bene tenere presente.
La prima di queste riguarda l'ambito editoriale. Nell'ultimo decennio si sono moltiplicati nella letteratura per ragazzi albi illustrati, romanzi, letture divulgative e saggi per insegnanti sul tema delle deportazioni e dei campi di concentramento. Alcuni di essi hanno visto eccellenti illustratori e romanzieri cimentarsi con ottimi risultati, altre volte gli esiti sono stati meno felici, ma tutti evidentemente sono stati sorretti da una forte spinta che si potrebbe riassumere nell'intento già espresso nella legge “che la Storia non si ripeta”.
La seconda conseguenza è legata invece alla realtà scolastica. Nel corso degli anni l'esigenza di celebrare la Giornata della Memoria si è fatta sempre più pressante a partire anche dal primo ciclo della scuola primaria.
Come bibliotecari ci troviamo a fare opera di mediazione fra la scuola e le molte proposte dell'editoria. Nell'epoca di Google e di Wikipedia resta fra i compiti fondamentali dei bibliotecari saper coniugare le esigenze di informazione e lettura dei più giovani, con quelle dei loro insegnanti e con le proposte librarie e filmiche che il mercato ci offre. Questa mediazione tocca nel periodo precedente il 27 gennaio uno dei suoi momenti più delicati e complessi.
Per venire incontro a queste esigenze la biblioteca Salaborsa Ragazzi cura una bibliografia dei documenti posseduti sull'argomento. Nell'aggiornamento di gennaio 2016 si contano 65 romanzi, 17 albi illustrati, 22 film e 18 saggi. La bibliografia non è esaustiva e elenca solo i contributi più recenti (dal 1993). (2) Negli ultimi anni l'aggiornamento ha comportato un accrescimento di almeno 10 titoli all'anno. Inutile dire che si tratta di un minimo esempio di ciò che in realtà la produzione editoriale costantemente propone e pubblica. Di pari passo le richieste degli insegnanti sono aumentate, così come il disagio dei bibliotecari.
Il 23 gennaio del 2013 su La Stampa è uscito un articolo dal titolo: “Non si può insegnare la Shoah ai bambini”, intervista allo storico Georges Bensoussan. Per noi stanchi mediatori si è trattato di una lettura rinfrancante e corroborante. Un passaggio in particolare: “Non si può insegnare la Shoah ai bambini, non si può mostrare loro Treblinka. Perché è una memoria troppo pesante, troppo dura da portare e finisce per colpevolizzarli. Si può, anzi si deve, insegnare loro cosa c’è intorno alla Shoah, cosa sono il razzismo o l’intolleranza. Alle elementari puoi parlare di Anna Frank. Delle camere a gas, no”. L'indicazione ha suggerito un'idea di gradualità che non soffoca la curiosità dei più piccoli e non alimenta una desensibilizzazione negli adolescenti. Chiunque abbia visto il film L'onda non può dimenticare l'aria assuefatta e annoiata degli studenti di fronte alla eventualità di parlare ancora di nazismo. Di questo scrive anche la storica Laura Fontana: “Anche se con le migliori intenzioni dei singoli insegnanti, nelle scuole italiane l’insegnamento della Shoah spesso inclina a una visione compassionevole delle vittime, volta a provocare uno stato di empatia nei ragazzi.” (3)
Troviamo conferma alla fatica di coinvolgere gli adolescenti nella narrazione della Shoah nel numero monografico “Storia e storie” della rivista Hamelin. (4) Veronica Bonanni racconta in particolare il disagio provato dai suoi studenti di seconda media nel trovarsi catapultati a teatro a una rappresentazione su Auschwitz. La Bonanni, lungi dal fare una rimostranza contro l'insensibilità delle nuove generazioni, punta il dito sull'inopportunità di coinvolgere in esperienze di questo tipo studenti privi di conoscenza del contesto storico di cui si parla. Questo a tutti gli effetti appare il punto nevralgico della questione, sul quale si aggrovigliano molteplici considerazioni, giudizi, pregiudizi, ottime intenzioni e pessime prassi.
