Lorenzo Clerici vince il Premio Nati per Leggere 2016 nella sezione Nascere con i libri (18-36 mesi) con l’albo Tutino e il vento, edito da Minibombo. Una nuova apprezzata pubblicazione, dopo Tutino e la pozzanghera e Tutino e l’albero. Anna Parola gli ha rivolto qualche domanda.
Come nasce Tutino? Dopo tre libri, diventerà un personaggio seriale?
Tutino nasce da due mie grandi passioni personali: gli animali e i giochi all’aria aperta.
L’idea di base è quella di avvicinare i bambini fin da piccoli a questi due aspetti della realtà, offrendo loro una sorta di ideale compagno di giochi che possa accompagnarli in queste brevi esplorazioni dell’ambiente e degli elementi naturali (finora la pozzanghera, l’albero e il vento).
La tuta diventa il mezzo con cui il personaggio entra in contatto con la natura e i suoi abitanti, lo strumento di mimetizzazione ma anche di trasformazione del protagonista, quell’elemento “magico” che consente l’ingresso di Tutino in un mondo narrativo dove un bambino di tre o quattro anni può compiere i suoi primi esperimenti di gioco e di osservazione tutto solo e in piena autonomia.
Tutino è stato concepito come una serie fin dalle prime fasi di lavorazione; abbiamo sempre immaginato che la sua identità e il senso stesso delle sue brevi avventure potessero trarre forza via via dalla ripetizione in contesti differenti e che l’idea di vestirlo letteralmente con panni diversi a seconda dell’ambiente rappresentato instaurasse una continuità necessaria al pieno sviluppo del personaggio.
La scelta di abbinare alle illustrazioni un testo evocativo e musicale, una quasi-filastrocca ritmica costruita sulla ricorrenza di suoni onomatopeici ben precisi e diversi in relazione all’elemento naturale dell’episodio, è stata proprio indirizzata ad arricchire l’idea di serialità, di “uguale ma diverso” che contraddistingue l’intero progetto.
La coda di Tutino in Tutino e l'albero è una citazione di Max. È un omaggio voluto a Sendak?
Il riferimento a Sendak in realtà non è un omaggio programmato: il tema del travestimento, tipicamente legato all’infanzia, costituisce per me un elemento più autobiografico che di repertorio culturale. Fin da piccolo quello di interpretare gli animali era uno dei miei giochi preferiti, passavo interi pomeriggi con mia sorella e i nostri vicini di casa a creare situazioni insolite imitando il lupo o altre creature del bosco.
Nel paese dei mostri selvaggi è un’opera che ho scoperto più tardi, da ragazzo, che sicuramente ha depositato una serie di suggestioni emerse poi inconsapevolmente nel primo bozzetto della tuta di Tutino/lupo e che ho comunque voluto mantenere intatte come forma di eco dell’immaginario.
Se guardiamo poi all’universo del mio personaggio senza dubbio ha altri punti in comune con Max: l’assenza completa dell’adulto dalla rappresentazione, la gioiosa solitudine con cui i due piccoli protagonisti compiono le loro avventure… ogni opera significativa si sedimenta e lascia le sue tracce nelle idee successive!
Tu e i tuoi colleghi siete tutti molto giovani. State forse scrivendo e illustrando i libri che vi sarebbe piaciuto leggere da piccoli?
Per quanto riguarda me nello specifico confesso che da bambino non sono stato un lettore vorace, frequentavo ogni tanto un piccolo numero di libri che amavo in particolar modo ma ero forse un po’ troppo abitudinario.
La mia vera passione era invece il disegno, così molto spesso inventavo e illustravo alcune storie che poi facevo leggere ai miei genitori.
Ritengo che in generale nel nostro gruppo di lavoro la filosofia sia quella di scrivere e illustrare libri che piacciano in questo momento a chi li idea, più con un debito nei confronti delle letture e delle esperienze d’infanzia che con uno sguardo critico sul panorama letterario di allora… Detto in altri termini: a Minibombonon scriviamo libri che avremmo voluto leggere da piccoli, ma che ci divertiamo a leggere adesso!
(da LiBeR 111)