Intervista di Paola Benadusi Marzocca a Sabina Colloredo, autrice di due romanzi incentrati sulla figura di Sara, adolescente in crisi alle prese con l’assenza scioccante di un genitore divenuto improvvisamente un estraneo.
Per i giovani d’oggi valgono i versi di Emily Dickinson: “Non sappiamo dove andare quando andiamo”. L’incertezza segna il loro cammino insieme alla rabbia, al desiderio d’amore, alla disperazione e alla speranza. Se l’impatto con il mondo degli adulti può essere devastante resta la risorsa della loro inesauribile esuberanza, che li può salvare da inevitabili ostacoli e brucianti frustrazioni. Perché l’attitudine positiva verso il mondo appartiene agli adolescenti come la facoltà di entusiasmarsi e di accettare quelle verità fondamentali che fanno parte della vita, e cioè che gli affari umani sono esposti a cambiamenti e disastri. Forse se fossero meno concentrati su se stessi scoprirebbero prima che gli orizzonti sono più vasti della realtà quotidiana in cui sono immersi, che loro stessi non sono il centro del mondo, che l’avventura li attende. Senza lasciarsi travolgere dall’istintiva ribellione alla famiglia e alla scuola, tutto diventa più facile, ma che cosa avviene quando non c’è più un punto di riferimento, quando in quella fase così delicata della crescita i genitori si separano?
Storie di formazione nelle quali i protagonisti affrontano prove quasi iniziatiche per crescere e diventare fiduciosi verso l’esistenza non mancano e tra queste il romanzo di Angela Nanetti, Morte a Garibaldi (Giunti, 2011) è divertente oltre che istruttivo perché la storia, quella che appartiene alla memoria di un popolo, si unisce alla vita privata di Melania, appena quattordicenne. Furiosa con il padre che ha una nuova giovane compagna, viene costretta a seguirlo durante le vacanze poiché essendo giornalista sta scrivendo un libro sul drammatico inseguimento di Garibaldi e Anita da parte dell’esercito austriaco lungo il litorale tra Comacchio e Ravenna.
Inutile dire che alla fine del viaggio Melania, intelligente e sensibile, dopo scontri, delusioni, battibecchi e situazioni comiche, accetterà la realtà diventando più serena e propositiva.
Anche Sabina Colloredo, scrittrice poliedrica e brillante, ha affrontato il tema della separazione dei genitori nel momento in cui i figli sono adolescenti in due libri pubblicati dalle edizioni Fanucci, Cbcr. Cresci che ripasso e Tutto di personale, centrati sul personaggio di Sara prima sedicenne, poi diciannovenne.
Che cosa l’ha spinta a scegliere proprio questo argomento fra le innumerevoli realtà di cui è composto l’universo giovanile?
L’esperienza della separazione è dolorosa, e soprattutto porta alla luce contraddizioni e disagi che il più delle volte resterebbero nascosti. Anche la madre e il fratello Danilo sono sconvolti: la normalità può essere scioccante, in certi casi più estrema di avventure proiettate in dimensioni futuribili.
I ragazzi hanno intuito, sanno riconoscere la verità, hanno un sistema di valori che fa loro percepire subito l’ipocrisia e la falsità...
Da una parte in una situazione familiare conflittuale la chiarezza aiuta a superare l’inevitabile ansia, ma nello stesso tempo produce confusione e grande rabbia, nel caso specifico contro il padre che abbandona il nucleo familiare. Sara è una ragazza provata dall’assenza del padre lontano, impegnato nella penisola arabica, in territori martoriati dai conflitti. Si occupa di “scuole, ospedali, cose così”. È famoso, intervistato dai giornali per la coraggiosa scelta di vita che ha compiuto, ammirato dai genitori degli amici, ma per la figlia è un vigliacco, non riesce a credere che un uomo che “quando aveva qualche linea di febbre stava nel letto a lamentarsi come un moribondo” sia diventato quest’eroe da teleschermo pronto a sfidare anche le bombe. Per lei è “diventato un cretino”, che ha distrutto per seguire i suoi sogni la sua famiglia, ha lasciato la mamma sola senza neppure porsi il problema delle difficoltà e del mantenimento economico dei figli.
È insomma un padre latitante?
Per Sara sicuramente: perché, si chiede, invece di occuparsi di me pensa ai bambini arabi?
È quasi più perplessa che addolorata. Perché è successo?È colpa mia? Eppure “sono identica a mio padre, quando rido. Anche i capelli castano topo li ho presi da lui. Anche il colorito olivastro. E la propensione al dubbio e alla fuga. Siamo simili, io e lui. Allora perché se ne è andato?”.
Sono interrogativi a cui non è facile rispondere, forse ogni generazione avrebbe bisogno di una rinascita, oserei dire di una rivoluzione...
Progetti, sogni, paure: i giovani hanno tante vie da seguire. E cercare la propria vocazione, battersi per un’idea è fondamentale. Non so se occorra una rivoluzione, ma certamente ogni generazione a suo modo rinnova il mondo. Può anche avvenire nella famiglia, come nel modo di amare, perché in effetti la nostra epoca a piccoli passi ha anticipato l’età della pubertà, come dimostra la precocità di Sara e delle sue amiche, nonché del fratello a vivere esperienze sentimentali più libere di un tempo, ma più tumultuose e indecifrabili.
(da LiBeR 99)