In quest'epoca protesa a continui anniversari, celebrazioni e giornate internazionali in ricordo di qualcosa, la parola chiave è commemorazione, parola che suggerisce la memoria ma anche la commozione. Per usare le illuminanti parole di Bensoussan: “La commemorazione, come l'insegnamento, non portano da nessuna parte se si limitano a far riflettere sull'orrore … Lo sforzo pedagogico deve al contrario porre gli interrogativi che sembrano superati quando le cose hanno ripreso il loro corso naturale.” (5)
Lo storico arriva a una conclusione paradossale: la commemorazione, con il suo carico emotivo e retorico svuota il contenuto di quanto è successo attraverso la stigmatizzazione dell'orrore. In qualche modo la memoria serve per meglio dimenticare: “La nostra arma non è la memoria che costruisce, demolisce, dimentica o edulcora, ma la sola Storia, anche e soprattutto in questi tempi difficili. Per questo la politica della memoria deve mutarsi in politica della storia.” (6)
In un recente incontro all'interno della Festa internazionale della Storia di Bologna, dal titolo Narrare la Shoah: decalogo per insegnanti ho posto la questione a una nutrita platea di insegnanti e soprattutto di studenti universitari. Le reazioni sono state molteplici e interessanti. Si partiva dal presupposto della gradualità e soprattutto dall'indicazione di non cadere in determinate azioni, prima delle quali mostrare film e documentari ai bambini della scuola primaria. Di fronte all'idea di non mostrare neppure La vita è bella, ci sono state reazioni anche forti. La contestazione è stata in particolare: non si può non raccontare la Shoah, non si può negare ciò che è avvenuto. La gradualità consigliata vuole al contrario esattamente preservare questo: evitare la banalizzazione che forzatamente si deve fare per semplificare a bambini che non conoscono il contesto storico. Questa banalizzazione, figlia della retorica e del dovere morale del ricordo, non può che far perno sull'orrore, sulla facile divisione fra buoni e cattivi. Ma come rispondono i bambini a questo orrore? Molto spesso non capendolo, altre volte rimanendone scossi. Non credo sia un caso che più un prodotto è scarso per quel che riguarda la contestualizzazione storica, come nel caso de Il bambino col pigiama a righe o La vita è bella, più si ottiene una forte risposta emotiva. Dello stesso avviso appaiono le istituzioni museali europee che svolgono una decennale attività didattica legata alle scuole. Citiamo fra tutte la Casa Museo di Anna Frank ad Amsterdam e il Memorial de la Shoah di Parigi. La Casa di Anna Frank così si rivolge agli insegnanti delle scuole primarie: “L'impiego di materiale visivo che suscita orrore deve essere molto limitato ed è meglio evitarlo nelle classi della scuola primaria. I bambini di età inferiore ai 10 anni non posseggono ancora capacità cognitive ed emozionali-sociali tali da assimilare ed elaborare questo genere di conoscenze. ... Se si vuole comunque mostrare immagini scioccanti, è opportuno chiedersi a quale scopo lo si fa e cosa si intende raccontare mostrando l'immagine.” (7)
Altro prodotto di quelli che Valentina Pisanty chiama abusi di memoria (8) è inoltre l'appiattimento della narrazione della Shoah sulla Soluzione Finale. Anche questo elemento fa parte dell'esigenza di imprimere una forte emozione a scopo morale, ma inevitabilmente dimentica e nasconde il lungo processo che dalle leggi di Norimberga in poi ha portato prima all'esclusione degli ebrei dalle professioni, quindi all'espropriazione dei loro beni, al concentramento nei ghetti e nei campi e solo infine alla liquidazione fisica dei prigionieri. Spiegare agli studenti l'insieme del processo che è culminato nella soluzione finale è secondo Bensoussan funzionale alla formazione di una mente aperta e a un necessario spirito critico, capace di riconoscere i comportamenti gregari, la lenta esclusione di massa, la sistematicità che nasconde le colpe, quello che Hannah Arendt aveva così incisivamente definito la banalità del male.
Fortunatamente non siamo privi di strumenti per provare a togliere la Shoah da sotto la lente deformante della memoria e metterla sotto la luce fredda e disincantata della storia. Mentre i bibliotecari cercano, spesso riuscendovi, di suggerire romanzi storicamente corretti, con trame narrativamente riuscite, agli adolescenti, (come: Ausländer, La stella nel pugno, Maus, Fuorigioco), anche per la loro formazione scolastica vengono offerti percorsi interessanti.
A questo proposito mi preme segnalare il progetto Educare alla memoria, a cura del Comune di Rimini. (9) Quest'anno l'attività proposta per le scuole si intitola “Da che parte stare: il tempo di scegliere La Shoah, lo sterminio degli ebrei d'Europa (1939-1945). Persecutori, vittime, spettatori, resistenti”. Gli studenti delle scuole superiori potranno seguire la storia del Nazismo attraverso seminari di approfondimento al termine dei quali arriveranno a formulare “ipotesi interpretative e giudizi politici (oltre che morali) sull’adesione o, al contrario, sulla resistenza al male”. Questa chiave di lettura propone ai ragazzi di mantenere una visione attenta del contesto storico passato ma anche dell'attuale, attraverso le categorie degli spettatori e dei resistenti. Questi ultimi hanno un valore particolarmente significativo, dando modo ai giovani di conoscere la storia di chi seppe opporsi. (10)
Non penso sia un caso che un libro molto amato dai lettori sia stato Ausländer, di Paul Dowswell, vincitore per i ragazzi di prima superiore del progetto Xanadu del 2011. (11) Scorrendo i commenti dei ragazzi che hanno dato il massimo dei voti al romanzo leggiamo che a colpirli sono stati il cambiamento del protagonista, la sua volontà di trovare una propria identità, la sensazione finale di libertà, mai provata prima. Se dobbiamo puntare allo studio della storia come chiave di lettura imprescindibile di ogni conoscenza sulla Shoah, la letteratura può essere invece quel modo di avvicinare i giovani a un lato più personale di elaborazione attraverso il piacere della lettura. Togliere dal nostro approccio l'idea dell'orrore che vaccina dal ripetersi di eventi simili, non significa sminuire le atrocità commesse o negarle. Offrire aggiornamenti agli insegnanti, agli studenti un giusto approfondimento scolastico e una produzione di libri e film adeguata all'età e di buona qualità significa dare loro strumenti per conoscere un evento che potrà evitare di ripetersi solo se riusciremo ad avere cittadini informati del passato e capaci di senso critico.
(da LiBeR 113)
- Legge 20 luglio 2000, n. 211.
- <http://www.bibliotecasalaborsa.it/ragazzi/bibliografie/24462>.
- L. Fontana. “Memoria, trasmissione e verità storica”, in Il Paradosso del testimone, a cura di Daniela Padoan, Rivista di Estetica, n.s. 45 (3/2010).
- “L’esperienza della memoria”, Hamelin, gennaio 2011, p. 47-50.
- G. Bensoussan. L'eredità di Auschwitz: come ricordare, Torino, Einaudi, 2014, p. 83.
- Ibidem, “Prefazione”, p. XI.
- <http://www.annefrank.org/it/Didattica/Portale-degli-insegnanti/Suggerimenti-didattici/Le-atrocita/>.
- V. Pisanty. Abusi di memoria: negare, banalizzare, sacralizzare la Shoah, Milano, Mondadori, 2012.
- <http://memoria.comune.rimini.it/>.
- T. Todorov. Resistenti: storie di donne e uomini che hanno lottato per la giustizia, Milano, Garzanti, 2015.
- <http://progettoxanadu.it/>.